Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Il mondo perduto di Michael Crichton. Il romanzo è pubblicato in Italia da Garzanti con un prezzo di copertina di 9,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 5% di sconto)
Il mondo perduto: trama del libro
Sei anni dopo il disastro su Isla Nublar, l’egocentrico paleontologo Richard Levine indaga su misteriosi ritrovamenti di carcasse di rettili, messe a tacere dalle autorità della Costa Rica. Tali indagini lo portano a conoscenza di Isla Nublar, l’isola dove sorgeva il parco dei dinosauri e anche del fatto che essa era in realtà soltanto un parco per turisti; i dinosauri venivano in realtà creati nella vicina Isla Sorna, il cosiddetto “Sito B” (ora abbandonato e fuori controllo) dove, dopo la distruzione del Jurassic Park, hanno continuato a vivere e proliferare all’insaputa di tutto il mondo. E quando giunge una chiamata d’aiuto, Ian Malcolm (il teorico del caos di Jurassic Park) non può tirarsi indietro. Con lui, ad affrontare la nuova avventura nel “Mondo perduto” (un titolo che riprende un noto testo di Arthur Conan Doyle…), una bella scienziata, un simpatico paleontologo e due fratellini.
Approfondimenti sul libro
L’ebook di Il mondo perduto (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di euro 6,99.
Sotto il caldo sole estivo che batteva sul cortile, il contrasto tra i due era ancor più evidente: Malcolm tutto in nero, curvo e ascetico, appoggiato al bastone; la Harding solida e muscolosa, sprizzante gioventù ed energia, in calzoncini e maglietta, i neri capelli corti tenuti indietro dagli occhiali da sole. Il suo campo di studio erano i carnivori africani, leoni e iene. Il giorno successivo sarebbe partita per Nairobi.
I due erano diventati amici ai tempi in cui Malcolm aveva subito una lunga serie di interventi chirurgici. La Harding, a Austin per un anno sabbatico, aveva aiutato Malcolm a ristabilirsi dopo le numerose operazioni. Per un certo periodo sembrò che tra i due ci fosse del tenero, e che Malcolm, scapolo incallito, fosse sul punto di sposarsi. Ma poi lei era tornata in Africa e lui era andato a Santa Fe. Quale che fosse la natura del rapporto che li aveva uniti, adesso erano solo amici.
Stavano discutendo le questioni emerse alla fine della conferenza. Secondo Malcolm, si era trattato solo di obiezioni prevedibili: le estinzioni in massa erano importanti; gli esseri umani dovevano la loro esistenza all’estinzione verificatasi nel Cretacico, che aveva eliminato i dinosauri, consentendo l’affermarsi dei mammiferi. Per dirla nei termini pomposi di uno dei presenti: «Il Cretacico ha consentito alla nostra consapevolezza senziente di sbocciare sul pianeta».
La risposta di Malcolm era stata immediata: «Che cosa le fa pensare che gli esseri umani siano senzienti e consapevoli? Non ve n’è prova alcuna. Gli esseri umani non pensano mai con la loro testa: lo trovano troppo scomodo. Perlopiù i membri della nostra specie si limitano a ripetere ciò che viene loro detto… e quando si imbattono in punti di vista diversi dai loro, restano sconcertati. Il tratto caratteristico dell’uomo non è la consapevolezza bensì il conformismo, e il risultato sono le guerre di religione. Altri animali lottano per il territorio o per il cibo, mentre gli uomini, unici nel mondo animale, si scontrano per le loro “convinzioni”. Ciò avviene perché sono le convinzioni a guidare il comportamento, che, per gli esseri umani, è importante sotto l’aspetto evolutivo. Ma in un momento in cui il nostro comportamento potrebbe portarci all’estinzione, non vedo ragione alcuna per credere nella nostra consapevolezza. Siamo dei conformisti cocciuti e autodistruttivi. Qualsiasi altra visione della nostra specie è un’illusione dettata dall’autocompiacimento. La prossima domanda, prego».
Sarah Harding rise mentre attraversavano il cortile. «Questo non gli è piaciuto».
«Ammetto che è scoraggiante», rispose lui. «Ma non possiamo farci nulla». Scosse il capo. «Benché qui siano riuniti alcuni tra i massimi scienziati del paese, non vengono fuori… idee interessanti. A proposito, che ne sai del tizio che mi ha interrotto?».
«Richard Levine?». Sarah sorrise. «Irritante, vero? È noto in tutto il mondo per essere un rompiscatole».
