Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Memoriale del convento di José Saramago. Il romanzo è pubblicato in Italia da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 9,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Memoriale del convento: trama del libro
Nel Portogallo del primo Settecento dominato da Inquisizione e auto da fé, incrociano i loro destini personaggi opposti e complementari: Giovanni V re di Portogallo, che per la grazia ricevuta di un erede avvia la faraonica costruzione del convento di Mafra; padre Bartolomeu Lourenco de Gusmào, che mescola scienza e misticismo nel progetto di vincere la gravità con una macchina per volare; Baltasar Mateus il Sette-Soli, ex soldato monco di una mano; Blimunda la Sette-Lune, giovane dotata di poteri occulti che a Baltasar si lega di tenacissimo amore; e il musicista Domenico Scarlatti. In questo prodigioso romanzo storico e d’invenzione, utopia e morte, riso e tragedia, affresco corale e struggente vicenda personale, immaginazione sfrenata e spirito critico si coniugano nella voce, ironica e compassionevole assieme, del narratore messo di fronte all’ipocrisia e all’arroganza dei tempi, ma anche ai primi sintomi di un rinnovamento sociale e culturale.
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Quasi grande come Dio è la basilica di S. Pietro di Roma che il re sta erigendo. È una costruzione senza scavi né fondamenta, poggia su un piano di tavolo che non avrebbe bisogno di essere così solido per il peso che sopporta, miniatura di basilica dispersa in pezzi da incastrare secondo l’antico sistema di maschio e femmina, che, con mano riverente, vengono via via prelevati dai quattro gentiluomini di servizio. La cassa da cui li prendono odora di incenso e i velluti cremisi che li avvolgono, uno a uno perché non si scalfisca il viso della statua nello spigolo del pilastro, risplendono alla luce delle grossissime torce. L’opera è a buon punto. Già tutte le pareti sono fisse sui cardini, ritte si vedono le colonne sotto il cornicione percorso da nobili caratteri latini che dispiegano il nome e il titolo di Paolo V Borghese e che il re da molto tempo non legge più, benché sempre i suoi occhi si compiacciano del numero ordinale di quel papa, per via dell’uguaglianza con il suo. In un re sarebbe difetto la modestia. Va sistemando nei buchi appositi della cimasa le figure dei profeti e dei santi e per ciascuna di esse il gentiluomo di camera ha fatto riverenza, scosta le pieghe preziose del velluto, ecco una statua offerta in palmo di mano, un profeta a pancia in giù, un santo con i piedi al posto della testa, ma a queste involontarie irriverenze nessuno fa caso, tanto più che subito il re ripristina l’ordine e la solennità che convengono alle cose sacre, raddrizzando e mettendo al loro posto le vigili entità. Dall’alto della cimasa ciò che esse vedono non è piazza S. Pietro, ma il re del Portogallo e i gentiluomini che lo servono. Vedono il pavimento della tribuna, le persiane che danno sulla cappella reale e domani, all’ora della prima messa, se nel frattempo non torneranno ai velluti e alla cassa, vedranno il re devotamente assistere al santo sacrificio, con il suo seguito, del quale non faranno più parte questi gentiluomini che ora sono qui perché finisce la settimana e ne subentrano altri. Sotto questa tribuna in cui ci troviamo un’altra ce n’è, anch’essa velata da persiane, ma senza costruzione da montare, come cappella o eremo, dove in disparte assiste la regina all’uffizio. Nemmeno la santità del luogo è stata propizia alla gravidanza. Ora resta solo da collocare la cupola di Michelangelo, quell’estasi di pietra qui in imitazione, che, per le sue eccessive dimensioni, è conservata in una cassa a parte, ed essendo essa il suggello della costruzione, le verrà dato un differente cerimoniale, che è quello che tutti aiutano il re, e con un gran rimbombo si accoppiano i suddetti maschi e femmine nei rispettivi incastri e l’opera è pronta. Se il poderoso suono che è echeggiato per tutta la cappella è potuto arrivare, per sale e lunghissimi corridoi, fino alla camera o appartamento in cui la regina aspetta, sappia ella che suo marito sta arrivando.
Che aspetti. Il re si sta ancora preparando per la notte. Lo hanno spogliato, lo hanno vestito con i paramenti della funzione e dello stile, passando gli abiti di mano in mano con tanta riverenza come fossero reliquie di sante decedute vergini, e ciò accade alla presenza di altri camerieri e paggi, questi che apre il cassettone, quegli che scosta la tenda, uno che alza la luce, un altro che attenua il brillio, due che non si muovono, due che li imitano, e altri ancora che non si sa che fanno né perché ci sono. Finalmente, a furia di tanti sforzi, pronto il re, uno dei nobili aggiusta l’ultima piega, un altro raddrizza il colletto ricamato, manca meno di un minuto a che Giovanni V si avvii alla stanza della regina. Il vaso aspetta la fonte.
