Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Il miracolo di Danielle Steel, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 9,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Il miracolo: trama del libro
Cresciuta nella splendida cornice del castello di Marmouton, non lontano da Parigi, Marie-Ange ha avuto un’infanzia da favola, ma a soli undici anni un tragico incidente stravolge la sua vita. La ragazzina viene mandata in una sperduta fattoria dello lowa, presso una vecchia prozia arida di sentimenti che la costringe a tagliare i ponti con il passato. Unico affetto è l’amicizia con Billy. Il sogno di ritornare in Francia si avvera quando un’insperata quanto cospicua eredità la mette in condizioni di partire. Il proprietario del castello di Marmouton è ora l’affascinante conte Bernard de Beauchamp, che conquista ben presto il suo cuore e la sua fiducia. Ma un’ombra oscura minaccia la felicità appena raggiunta.
Quinn Thompson, in silenzio sul ponte, assaporava gli ultimi momenti a bordo, gli occhi rivolti alle vele che vibravano al vento. Non lo preoccupavano né il brutto tempo né le acque agitate: era un vero lupo di mare.
La Victory era un cinquanta metri con motori ausiliari, noleggiato da un conoscente con il quale Quinn faceva spesso affari a Londra. Quell’anno il proprietario aveva avuto qualche problema economico, e Thompson aveva potuto prendere a nolo l’imbarcazione già dal mese di agosto. Il periodo trascorso a bordo si era rivelato decisamente felice e positivo. Quinn era sano, forte, e si sentiva molto più sereno di quando aveva cominciato il viaggio. Bell’uomo, vigoroso, dall’aspetto giovanile, era rassegnato al proprio destino come non gli capitava ormai da parecchi mesi.
Partito dall’Italia, aveva navigato in acque spagnole e francesi. Nel Golfo del Leone aveva incontrato il tradizionale brutto tempo, ma in fondo aveva solo assaporato il brivido di una burrasca, tanto breve quanto inaspettata. Successivamente aveva fatto vela verso la Svezia e la Norvegia ed era tornato indietro senza fretta, sostando in parecchi porti tedeschi. Aveva vissuto sullo yacht per tre mesi. Quel viaggio gli era servito per concedersi il periodo di distacco di cui aveva bisogno, e aveva utilizzato ogni giorno trascorso in mare per riflettere e riprendersi da quello che era successo. Per settimane non aveva fatto altro che posticipare il ritorno in California. Del resto, non aveva alcuna ragione valida per rientrare a casa. Ma con l’inverno in arrivo, gli era chiaro che non avrebbe potuto rimandare ancora per molto. Il proprietario voleva la Victory nei Caraibi per Natale, come avevano deciso al momento del noleggio. Quinn aveva pagato una cifra da capogiro per quei tre mesi, ma non ne era affatto pentito. I soldi non significavano niente per un uomo come lui: dal punto di vista economico e professionale era stato molto fortunato.
I mesi sulla barca erano serviti anche a ricordargli fino a che punto amasse la vela. Non soffriva la solitudine; gli faceva piacere, anzi, era una delle poche persone al mondo capaci di apprezzarla; anche l’equipaggio si era rivelato esperto e discreto. Gli uomini erano rimasti assai colpiti dalle sue capacità e avevano compreso subito che della Victory Quinn sapeva molto di più del suo padrone. Ma per lui l’imbarcazione era stata soprattutto un mezzo per evadere da un presente complicato, una sorta di porto sicuro. Gli era piaciuto in modo particolare il periodo che aveva passato nei fiordi: gli era sembrato che la loro austera bellezza si confacesse ai suoi gusti più delle località costiere romantiche e festose del Mediterraneo, che aveva evitato accuratamente.
Il suo bagaglio era pronto in cabina e Quinn si rese conto che, una volta sceso a terra, sarebbero bastate soltanto poche ore a cancellare la sua presenza sulla barca. L’equipaggio era composto da sei uomini e una donna, la moglie del capitano, che era la cameriera di bordo. Anche lei era stata cortese e piena di discrezione, ma di rado si era trattenuta a parlare con Quinn. Lui e il capitano, invece, si erano fatti buona compagnia. Come il proprietario dello yacht, tutto l’equipaggio era inglese.