Malcolm borbottò: «Ci credo».
«È ricco, questo è il problema», disse Sarah. «Sai cosa sono le bambole Becky?».
«No», rispose Malcolm lanciandole un’occhiata.
«Be’, tutte le bambine d’America lo sanno. C’è tutta una serie: Becky e Sally e Frances, e tante altre. Sono le classiche bambole Vecchia America. Levine è l’erede dell’azienda che le produce. E quindi è il tipico riccastro saccentone. Impulsivo, fa tutto quel che gli salta in mente».
Malcolm annuì. «Hai tempo per il pranzo?».
«Certo. Dovrei essere a…».
«Dottor Malcolm! Aspetti! Per favore! Dottor Malcolm!».
Il matematico si girò. La figura allampanata di Richard Levine stava avvicinandosi.
«Oh cazzo», borbottò Malcolm.
«Dottor Malcolm», disse Levine affiancandoli. «Mi stupisce che lei non abbia preso più seriamente la mia proposta».
«E come avrei potuto?», ribatté Malcolm. «È assurda».
«Sì, ma…».
«La signorina Harding ed io stavamo andando a pranzo», disse il matematico indicando Sarah.
«Sì, ma secondo me lei farebbe bene a ripensarci», insistette Levine. «Perché ritengo che la mia ipotesi sia valida: è del tutto possibile, persino probabile, che i dinosauri esistano ancora. Come lei certamente saprà, circolano voci insistenti su certi animali in Costa Rica, dove, se non vado errato, lei ha soggiornato per un certo tempo».
«Sì, e nel caso del Costa Rica le posso dire che…».
«Anche nel Congo», continuò Levine. «Per anni i pigmei hanno segnalato la presenza di un grande sauropode, forse addirittura un apatosauro, nella foresta vicino a Bokambu. E nelle giungle della provincia di Irian Jaya è stata segnalata la presenza di un animale delle dimensioni di un rinoceronte, che forse è un ceratopside sopravvissuto…».
«Fantasie», ribatté Malcolm. «Pure fantasie. Non è mai stato visto nulla. Nessuna foto. Nessuna prova concreta».
«Può darsi», insistette Levine. «Ma l’assenza di prove non è una prova di inesistenza. Sono convinto che potrebbe benissimo esserci un luogo in cui sopravvivono questi animali del passato».
Malcolm si strinse nelle spalle: «Tutto è possibile».
«Ma la sopravvivenza è possibile», insistette Levine. «Continuo a ricevere segnalazioni di nuovi animali in Costa Rica. Resti, frammenti».
Malcolm fece una pausa prima di chiedere: «Di recente?».
«Non da qualche tempo».
«Ehmm», esitò Malcolm. «Lo immaginavo».
«L’ultima segnalazione l’ho avuta nove mesi fa», disse Levine. «Ero in Siberia alla ricerca di quel cucciolo di mammut congelato, e non sono riuscito a tornare in tempo. Ma mi è stato detto che si trattava di una sorta di enorme lucertolone, trovato morto nella giungla del Costa Rica».
«E che ne è stato di quell’animale?»
«I resti sono stati bruciati».
«Quindi non ne rimane traccia?».
«Appunto».
«Nessuna foto? Nessuna prova?».
«A quanto sembra, no».
«E allora è solo una frottola», disse Malcolm.
«Può darsi. Ma io credo valga la pena di organizzare una spedizione per fare una verifica».
Malcolm lo fissò. «Una spedizione? Per trovare un ipotetico Mondo Perduto? Chi la finanzierebbe?».
«Io», rispose Levine. «Ho già messo a punto i piani preliminari».
«Ma costerebbe una…».
«Il costo non m’importa», rispose Levine. «Resta il fatto che la sopravvivenza è possibile, che si è verificata in una varietà di specie di altri generi, e quindi non si può escludere che esistano dei sopravvissuti del Cretacico».
«Fantasie», ripeté Malcolm, scuotendo il capo.
Levine lo fissò a lungo prima di riprendere. «Dottor Malcolm, devo dire che il suo atteggiamento mi sorprende. Lei ha appena illustrato una tesi, e io le offro l’opportunità di provarla. Pensavo che avrebbe colto al volo la mia offerta».
«Ho smesso di volare tempo fa», disse Malcolm.
«Ma invece di prendermi sul serio, lei…».
«I dinosauri non m’interessano», lo interruppe Malcolm.
«Ma i dinosauri interessano a tutti».
«Non a me». Si girò facendo perno sul bastone e fece per allontanarsi.
