Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Va’, metti una sentinella di Harper Lee. Il romanzo è pubblicato in Italia da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 18,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Va’, metti una sentinella: trama del libro
Maycomb, Alabama. La ventiseienne Jean Louise Finch “Scout” torna a casa da New York per visitare l’anziano padre, Atticus. Ambientato sullo sfondo delle tensioni per i diritti civili e il trambusto politico che negli anni cinquanta stanno trasformando il Sud degli Stati Uniti, il ritorno di Jean Louise prende un sapore agrodolce quando viene a sapere verità inquietanti sulla sua famiglia, sulla cittadina e sulle persone che le sono più care. Tornano a galla ricordi dell’infanzia, e i suoi valori e convincimenti sono messi seriamente in discussione. Con il ritorno di molti personaggi emblematici de “Il buio oltre la siepe”, “Va’, metti una sentinella” cattura perfettamente le sofferenze di una giovane donna e di un mondo costretti ad abbandonare le illusioni del passato, una transizione che può solo essere guidata dalla coscienza di ciascuno.
Approfondimenti sul libro
In ebook Va’, metti una sentinella (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 6,99 euro.
Jean Louise Finch faceva questo viaggio sempre in aereo, ma per la quinta visita annuale alla famiglia decise di prendere il treno da New York a Maycomb Junction. Tanto per cominciare, l’ultima volta che aveva messo piede su un aereo si era spaventata da morire, perché il pilota aveva deciso di passare attraverso un uragano. Inoltre, tornare a casa in aereo voleva dire costringere suo padre ad alzarsi alle tre del mattino, fare cento miglia in macchina per andare a prenderla a Mobile e lavorare per il resto della giornata: aveva settantadue anni, e non era giusto.
Non le dispiaceva avere scelto il treno. I treni erano cambiati dai tempi della sua infanzia, e la nuova esperienza la divertì: un inserviente si materializzava, come un grasso genio uscito dalla lampada, quando si premeva un bottone sulla parete; al suo ordine, un lavandino d’acciaio inossidabile saltava fuori da un’altra parete; e c’era anche un gabinetto dove si poteva stare in piedi. Decise di non lasciarsi intimidire dai tanti avvisi stampigliati qua e là nello scompartimento – era per un solo passeggero e lo chiamavano roomette –, ma quando si era coricata, la sera prima, era riuscita a schiacciarsi tra il letto e la parete per aver ignorato l’ordine di ABBASSARE QUESTA LEVA SUI SOSTEGNI: situazione alla quale l’inserviente aveva rimediato mettendola in imbarazzo, perché era abituata a dormire solo con la giacca del pigiama.
Per fortuna, quando la trappola era scattata, l’inserviente stava perlustrando il corridoio. “La tiro fuori io, Miss,” aveva risposto ai colpi che batteva dall’interno. “No, grazie,” aveva detto lei, “mi spieghi solo come faccio a uscire.” “Posso aiutarla voltandole la schiena,” disse allora lui, e così fece.
Quel mattino, quando si svegliò, il treno, vibrando e sobbalzando sugli scambi, entrava nello scalo ferroviario di Atlanta, ma obbedendo a un’altra scritta stampigliata nello scompartimento restò a letto fino al momento in cui davanti al finestrino passarono in un lampo le parole College Park. Quando si vestì, indossò la roba che metteva a Maycomb: pantaloni sportivi grigi, una camicetta nera senza maniche, calzini bianchi e mocassini. Sebbene fosse ancora a quattro ore di distanza, poté udire la sbuffata di disapprovazione di sua zia.
Cominciava a sorseggiare la sua quarta tazza di caffè, quando il Crescent Limited schiamazzò come un’oca gigantesca rivolto al suo compagno diretto a nord e attraversò con un rimbombo il Chattahoochee per entrare in Alabama.
