Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Meridiano di sangue di Cormac McCarthy. Il romanzo è pubblicato in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 12,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Meridiano di sangue: trama del libro
A metà Ottocento, al confine tra Messico e Stati Uniti, una banda di killers professionisti annienta tutto quello che trova sul suo cammino. Un ragazzo del Tennessee, fuggito di casa, si unisce a una banda di cacciatori di scalpi. La banda ha un regolare contratto per sterminare gli Apaches e lascia dietro di sé una scia di sangue che sembra apparire all’orizzonte come un tramonto infuocato. Fino a quando i massacri diventano imbarazzanti per quelli stessi che li avevano commissionati. Trent’anni dopo l’uomo del Tennessee che da ragazzo aveva attraversato il “meridiano di sangue”, ritroverà il giudice Holden, uno della banda, chiamato a leggere la sua ultima, definitiva sentenza.
Approfondimenti sul libro
In ebook Meridiano di sangue (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 6,99 euro.
La notte in cui sei nato. Trentatré. Leonidi, le chiamavano. Dio, come cadevano le stelle. Con lo sguardo cercavo il buio, buchi nel cielo. L’Orsa correva.
La madre morta da quattordici anni aveva incubato nel ventre proprio la creatura che l’avrebbe uccisa. Il padre non pronuncia mai il nome della donna, il ragazzo non lo conosce. Ha una sorella al mondo che non rivedrà mai piú. Pallido e sporco, guarda il padre. Non sa leggere né scrivere, e già gli cova dentro un gusto per la violenza insensata. C’è tutta la storia in quel volto, il ragazzo padre dell’uomo.
A quattordici anni se ne va di casa. Non vedrà piú la gelida cucina nel buio prima dell’alba. La legna da ardere, i pentoloni per il bucato. Vaga verso ovest, fino a Memphis, migratore solitario in quel paesaggio piatto e pastorale. Negri nei campi, smilzi e curvi, le dita come ragni fra le capsule di cotone. Un’agonia nell’ombra del giardino. Sullo sfondo del sole al tramonto, figure che si muovono nel lento crepuscolo lungo un orizzonte di carta. Un colono, solo, scuro, segue mulo ed erpice giú per la bassa battuta dalla pioggia, verso la notte.
Un anno dopo è a Saint Louis. Una chiatta lo prende a bordo, destinazione New Orleans. Quarantadue giorni sul fiume. Di notte i battelli a vapore passano fischiando e arrancando sulle acque buie, tutti illuminati come città alla deriva. Disfano la chiatta e vendono i tronchi, e il ragazzo cammina per le strade e sente lingue mai sentite prima. Vive in una camera sopra un cortile dietro una taverna e la sera scende giú come la bestia di un libro di fiabe per battersi con i marinai. Grosso non è, ma ha grossi polsi, grosse mani. Le spalle sono strette. La faccia del ragazzo è curiosamente integra sotto le cicatrici, gli occhi stranamente innocenti. Si battono a pugni, a calci, con bottiglie o coltelli. Gente di ogni razza, di ogni sangue. Uomini le cui lingue suonano come grugniti di scimmioni. Uomini che vengono da paesi cosí lontani e bizzarri che quando li guarda giacere sanguinanti nel fango, ha l’impressione di aver vendicato l’umanità stessa.
Una notte un nostromo maltese gli spara nella schiena con una piccola pistola. Mentre si volta per affrontarlo un’altra pallottola lo colpisce appena sotto il cuore. L’uomo scappa e lui resta appoggiato al bancone con il sangue che scorre a rivoli dalla camicia. Gli altri distolgono lo sguardo. Dopo un po’ si siede sul pavimento.
Passa due settimane su una branda nella camera al piano di sopra, assistito dalla moglie del taverniere. Lei gli porta da mangiare, porta via i rifiuti. Una donna dall’aria dura con un corpo magro e forte come quello di un uomo. Una volta guarito non ha soldi per pagarla cosí se ne va nottetempo e dorme in riva al fiume finché non trova una barca disposta a caricarlo. La barca va in Texas.
