Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Il manoscritto ritrovato ad Accra di Paulo Coelho. Il romanzo è pubblicato in Italia da La nave di Teseo con un prezzo di copertina di 13,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è in vendita in eBook al prezzo di euro 7,99.
Il manoscritto ritrovato ad Accra: trama del libro
14 luglio 1099. Mentre Gerusalemme si prepara all’invasione dei crociati, un uomo greco, conosciuto come il Copto, raccoglie tutti gli abitanti della città, giovani e vecchi, donne e bambini, nella piazza dove Pilato aveva consegnato Gesù alla sua fine. La folla è formata da cristiani, ebrei e musulmani, e tutti si radunano in attesa di un discorso che li prepari per la battaglia imminente, ma non è di questo che parla loro il Copto: il vecchio saggio, infatti, li invita a rivolgere la loro attenzione agli insegnamenti che provengono dalla vita di tutti i giorni, dalle sfide e dalle difficoltà che si devono affrontare. Secondo il Copto, la vera saggezza viene dall’amore, dalle perdite sofferte, dai momenti di crisi come da quelli di gloria, e dalla coesistenza quotidiana con l’ineluttabilità della morte. “Il manoscritto ritrovato ad Accra” è un invito a riflettere sui nostri princìpi e sulla nostra umanità; è un inno alla vita, al cogliere l’attimo presente contro la morte dell’anima.
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Ma, purtroppo, questo non è possibile né vero. Ho appena ventun anni; due genitori che mi hanno dato affetto ed educazione; e una donna che amo e che ricambia il mio sentimento – eppure, un giorno, la vita si premurerà di separarci, quando ciascuno dovrà partire in cerca del proprio cammino, del proprio destino, del proprio modo di incontrare la morte.
Per la nostra famiglia oggi è il 14 luglio 1099. Per la famiglia di Yakob, l’amico d’infanzia con il quale ho giocato nelle stradine di questa città – Gerusalemme – siamo nel 4859: Yak adora affermare che la religione ebraica è assai più antica di quella praticata da noi. Per il venerabile Ibn al-Athir, che ha trascorso l’esistenza sforzandosi di compendiare una storia ormai giunta all’epilogo, sta per concludersi l’anno 492. Non siamo d’accordo né sulle date né sul modo di adorare Dio ma, per quanto riguarda il resto, la convivenza può dirsi davvero buona.
Una settimana fa, i comandanti militari della piazza hanno preso coscienza del fatto che le truppe francesi sono infinitamente superiori e meglio equipaggiate delle nostre armate. A tutti è stata offerta una scelta: abbandonare la città, oppure combattere fino alla morte – non esiste alcun dubbio sulla nostra sconfitta. La maggioranza della gente ha deciso di restare.
In questo momento, i mussulmani si sono radunati nella moschea di Al-Aqsa; gli ebrei hanno deciso di concentrare i soldati nei pressi del Mihrab Dawud; mentre i cristiani, sparpagliati in vari quartieri, hanno avuto l’incarico di difendere il settore meridionale della città.
Oltre le mura, possiamo già scorgere le torri d’assalto, costruite con il legno di navi disarmate per questa necessità. Il movimento delle truppe nemiche lascia intendere che l’attacco avverrà domani mattina: sarà versato del sangue in nome del papa, della “liberazione” della città, dei “desideri divini”.
Oggi pomeriggio, nel vestibolo prospiciente il quale un millennio or sono il prefetto romano Ponzio Pilato consegnò Gesù Cristo alla folla – e, di fatto, lo avviò alla crocifissione –, un gruppo di uomini e donne ha incontrato il Copto, un greco conosciuto con questo soprannome.
Il Copto è un tipo strano. Da adolescente, ha deciso di lasciare Atene, la sua città natale, in cerca di ricchezze e avventure. Dopo innumerevoli peripezie, smagrito e affamato, ha bussato a una porta della nostra città, dove è stato accolto e rifocillato. Pian piano, ha abbandonato l’idea di proseguire il viaggio, decidendo di stabilirsi qui.
Ha trovato lavoro presso la bottega di un ciabattino e – proprio come il venerabile Ibn al-Athir – ha cominciato ad annotare tutto ciò che vedeva e udiva a futura memoria. Non si è avvicinato ad alcuna fede religiosa, e nessuno ha tentato di convincerlo a farlo. Per lui, non siamo né nel 1099 né nel 4859 né, tanto meno, alla fine dell’anno 492. Il Copto crede unicamente nel presente e in qualcosa che identifica con il nome “Moira” – la divinità ignota, il fato, l’Energia Divina responsabile dell’unica legge che non può essere trasgredita, pena la scomparsa del mondo.