Ma ecco, entra don Nuno da Cunha, che è il vescovo inquisitore, e porta con sé un vecchio francescano. Tra il farsi avanti e il venire al dunque ci sono riverenze complicate, infiorettature di avvicinamento, soste e indietreggiamenti, che sono le formule di accesso alla vicinanza del re, e tutto questo lo dovremo dare per fatto e spiegato, vista la fretta del vescovo e considerando il tremito ispirato del frate. Si appartano Giovanni V e l’inquisitore e questi dice, Quello laggiù è frate Antonio de S. José, al quale, parlandogli io della tristezza di vostra maestà poiché non gli dà figli la regina nostra signora, chiesi che raccomandasse vostra maestà a Dio che gli desse successione, ed egli mi rispose che vostra maestà avrà un figlio se lo vorrà e allora gli domandai che volesse dire con così oscure parole, poiché è noto che figli vostra maestà desidera averne, ed egli mi rispose, parole davvero molto chiare, che se vostra maestà promettesse di erigere un convento nella città di Mafra Dio gli darebbe successione e, dichiarato questo, tacque don Nuno, e fece un segno verso l’arrabita.
Domandò il re, È vero ciò che mi ha appena detto sua eminenza, che se prometto di erigere un convento a Mafra avrò figli, e il frate rispose, Vero è, signore, ma solo se il convento sarà francescano, e domandò il re, Come lo sapete, e frate Antonio disse, Lo so, non so come son venuto a saperlo, io sono solo la bocca di cui la verità si serve per parlare, la fede non ha altro da rispondere, costruisca vostra maestà il convento e avrà presto successione, non lo costruisca e Dio deciderà. Con un gesto impose il re all’arrabita di ritirarsi e dopo chiese a don Nuno da Cunha, È virtuoso questo frate, e il vescovo rispose, Non ce n’è altri che più lo sia nel suo ordine. Allora don Giovanni, il quinto del nome, così rassicurato sul merito dell’impegno, alzò la voce perché chiaramente lo udissero i presenti e lo sapessero l’indomani città e regno, Prometto sulla mia parola di re che farò costruire un convento di francescani nella città di Mafra se la regina mi darà un figlio nel termine di un anno al contare dal giorno di oggi, e tutti dissero, Che Dio ascolti vostra maestà, e nessuno in quell’istante sapeva chi sarebbe stato messo alla prova, se lo stesso Dio, se la virtù di frate Antonio, se la potenza del re o, infine, la fertilità difficoltosa della regina.
Donna Marianna conversa con la sua prima dama di corte portoghese, la marchesa di Unhão. Hanno già parlato delle devozioni del giorno, della visita fatta al convento delle carmelitane scalze della Conceição dos Cardais e della novena di S. Francesco Saverio, che domani comincerà a S. Roque, è un parlare di regina e marchesa, giaculatorio e a un tempo lacrimoso quando pronunciano i nomi dei santi, accorato se si fa menzione dei martiri o sacrifici speciali di preti e monache, pur se gli uni e gli altri non vanno oltre la semplice mortificazione del digiuno o l’occulta fustigazione del cilicio. Ma il re già si è fatto annunciare e se ne viene con spirito acceso, stimolato dalla congiunzione mistica del dovere carnale e della promessa fatta a Dio per mezzo e per i buoni uffici di fra’ Antonio de S. José. Sono entrati col re due famigli che lo hanno alleggerito delle vesti superflue, e lo stesso fa la marchesa alla regina, da donna a donna, con l’aiuto di un’altra dama di camera non meno titolata venuta dall’Austria, la stanza è un’assemblea, le maestà si fanno reciproche riverenze, non finisce più il cerimoniale, finalmente si ritirano i gentiluomini da una parte, le dame da un’altra, e nelle anticamere rimarranno in attesa che si compia la funzione, perché ritorni il re scortato nella sua camera, che fu della regina sua madre al tempo di suo padre, e vengano le dame in quest’altra ad accomodare donna Marianna sotto la coltre di piume, portata dall’Austria anch’essa, e senza la quale lei non può dormire, inverno ed estate che sia. Ed è a causa di questa coltre soffocante perfino nel freddo febbraio che don Giovanni non passa la notte intera con la regina, all’inizio sì, ché ancora la novità superava il disagio, che non era da nulla sentirsi bagnato di sudori propri e altrui, con una regina coperta fin sopra la testa, a ribollire effluvi e secrezioni. Donna Marianna, che non è venuta da un paese caldo, non sopporta il clima di questo. Si copre tutta con l’immensa e altissima coltre e così se ne sta, raggomitolata, come una talpa che si è trovata un sasso sulla sua strada e sta decidendo in che direzione continuare lo scavo della galleria.
Vestono la regina e il re camicie lunghe, che strusciano sul pavimento, quella del re solo l’orlo ricamato, quella della regina un buon mezzo palmo di più perché nemmeno la punta dei piedi si veda, il dito grosso o gli altri, delle impudicizie conosciute è questa forse la più spinta. Don Giovanni V conduce donna Marianna verso il letto, la guida per mano come al ballo il cavaliere la dama, e prima di salire gli scalini, ciascuno dalla sua parte, si inginocchiano e dicono le orazioni cautelatrici necessarie perché non abbiano a morire nel momento dell’atto carnale, senza confessione, perché questo nuovo tentativo dia il suo frutto, e su questo punto Giovanni V ha doppie ragioni per sperare, fiducia in Dio e nel suo personale vigore, per ciò sta raddoppiando la fede con cui da quello stesso Dio implora successione. Quanto a donna Marianna, è da credere che stia chiedendo gli stessi favori, se per caso non ha motivi speciali che li dispensino e che siano segreto di confessionale.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore portoghese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a José Saramago.
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