Il Chattahoochee è largo, piatto e fangoso. Quel giorno il livello era basso; una lingua di sabbia gialla ne aveva ridotto il corso a un rivoletto. Forse canta d’inverno, pensò: non ricordo un solo verso di quella poesia.1 Suonando il piffero per valli deserte?2 No. Scriveva a un uccello acquatico, o era una cascata?
Represse severamente una certa tendenza all’allegria troppo sguaiata e fracassona quando pensò che Sidney Lanier doveva essere stato un po’ come la buonanima di suo cugino, Joshua Singleton St. Clair, la cui privata sfera letteraria si estendeva dalla Black Belt a Bayou La Batre. La zia di Jean Louise spesso le proponeva il cugino Joshua come un esempio familiare da non criticare alla leggera: era una splendida figura d’uomo, un poeta, morto nel fiore degli anni, e Jean Louise avrebbe fatto bene a ricordare che per la famiglia era un onore. I suoi ritratti le davano lustro: il cugino Joshua sembrava un Algernon Swinburne scorbutico e scalcinato.
Jean Louise sorrise tra sé quando le venne in mente il resto della storia che aveva raccontato suo padre. Sì, il cugino Joshua era morto nel fiore degli anni; non per mano di Dio, ma a opera delle armate di Cesare. Così:
Quando era ancora all’università, il cugino Joshua studiava troppo intensamente e metteva il cervello a dura prova; anzi, a furia di leggere si era esiliato dal diciannovesimo secolo. Ostentava una mantellina e calzava stivaloni alla scudiera fatti fare da un maniscalco su disegno suo. Il cugino Joshua fu molto deluso dalle autorità quando aprì il fuoco sul rettore dell’università, che a suo avviso era poco più di un esperto dello smaltimento dei liquami. Questo era vero, sicuramente; ma era anche una scusa immotivata per un’aggressione a mano armata. Dopo molti passaggi di denaro, il cugino Joshua era stato portato di là dai binari, nella parte più povera della contea, e chiuso in un istituto statale per gli irresponsabili, dove restò fino alla fine dei suoi giorni. Dicevano che appariva equilibrato sotto ogni aspetto fino a quando qualcuno nominava quel rettore; allora il suo viso assumeva un’espressione stravolta, si metteva nella posa di una gru del Nordamerica e la manteneva per otto ore o più, e nulla e nessuno potevano fargli abbassare la gamba finché non aveva dimenticato la sua bestia nera. Nei giorni tranquilli il cugino Joshua leggeva libri in greco. Lasciò un volumetto di poesie stampato privatamente da una tipografia di Tuscaloosa. Le poesie erano così in anticipo sui tempi che nessuno le ha ancora decifrate, ma la zia di Jean Louise, fingendo che siano capitate lì per caso, le tiene in bella mostra su un tavolo del soggiorno.
Jean Louise rise fragorosamente, poi si guardò intorno per vedere se qualcuno l’aveva sentita. Suo padre tendeva a sminuire le lezioni della sorella sull’innata superiorità di ogni Finch: alla figlia raccontava sempre il resto della storia, con voce solenne e tranquilla, ma a lei certe volte sembrava di vedere un inconfondibile irriverente bagliore negli occhi di Atticus Finch; o era soltanto la luce che colpiva i suoi occhiali? Non l’aveva mai capito.
I campi e il treno si erano placati, i primi ridotti a dolci ondulazioni, il secondo a un sommesso rullio, e dal finestrino all’orizzonte non si vedevano altro che pascoli e mucche nere. Chissà perché non aveva mai pensato che la sua terra fosse così bella.
La stazione di Montgomery era annidata in un’ansa dell’Alabama, e quando Jean Louise scese dal treno per sgranchirsi le gambe l’ambiente familiare tornò a circondarla con tutto il suo squallore, le sue luci e gli strani odori. C’è qualcosa che manca, pensò. Ecco, i cuscinetti surriscaldati. Un uomo cammina lungo il treno frugandovi sotto con una sbarra di ferro. Si sente un rumore metallico e poi, s-sss-sss, si alza un bianco vapore, e per un attimo ti sembra di essere finita dentro uno scaldavivande. Queste locomotive, ormai, vanno a gasolio.