Solo ora il ragazzo si è finalmente spogliato di tutto ciò che è stato. Le sue origini sono diventate remote come il suo destino, e in tutto il volgere del mondo non ci saranno mai piú territori cosí selvaggi e barbari in cui verificare se la materia della creazione può conformarsi al volere dell’uomo o se il cuore stesso non è altro che un diverso tipo di creta. I passeggeri sono diffidenti. Si schermano gli occhi, e nessuno chiede all’altro cosa lo porta lí. Il ragazzo dorme sul ponte, pellegrino fra altri pellegrini. Guarda la sponda indistinta sorgere e scomparire. Grigi uccelli marini occhieggiano istupiditi. Voli di pellicani lungo la costa sopra le onde grigie e gonfie.
Sbarcano su una chiatta, coloni con le loro masserizie, intenti a studiare la costa bassa, la sottile baia di sabbia e cespugli che galleggia nella foschia.
Cammina per i vicoli del porto. L’aria odora di sale e di legname appena tagliato. Di sera le puttane gli lanciano richiami dal buio come anime in pena. Una settimana ed è pronto a ripartire, nel borsellino i pochi dollari guadagnati, percorre le strade sabbiose della notte del Sud, solo, le mani strette a pugno nelle tasche di cotone della giacca a buon mercato. Strade sugli argini di terra battuta che attraversano gli acquitrini. Colonie di aironi che biancheggiano come candele nella palude. Il vento è tagliente e le foglie svolazzano lungo il ciglio della strada e di notte s’inseguono frusciando nei campi. Lui avanza verso nord, fra piccoli insediamenti e fattorie, lavorando a giornata, vitto e alloggio compresi. Vede l’impiccagione di un parricida in un gruppo di case a un crocevia e gli amici della vittima gli si precipitano addosso e lo tirano per le gambe. Morto, appeso alla corda con l’urina che gli chiazza di scuro i pantaloni.
Lavora in una segheria, lavora in un lazzaretto di difterici. Da un agricoltore accetta come paga un mulo stagionato e in groppa a questo animale, nella primavera dell’anno milleottocentoquarantanove, attraversa la repubblica di Fredonia, nuova di zecca, fino alla città di Nacogdoches.
Da quando aveva cominciato a piovere, e pioveva ormai da due settimane, il reverendo Green faceva un pienone di pubblico ogni giorno. Quando il ragazzo si infilò nella tenda di tela consunta c’era posto in piedi lungo le pareti per un paio di persone, e la puzza di gente umida e non lavata era cosí tremenda che tutti di tanto in tanto facevano una sortita fuori sotto l’acquazzone in cerca di aria fresca, finché la pioggia non li costringeva a tornare dentro. Rimase in piedi con altri come lui lungo la parete nera. La sola cosa che avrebbe potuto distinguerlo, in mezzo a quella folla, era il fatto che non portava armi.
Fratelli, disse il reverendo, lui non ce la faceva proprio a stare fuori da questi buchi d’inferno, inferno, sí, inferno, qui a Nacogdoches. Io gli ho detto una cosa, gli ho detto: Hai intenzione di portare là dentro con te il figlio di Dio? E lui ha risposto: Oh, no. Per niente. E io gli ho detto: Ma non lo sai che il figlio di Dio ha detto io vi seguirò sempre anche alla fine della strada?
Be’, ha risposto lui, io non ho intenzione di chiedere a nessuno di andare in nessun posto. E io ho detto: Fratello, non c’è bisogno che tu lo chieda. Lui sarà lí con te, incollato ai tuoi passi, che tu lo chieda o no. Gli ho detto: Fratello, non puoi separarti da lui. E allora, trascinerai lui, lui, in quel buco d’inferno?
Mai visto un posto con una pioggia simile, ragazzo?
Fino a quel momento il ragazzo aveva guardato il reverendo. Si voltò verso l’uomo che aveva parlato. Portava dei lunghi mustacchi alla maniera dei carrettieri e aveva in testa un cappello a tesa larga con il cocuzzolo basso e rotondo. Aveva un occhio un po’ strabico e fissava il ragazzo in tutta serietà come se gli interessasse davvero la sua opinione sulla pioggia.
