Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Mentre il tempo brucia di Mary Higgins Clark. Il romanzo è pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 19,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Mentre il tempo brucia: trama del libro
A ventisei anni, Delaney Wright ha già bruciato le tappe della sua carriera di giornalista. Sta per diventare una vera e propria star, perché è lei a occuparsi del processo più discusso del momento e sarà sempre lei a lanciare le ultime notizie sul caso al telegiornale più visto della giornata. Dovrebbe essere una ragazza felice, quindi, ma le soddisfazioni professionali non riescono a distoglierla da un pensiero fisso, quasi un’ossessione ormai. Delaney, infatti, desidera con tutte le sue forze scoprire la vera identità della madre biologica, che non ha mai conosciuto. Gli unici che sanno la verità, ma che hanno deciso di tenere il segreto, per il momento, sono Alvirah e Willy Meehan, i due maturi coniugi che si sono trasferiti a New York dopo aver vinto un’enorme somma di denaro alla lotteria. Al processo, intanto, l’imputata Betsy Grant, che è accusata di aver ucciso il ricchissimo marito malato di Alzheimer, rifiuta il patteggiamento, ben decisa invece a provare la propria innocenza. In ballo c’è una grossa eredità, e anche il suo figliastro Alan Grant non vede l’ora che tutto finisca: deve mantenere l’ex moglie e i figli, per non parlare della montagna di debiti che ha contratto con creditori tutt’altro che pacifici. Il corso della giustizia però prende una piega imprevista: le prove contro Betsy sembrano diventare schiaccianti, e Delaney rimane la sua unica salvezza, la sola persona che le crede. Mentre il tempo brucia.
Approfondimenti sul libro
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«Però ci paga lo stipendio», le ricordò Don Brown con un sorriso.
«Lo so, che sia benedetta», rispose Delaney allegramente dandosi una controllatina allo specchio.
Forse la camicetta viola scelta dalla costumista era troppo scura sulla sua pelle chiara, ma perfetta con i lunghi capelli neri. E Iris, la sua truccatrice preferita, aveva fatto un bel lavoro mettendo in risalto gli occhi marrone scuro e le lunghe ciglia.
Il regista cominciò il conto alla rovescia. «Dieci, nove… tre, due…» Appena disse «uno», Delaney si mise a leggere: «Domattina, presso il tribunale della contea di Bergen ad Hackensack, nel New Jersey, avrà inizio la scelta dei giurati per il processo alla quarantatreenne Betsy Grant, ex insegnante delle superiori. La Grant è accusata di aver ucciso il ricco marito, il dottor Edward Grant, che aveva cinquantotto anni e soffriva di una precoce forma di Alzheimer. La donna si è sempre dichiarata innocente. L’accusa sostiene che fosse stanca di aspettare la sua morte. Lei e il figlio del dottor Grant sono gli eredi di un patrimonio valutato in oltre quindici milioni di dollari».
«E ora passiamo a una vicenda decisamente meno triste», proseguì Don Brown. «Queste sono le storie che ci piace raccontare.» Sullo schermo partì il video. Si trattava di un uomo di trent’anni che incontrava per la prima volta la madre biologica. «Ci siamo cercati per dieci anni», diceva Matthew Trainor sorridendo. «Io avevo quasi la sensazione che lei mi stesse chiamando. Avevo bisogno di trovarla.»
Circondava con il braccio una donna robusta, sulla cinquantina, i capelli ondulati a incorniciare il volto grazioso, gli occhi nocciola lucidi di lacrime.
«Avevo diciannove anni quando ho dato alla luce Charles.» Si interruppe e guardò il figlio. «Dentro di me l’ho sempre chiamato Charles. Per il suo compleanno compravo dei giocattoli e li regalavo a un ente di beneficienza per i bambini.» Con la voce tremante aggiunse: «Mi piace il nome che gli hanno dato i suoi genitori adottivi. Matthew significa ‘dono di Dio’».
Alla fine del video Matthew disse: «Ho sempre sentito, da che mi ricordo, un bisogno dentro di me. Avevo bisogno di sapere chi erano i miei genitori naturali, soprattutto mia madre».
La abbracciò forte, e Doris Murray si mise a piangere. «È impossibile spiegare quanto mi è mancato mio figlio.»
«Molto commovente, vero, Delaney?» domandò Don Brown.
Delaney riuscì soltanto ad annuire. Sapeva che il groppo in gola stava per sciogliersi in un fiume di lacrime.
Don attese la sua risposta per qualche secondo ma poi, dal momento che non arrivava, continuò con aria sorpresa: «E adesso sentiamo che cosa ha da dirci il nostro meteorologo Ben Stevens».
Finito il programma, Delaney disse: «Don, scusami. Mi sono commossa così tanto per quella storia che non mi fidavo di me stessa. Avevo paura di mettermi a piangere anch’io».
«Be’, staremo a vedere se fra sei mesi si rivolgeranno ancora la parola», commentò lui sarcastico. Spinse indietro la sedia. «E per stasera abbiamo finito.»