Un’antica paura la tormentava senza ragione. Non metteva piede in quella stazione da vent’anni, ma quando era piccola e andava con Atticus nella capitale la coglieva il terrore che il treno oscillante piombasse nel fiume facendoli annegare tutti. Appena lo riprendeva per tornare a casa, tuttavia, dimenticava ogni cosa.
Il treno sferragliò attraverso le pinete e schernì con un ululato di sirena un variopinto pezzo da museo col tetto che sembrava un imbuto rovesciato sul binario morto di un piazzale. Recava l’insegna di una segheria, e il Crescent Limited avrebbe potuto inghiottirlo in un boccone. Greenville, Evergreen, Maycomb Junction.
Aveva raccomandato al capotreno di non dimenticarsi di farla scendere e, poiché era un uomo anziano, aveva previsto la sua battuta: a Maycomb Junction sarebbe accorso come un bolide e avrebbe fermato il treno un quarto di miglio dopo la stazioncina; quindi, al momento dei saluti, le avrebbe detto che gli spiaceva, ma si era quasi dimenticato. I treni cambiavano; i capotreni no. Essere divertenti con le giovani signore alle fermate a richiesta era un segno di professionalità, e di conseguenza Atticus, che poteva predire le azioni di ogni capotreno da New Orleans a Cincinnati, sarebbe stato in attesa a meno di sei passi dal punto di arrivo.
Il suo mondo era la contea di Maycomb, un territorio nato dalla manipolazione dei collegi elettorali per far vincere questo o quel partito, lungo una settantina di miglia e largo trenta nel punto di massima ampiezza, un deserto costellato di minuscoli insediamenti, il più grande dei quali era Maycomb, il capoluogo. Fino a un’epoca relativamente recente della sua storia, la contea di Maycomb era rimasta così isolata dal resto del paese che alcuni dei suoi cittadini, ignari delle preferenze politiche del Sud negli ultimi novant’anni, votavano ancora per i repubblicani. Nessun treno vi arrivava: il cartello con la scritta Maycomb Junction si trovava, per gentile concessione della contea di Abbott, a venti miglia di distanza. Il servizio di autobus era irregolare e sembrava non portare da nessuna parte, ma il Governo federale aveva costretto un paio di autostrade a tagliare attraverso le paludi, dando così ai cittadini la possibilità di uscirne liberamente. Poche persone, tuttavia, approfittavano di queste vie di comunicazione; e perché avrebbero dovuto? Se non avevi bisogno di molte cose, lì c’era tutto ciò che ti serviva.
La contea e la città avevano preso il nome da un certo colonnello Mason Maycomb, un uomo la cui mal riposta fiducia in se stesso e la cui smisurata caparbietà erano state causa di confusione e disorientamento in tutti coloro che avevano cavalcato insieme a lui nelle guerre indiane contro i Creek. Il territorio dove si era mosso era vagamente collinare a nord e piatto a sud, ai margini della pianura costiera. Il colonnello Maycomb, convinto che gli indiani detestassero combattere in pianura, li cercava perlustrando le regioni settentrionali. Quando il suo generale lo scoprì a girovagare sulle colline mentre i Creek tendevano agguati nelle pinete del Sud, inviò a Maycomb una staffetta indiana passata al nemico con questo messaggio: Spostati a sud, maledizione. Maycomb, sicuro che si trattasse di un piano dei Creek per attirarlo in una trappola (il loro capo non era forse un diavolo con gli occhi azzurri e i capelli rossi?), fece prigioniera la staffetta e si spostò più a nord fino a quando le sue truppe si persero irrimediabilmente nella foresta primordiale, dove attesero la fine della guerra in preda a una notevole perplessità.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Harper Lee.
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