Accanto al Copto c’erano i patriarchi delle tre religioni che affondano le loro radici a Gerusalemme. Sino al termine dell’incontro, tutte le autorità di governo erano irraggiungibili, impegnate negli ultimi preparativi per la difesa della città – una resistenza che la gente reputava inutile.
“Molti secoli fa, in questa piazza venne giudicato un uomo, che fu consegnato a una condanna già decisa,” esordì il Copto. “Nella strada che si apre sulla destra, mentre andava incontro alla morte, egli passò davanti a un gruppo di donne. Allorché si accorse che piangevano, disse: ‘Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli.’ Profetizzava quello che sta accadendo ora. A partire da domani, ciò che era armonia si trasformerà in discordia. Ciò che era gioia sarà sostituito dal lutto. Ciò che era pace diverrà una guerra, che si protrarrà per un futuro così lungo che è pressoché impossibile immaginarne la fine.”
Nessuno replicò, giacché neppure uno dei presenti conosceva esattamente il motivo per cui quell’individuo era lì. Saremmo stati costretti ad ascoltare un altro sermone sugli invasori, su quei guerrieri che si definivano “crociati”?
Il Copto rifletté sullo smarrimento che si era diffuso fra la folla. Poi, dopo un lungo silenzio, decise di spiegare le sue affermazioni:
“Anche se distruggono la città, non possono cancellare tutto ciò che quell’uomo ci ha insegnato. Ecco perché dobbiamo agire, affinché la conoscenza che ci ha trasmesso non subisca il medesimo destino delle nostre mura, delle nostre case e delle nostre strade.
“Ma che cos’è la conoscenza?”
Poiché nessuna voce si era levata in risposta, il Copto proseguì:
“Non è qualcosa che conduce alla verità assoluta sulla vita e sulla morte, bensì quello che ci aiuta ad affrontare le sfide della vita quotidiana. Non è l’erudizione che deriva dai libri, la quale fomenta unicamente vane dispute intorno a ciò che è accaduto o che accadrà, bensì la saggezza che dimora nel cuore di uomini e donne di buona volontà.”
Dopo un attimo, il Copto aggiunse:
“Io sono un erudito e ho trascorso molti anni scovando antichi reperti, classificando oggetti, annotando date e discutendo di politica, eppure non so davvero come spiegarvi cos’è la conoscenza. In questo momento, posso soltanto chiedere all’Energia Divina di purificare il mio cuore. Voi mi porrete le domande, e io risponderò. Nella Grecia arcaica, era questo il modo nel quale i maestri apprendevano e miglioravano se stessi: i discepoli li interrogavano su un argomento che non avevano mai affrontato, e loro erano obbligati a riflettere su di esso per rispondere.”
“Ma… come potremo far tesoro delle risposte e trarne degli insegnamenti?” domandò un uomo.
“Alcuni trascriveranno le mie parole. Altri le scolpiranno nelle loro menti. Comunque, è importante che già stasera siate in grado di partire verso i quattro angoli del mondo, per divulgare ciò che avete udito. Così, Gerusalemme sarà preservata nella sua anima e nella sua essenza. E un giorno potremo ricostruirla non solo come città, ma anche come il luogo dove si concentra la saggezza universale, il luogo sul quale la pace tornerà a regnare.”
“Ma… siamo tutti a conoscenza del destino che ci attende domani,” ha commentato un altro individuo. “Non sarebbe meglio se discutessimo un modo di negoziare la pace, o se decidessimo le strategie di combattimento?”
Dopo aver osservato i religiosi al suo fianco, il Copto si rivolse di nuovo alla folla.
“Nessuno può sapere davvero ciò che ci riserva il domani, giacché ogni giorno possiede una parte di male e una parte di bene. È per questo che, quando porrete le vostre domande, dovete dimenticare le truppe nemiche accampate fuori dalle mura e la paura che regna nelle vie della città. Il nostro compito non è raccontare a coloro che abiteranno la terra gli accadimenti di oggi – sarà un’incombenza della storia, questa. Noi dovremo tramandare ai posteri le ambasce della vita quotidiana, le difficoltà che siamo stati costretti ad affrontare: sono le sole informazioni degne di essere consegnate al futuro, perché non credo che molte cose cambieranno nei prossimi mille anni.”
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore brasiliano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Paulo Coelho.
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