«Mi spiace che il mare sia mosso proprio quando stiamo entrando in porto», disse il capitano con un sorriso, mentre raggiungeva Quinn sul ponte. Lui si voltò a salutarlo con un cenno del capo, imperturbabile di fronte alle ondate sempre più grosse che s’infrangevano contro la prua e alla pioggia che scrosciava incessante. Si era attrezzato contro il maltempo e, in realtà, gli piaceva la sfida del vento che si accaniva contro la velatura, del mare in burrasca e di una tempesta occasionale; l’unica cosa che lo impensieriva era lasciare la barca. Lui e il capitano avevano trascorso ore intere a parlare di viaggi e dei luoghi esotici che avevano visitato nella vita. Il capitano era rimasto colpito dalle sue conoscenze sulla vela; gli era parso un uomo dalla personalità sfaccettata e di notevoli capacità. A tutto ciò andava aggiunto che era una vera e propria leggenda nel mondo della finanza internazionale. Il proprietario dello yacht glielo aveva raccontato prima che Quinn arrivasse, precisando che pur essendo nato in una famiglia di umili condizioni era stato capace di costruire un patrimonio favoloso. Lo aveva definito brillante e, dopo il periodo trascorso con lui, il capitano non poteva che essere d’accordo. Quinn Thompson era un uomo che molti ammiravano, qualcuno temeva e pochi odiavano, in qualche caso con validi motivi. Andava dritto al sodo, era sicuro di sé, potente e capace di essere spietato.
Il capitano sapeva che la primavera precedente Quinn aveva perso la moglie; lui stesso ne aveva fatto il nome un paio di volte. A volte lo aveva osservato, lì, sul ponte, con un’espressione malinconica, e all’inizio c’erano stati giorni in cui il suo viso tradiva l’umore nero in maniera più evidente. Ma per la maggior parte delle ore in cui erano rimasti fianco a fianco sul ponte, Quinn non si era lasciato andare alle confidenze. Il capitano sapeva che aveva una figlia, perché in una occasione vi aveva accennato, ma di rado parlava di lei. Era un uomo che non aveva problemi a condividere le proprie idee con gli altri, ma non altrettanto poteva dirsi dei sentimenti.
«Dovrebbe fare al signor Barclay un’offerta per la Victory, signore», disse il capitano in tono speranzoso mentre l’equipaggio ammainava le vele e lui accendeva il motore, lanciando un’occhiata furtiva a Quinn. Per tutta risposta l’uomo sorrise. Era difficile conquistare uno dei suoi sorrisi, ma ne valeva la pena. Gli illuminavano il viso come il sole d’estate. Per il resto del tempo lo si sarebbe detto una persona che si era smarrita nel cuore dell’inverno.
«Ci ho già pensato anch’io», ammise Quinn, «ma non credo che quell’uomo sia disposto a vendere.» Lo aveva chiesto a John Barclay prima di stipulare il contratto di noleggio, ma lui aveva confessato che l’avrebbe venduta soltanto se fosse stato costretto dalle circostanze e che avrebbe preferito rinunciare alla moglie e ai figli piuttosto che alla barca, un punto di vista che Thompson comprendeva e rispettava pienamente.
In quegli ultimi mesi Quinn si era gingillato con l’idea di comprare una barca. Erano anni che non ne possedeva più una e adesso non esistevano più ostacoli.
«Lei dovrebbe avere una barca, signore», azzardò a dire il capitano. Gli sarebbe piaciuto lavorare per Quinn. Era un uomo duro e difficile, ma corretto e rispettoso; veleggiare insieme con lui era un’esperienza emozionante. Con la Victory aveva fatto cose e visto luoghi nei quali John Barclay non si sarebbe mai sognato di avventurarsi. Tutto l’equipaggio aveva trovato entusiasmanti quei mesi trascorsi in mare. E anche Quinn, dal momento in cui aveva messo piede a bordo, aveva capito che l’acquisto di una barca sarebbe stato il modo perfetto per andarsene definitivamente da San Francisco. Aveva già deciso di vendere la casa e stava pensando di reinvestire in un appartamento in qualche città europea. Aveva sessantun anni, da quasi due si era ritirato dal mondo degli affari, e adesso che Jane non c’era più non aveva nessuna ragione valida per rimanere in California. E una barca avrebbe potuto restituirgli la gioia di vivere.
«Sono giunto anch’io alla stessa conclusione», disse piano Quinn. Non sopportava l’idea di lasciare la Victory. Sapeva che nel giro di un paio di giorni sarebbe ripartita per Gibilterra e successivamente si sarebbe spostata fino a St. Martin, dove il proprietario la stava aspettando. «Lei sa se c’è qualcosa di simile a questo yacht in vendita al momento?» domandò con interesse.
«Temo non ci sia niente che possa rispondere alle sue richieste, e in ogni caso nessuna barca a vela», rispose il capitano, mentre teneva gli occhi fissi davanti a sé, scrutando la rotta, e meditava sulla domanda. A cambiare di mano erano sempre le grandi imbarcazioni a motore, ma gli yacht a vela, belli come la Victory, erano più difficili da trovare. Nella maggior parte dei casi i proprietari ne erano innamorati, e difficilmente vi avrebbero rinunciato. Mentre stava riflettendo, il primo ufficiale salì sul ponte. Il capitano gli girò la domanda, e quando il giovanotto rispose con un cenno di assenso negli occhi di Quinn balenò un lampo di interesse.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice newyorchese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Danielle Steel.
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