Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Meno di zero di Bret Easton Ellis, romanzo edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 11,00 euro (ma online lo si acquista con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Meno di zero: trama del libro
«Cos’è giusto? Se si vuole una cosa è giusto prendersela. Se si vuole fare una cosa è giusto farla». Sesso facile, cocaina, feste sempre piú trasgressive, auto di lusso, rock a tutto volume: a Los Angeles i giovanissimi che frequentano l’ambiente patinato degli studios cinematografici hanno tutto e non desiderano piú niente. In un mondo illuminato dai bagliori spettrali dei videoclip e svuotato di ogni sentimento, Clay, Blair, Daniel e Julian, biondi e abbronzati, esplorano le pieghe infernali del «paradiso» californiano in un crescendo di moralità e devastazione interiore che presto sconfina nell’orrore. Meno di zero è il ritratto disincantato dell’ultima «generazione perduta», il romanzo che ha catapultato Ellis sulla scena letteraria americana, diventando il libro culto della Mtv generation.
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Blair esce dall’autostrada e si ferma a un semaforo rosso. Per un attimo una folata violenta di vento fa dondolare la macchina e Blair sorride e dice qualcosa tipo forse è meglio tirar su la capote poi cambia stazione radio. Mentre mi accompagna a casa, Blair è costretta a fermarsi perché cinque operai stanno portando via i resti delle palme abbattute dal vento. Infilano fronde e pezzi di corteccia in un grosso camion rosso, e Blair fa un altro sorriso. Si ferma davanti a casa mia. Il cancello è aperto e io scendo dalla macchina, sorpreso di sentire l’aria cosí calda e asciutta. Resto lí fermo per un bel po’ e Blair, dopo avermi aiutato a tirar fuori le valigie dal baule, mi fa un sorriso e dice: – Cosa c’è che non va? – e io dico: – Niente, – e Blair dice: – Sei pallido, – e io scrollo le spalle. Poi ci salutiamo e lei risale in macchina e va via.
In casa non c’è nessuno. Il condizionatore è acceso e l’aria sa di pino. C’è un biglietto sul tavolo della cucina. Dice che mia madre e le mie sorelle sono fuori a far compere per Natale. Da qui posso vedere il cane sdraiato sul bordo della piscina. Ansima, dormendo, con il pelo arruffato dal vento. Salgo di sopra e incontro la nuova cameriera che mi sorride e sembra sapere chi sono. Passo davanti alle camere delle mie sorelle che sembrano identiche a prima a parte i ritagli del «Gentleman’s Quarterly» attaccati alle pareti. Entro in camera mia e vedo che anche qui non è cambiato niente. Le pareti sono ancora bianche; i dischi sono ancora al loro posto; il televisore non è stato spostato; le veneziane sono ancora aperte come le avevo lasciate. Mia madre e la nuova cameriera o forse quella vecchia devono avere ripulito l’armadio in mia assenza. Sulla scrivania c’è una pila di fumetti con sopra un biglietto che dice: «Questi vuoi tenerli?»; c’è anche un messaggio, ha chiamato Julian, e un biglietto d’auguri con la scritta «Affanculo il Natale». Lo apro e la scritta diventa «Mandiamo Affanculo il Natale Insieme», un invito alla festa di Blair. Metto giú il biglietto e mi accorgo che sta cominciando a far proprio freddo in quella camera.
Mi tolgo le scarpe, mi sdraio sul letto e mi tocco la fronte per sentire se ho la febbre. Credo di sí. E sempre con la mano sulla fronte mi decido a guardare il poster col vetro appeso sopra il letto ma nemmeno quello è cambiato. È il poster di un vecchio disco di Elvis Costello. Elvis guarda lontano, con un sorrisetto ironico sulle labbra, guarda fuori dalla finestra. C’è la parola «Trust» sopra la sua testa, e gli occhiali da sole che porta, una lente blu e una rossa, sono scivolati sulla punta del naso e cosí gli si vedono gli occhi, leggermente strabici. Quegli occhi non mi guardano, però. Per averli addosso, dovrei andare vicino alla finestra, ma sono troppo stanco per farlo.