Sono appena arrivato, disse il ragazzo.
Be’, batte tutti quelli che ho visto finora.
Il ragazzo annuí. Un uomo enorme con un impermeabile di tela cerata era entrato nella tenda e si era levato il cappello. Era calvo come un uovo, non aveva traccia di barba e i suoi occhi non avevano né sopracciglia né ciglia. Era alto piú di due metri, fumava un sigaro perfino dentro quella casa di Dio ambulante e sembrava che si fosse levato il cappello solo per farne sgocciolare la pioggia perché se lo rimise subito in testa.
Il reverendo aveva interrotto il suo sermone. Nella tenda non volava una mosca. Tutti guardavano l’uomo. Lui si aggiustò il cappello poi si fece avanti a spintoni fino alle casse da imballaggio che facevano da pulpito al reverendo e lí si girò per rivolgersi alla congregazione. Aveva un volto sereno e stranamente infantile. Le mani piccole. Le protese.
Signore e signori, sento il dovere di informarvi che l’uomo che sta tenendo questa riunione evangelica è un impostore. Non ha documenti di investitura sacerdotale emessi da alcuna istituzione riconosciuta o improvvisata. È assolutamente privo della pur minima qualifica per l’ufficio che ha usurpato e ha semplicemente imparato a memoria alcuni passi del libro sacro allo scopo di conferire ai propri fraudolenti sermoni qualche vago sapore di quella devozione che egli disprezza. In realtà, questo gentiluomo che qui davanti a voi si atteggia a ministro del Signore non solo è totalmente analfabeta ma è anche ricercato dalla legge negli stati del Tennessee, del Kentucky, del Mississippi e dell’Arkansas.
Oddio, gridò il reverendo. Bugie, bugie! Cominciò a leggere con fervore dalla sua bibbia aperta.
Per una serie di imputazioni, la piú recente delle quali coinvolge una ragazzina di undici anni – undici, ho detto – che si è recata da lui in buona fede e che lui è stato sorpreso a violentare con la veste del suo Dio ancora indosso.
Un gemito percorse la folla. Una donna cadde in ginocchio.
È lui, strillò il reverendo, tra i singhiozzi. È lui. Il diavolo. Eccolo qui.
Impicchiamo quello stronzo, gridò un brutto ceffo dal fondo.
Meno di tre settimane fa è stato cacciato da Fort Smith, nell’Arkansas, per essersi congiunto carnalmente con una capra. Sí, signora, ho detto proprio cosí. Capra.
Che io sia dannato se non sparo a quel figlio di puttana, saltò su un uomo alzandosi in fondo alla tenda; estrasse una pistola dallo stivale, la puntò e fece fuoco.
In un attimo il giovane carrettiere tirò fuori un coltello, scucí la tenda e uscí sotto la pioggia. Il ragazzo lo seguí. Si tennero bassi e corsero nel fango verso l’albergo. Ormai nella tenda la sparatoria era generale, una dozzina di uscite erano state aperte nella tela e la gente schizzava fuori, le donne urlavano, tutti incespicavano, si calpestavano nel fango. Il ragazzo e il suo amico raggiunsero il portico dell’albergo, si sfregarono via l’acqua dagli occhi e si voltarono a guardare. In quell’istante la tenda cominciò a ondeggiare e deformarsi, e come un’enorme medusa ferita si afflosciò lentamente al suolo strascicando sul terreno pareti di tela a brandelli e tiranti consumati.
Il calvo era già al bar quando loro entrarono. Sul legno lucido davanti a lui c’erano due cappelli e una doppia manciata di monete. Alzò il bicchiere, ma non brindava a loro. Si accostarono al banco, ordinarono whisky e il ragazzo mise giú i suoi soldi ma il barman li respinse con il pollice e fece un cenno con il capo.
Questi li offre il giudice, disse.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Cormac McCarthy.
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