Attraverso la parete di vetro si vedeva, nello studio accanto, il conduttore del telegiornale nazionale Richard Kramer, in onda in quel momento. Delaney sapeva che Don era in fila per prendere il suo posto quando fosse andato in pensione. Si alzò, uscì dallo studio, passò dal suo ufficio e si tolse la camicetta viola per mettersi un top sportivo. Aveva sostituito la conduttrice abituale, Stephanie Lewis, che si era data malata. Delaney era molto contenta di occuparsi del processo di Betsy Grant. Sarà interessantissimo, pensò.
Afferrò la borsa e, rispondendo a una serie di «Ciao, Delaney», percorse molti lunghi corridoi e uscì in Columbus Circle.
Per quanto amasse l’estate, si rese conto che era pronta per l’autunno. Dopo il Labor Day, Manhattan diventa più vivace, pensò. E poi capì che stava cercando di distrarsi da ciò che la tormentava. Il servizio sull’adozione aveva aperto una breccia nel muro che si era costruita intorno per evitare che l’argomento la ossessionasse.
Doveva trovare la propria madre biologica. James e Jennifer l’avevano adottata a poche ore dalla nascita, e sul certificato, registrato a Filadelfia, c’erano i loro nomi. Era stata data alla luce con l’aiuto di un’ostetrica di cui non c’era traccia, e la donna che aveva organizzato l’adozione era morta.
Sembrava un vicolo cieco, ma Delaney sapeva di dover prendere una decisione. Aveva sentito parlare di un investigatore in pensione specializzato nel rintracciare l’irrintracciabile in casi come il suo. Era così persa nei suoi pensieri, mentre camminava verso casa, che superò la Quinta Avenue quasi senza accorgersene.
Alla Cinquantaquattresima Strada girò verso est. Il suo appartamento era accanto a quello dove aveva abitato Greta Garbo, la leggendaria attrice degli anni Trenta. Spesso, al termine di una giornata particolarmente frenetica, le veniva in mente la sua famosa battuta «Voglio restare sola».
Danny, l’usciere dall’eterno sorriso, le aprì il portone.
Nonostante l’appartamento avesse tre ampie stanze, era ben diverso dall’enorme e bella abitazione di Oyster Bay, a Long Island, dove era cresciuta. Posò la borsa, prese una Perrier dal frigorifero e si accomodò in poltrona appoggiando i piedi su un cuscino.
Sul tavolo dall’altra parte della stanza c’era una grande fotografia di famiglia, di quando lei aveva tre anni. Era seduta in braccio alla madre, accanto al padre, e i tre fratelli erano tutti alle loro spalle. I capelli e gli occhi scuri di Delaney spiccavano tra tutti quei biondi di varie sfumature, con gli occhi dall’azzurro al nocciola.
Era un ricordo molto nitido. La prima volta che aveva visto la foto si era messa a piangere. «Perché non vi assomiglio?» E allora le avevano detto che era stata adottata. Non con quelle parole, ovviamente. Facendo del loro meglio, i genitori le avevano spiegato, a quella tenera età, che avevano desiderato tanto una bambina, e che lei, appena nata, era entrata a far parte della famiglia.
Il mese precedente, a Oyster Bay, c’era stata una grande riunione in occasione del settantacinquesimo compleanno della madre. Jim era venuto da Cleveland, Larry da San Francisco e Richard da Chicago, con le mogli e i figli. Era stato un momento di vera felicità. I loro genitori stavano per trasferirsi in Florida, e avevano dato via i mobili di cui non avevano bisogno dicendo a Delaney e ai fratelli di prendersi quello che volevano. Lei aveva scelto poche cose che potevano stare bene nel suo appartamento.
Guardò di nuovo la fotografia, immaginando la madre mai conosciuta. Ti somiglio? si domandò.
Squillò il telefono. Delaney ebbe un moto di impazienza ma poi vide chi era: Carl Ferro, il produttore del telegiornale delle sei. Il tono era esultante. «Stephanie ha accettato il lavoro a NOW News. Siamo tutti entusiasti, stava cominciando a diventare una colossale…» si interruppe un attimo, «seccatura. Si illudeva di saperne più di Kathleen.» Kathleen Gerard era il produttore esecutivo del settore notizie. «Consegnerà le dimissioni domattina. Sei la nuova conduttrice insieme a Don Brown. Congratulazioni!»
Delaney rimase senza fiato. «Carl, è meraviglioso! Non so cosa dire!» Poi aggiunse: «Mi dispiace solo di perdere il processo Grant».
«Niente affatto! Vogliamo che tu lo segua ugualmente. Organizzeremo turni a rotazione per i conduttori. Sei un’ottima giornalista e questo processo è quello che fa per te.»
«Non potrei chiedere di più, Carl. Grazie mille», concluse Delaney.
Ma appena posato il telefono si sentì inquieta. La sua vecchia governante, Bridget O’Keefe, diceva sempre: «Quando le cose vanno troppo bene, c’è qualche guaio in arrivo».
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice americana rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Mary Higgins Clark.
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