Prendo il telefono e chiamo Julian, stupito di ricordare il suo numero, ma non risponde. Mi alzo a sedere e attraverso le veneziane vedo le palme che si agitano con violenza, si piegano addirittura al vento caldo. Torno a guardare il poster, poi distolgo lo sguardo e alla fine lo riporto su quel sorriso e quegli occhi canzonatori e quegli occhiali rossi e blu, e sento ancora quella frase sulla gente che ha paura di buttarsi e cerco di dimenticarla, di cancellarla dalla mente. Accendo Mtv e mi dico che potrei anche dimenticarla e addormentarmi se avessi un po’ di Valium. Poi penso a Muriel e mi viene un po’ di nausea, mentre lo schermo spara i suoi video.
Quella sera porto anche Daniel alla festa di Blair, e Daniel ha gli occhiali da sole, una giacca nera di lana e jeans neri. Indossa anche un paio di guanti neri scamosciati perché si è fatto un brutto taglio con un pezzo di vetro la settimana scorsa nel New Hampshire. L’avevo accompagnato io al pronto soccorso e li avevo guardati pulire la ferita, lavar via il sangue e cominciare a dare i punti, ma mi ero sentito male e cosí alle cinque del mattino ero andato a sedermi nella sala d’aspetto e avevo sentito New Kid in Town degli Eagles e mi era venuta voglia di tornare a L.A. Siamo davanti alla porta della casa di Blair a Beverly Hills e Daniel si lamenta che i guanti sono troppo stretti e si appiccicano ai punti, ma non se li toglie perché non vuole che si vedano i sottili fili argentei che spuntano dalla pelle del pollice e delle altre dita. Blair viene ad aprirci.
– Ehi, bellissimi, – esclama. Indossa un giubbotto di pelle nera con pantaloni assortiti. È a piedi nudi, mi abbraccia e poi guarda Daniel.
– Be’, e questo chi è? – chiede con un sorriso.
– Questo è Daniel. Daniel, questa è Blair, – dico.
Blair tende la mano e Daniel sorride e gliela stringe leggermente.
– Be’, entrate. Buon Natale.
Ci sono due alberi di Natale, uno nel soggiorno e uno nello studio, entrambi decorati con lucine intermittenti rosso scuro. Ci sono un sacco di ex compagni delle superiori alla festa, gran parte dei quali non vedo dal diploma, e sono tutti intorno ai due enormi alberi. C’è anche Trent, un fotomodello che conosco.
– Ehi, Clay, – dice Trent, che porta una sciarpa scozzese rossa e verde intorno al collo.
– Trent, – dico.
– Come state, bellissimi?
– Da dio. Trent, questo è Daniel, Daniel questo è Trent.
Trent tende la mano e Daniel sorride, si aggiusta gli occhiali da sole e gliela stringe leggermente.
– Ehi, Daniel, – dice Trent. – A che università vai?
– La stessa di Clay, – dice Daniel. – E tu?
– Ucla, o meglio come dicono gli orientali, Ucra –. Trent fa l’imitazione di un vecchio giapponese, occhi a mandorla, testa china, denti in fuori, poi ride sgangheratamente.
– Io vado all’Università dei Succhia Cazzi, – dice Blair, sempre sorridendo, passandosi le dita tra i lunghi capelli biondi.
– E qual è?
– La Usc, – fa lei.
– Ah sí, – dice Trent. – Giusto.
Blair e Trent si mettono a ridere e lei gli si attacca al braccio per mantenere l’equilibrio. Fanno un paio di battute su quelle due università che sono piene di ebrei, ridendo come matti.
Alla fine Blair smette di ridere, mi sfiora passando per la porta e dice che dovrei provare il punch.
– Vado io a prenderlo, il punch, – dice Daniel. – Ne vuoi un po’, Trent?
– No, grazie. – Trent mi guarda e dice: – Sei pallido.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore americano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Bret Easton Ellis.
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