«A proposito», disse Levine. «Cosa faceva in Costa Rica? Mi risulta che sia stato là quasi un anno».
«Ero in un letto d’ospedale. Non hanno potuto spostarmi dal reparto cura intensiva per sei mesi. Neppure per caricarmi su un aereo».
«Sì, so che ha avuto un incidente», disse Levine. «Ma cosa faceva da quelle parti? Stava per caso cercando dei dinosauri?».
Malcolm socchiuse gli occhi nella vivida luce del sole e si appoggiò al bastone. «No, proprio per niente», rispose.
Erano seduti intorno a un tavolino d’angolo del Guadalupe Cafè, sull’altra sponda del fiume. Sarah Harding beveva una birra Corona dalla bottiglia scrutando i due uomini davanti a lei. Levine sembrava contento di trovarsi lì con loro, come se essere a quel tavolo fosse una vittoria. Malcolm sembrava stanco, come un genitore che ha passato troppo tempo con un bambino iperattivo.
«Vuol sapere che cosa ho sentito dire?», chiese Levine. «Ho saputo che un paio d’anni fa una società di nome InGen, avvalendosi delle tecniche dell’ingegneria genetica, ha prodotto dei dinosauri e li ha introdotti in un’isola del Costa Rica. Ma qualcosa è andato storto, un sacco di gente è stata uccisa e i dinosauri sono stati sterminati. E ora nessuno ne vuol più parlare, per via di certi inghippi legali. Un vincolo di riservatezza, o qualcosa del genere. E il governo del Costa Rica non vuole danneggiare il turismo. Quindi tutti tacciono. Ecco cosa ho sentito».
Malcolm gli lanciò un’occhiata. «E lei ci crede?».
«In un primo momento mi è parso impossibile», rispose Levine. «Però le voci hanno continuato a circolare con insistenza. Presumibilmente, nell’isola c’era lei, con Alan Grant e altre persone».
«Ha chiesto conferma a Grant?».
«Sì, l’anno scorso a una conferenza a Pechino. Mi ha detto che era un’assurdità».
Malcolm fece un lento cenno d’assenso.
«Anche lei è di quest’avviso?», chiese Levine sorseggiando la birra. «Lei conosce Grant, vero?».
«No. Non ci siamo mai conosciuti».
Levine teneva gli occhi fissi su di lui. «Quindi non è vero?».
Malcolm sospirò. «Ha presente il concetto di tecnomito? La tesi di base, sviluppata da Geller a Princeton, è che, avendo perso tutti i vecchi miti – Orfeo ed Euridice, Perseo e Medusa -, abbiamo colmato questo vuoto con i tecnomiti moderni. Geller ne ha elencati circa una dozzina. Uno è quello dell’alieno che vive in un hangar nella base aeronautica di Wright-Patterson. Un altro è l’invenzione di un carburatore che fa duecentoquaranta chilometri con tre litri di benzina, che però non viene sfruttato dai fabbricanti di auto che ne hanno acquistato il brevetto. Poi c’è la storia dei bambini russi addestrati in tecniche extrasensoriali in una base segreta in Siberia, i quali sarebbero in grado di uccidere in qualunque parte del globo con la forza del pensiero. E la leggenda che vorrebbe vedere nei tracciati di Nazca, in Perù, un porto spaziale degli alieni. La CIA avrebbe diffuso il virus dell’AIDS per uccidere gli omosessuali. Nikola Tesla aveva scoperto un’incredibile fonte di energia, ma i suoi appunti sono andati perduti. A Istanbul c’è un disegno risalente al X secolo che mostra la Terra vista dallo spazio. Lo Stanford Research Institute ha trovato un tizio il cui corpo brilla nel buio. Rendo l’idea?».
«Quindi, secondo lei, i dinosauri della InGen sono un mito», rispose Levine.
«Ma certo. Per forza. Le pare che sia possibile ricreare un dinosauro con le tecniche dell’ingegneria genetica?».
«Gli esperti sostengono che non è possibile».
«E hanno ragione», concluse Malcolm. Lanciò un’occhiata a Sarah quasi a sollecitare una conferma. Lei non disse nulla e si limitò a sorseggiare la birra.
In realtà, la Harding sapeva qualcosa di più su quei dinosauri. Una volta, dopo un intervento chirurgico, nel delirio indotto dall’anestesia e dagli analgesici, Malcolm aveva borbottato delle sciocchezze. E, rigirandosi nel letto apparentemente terrorizzato, aveva ripetuto i nomi di diversi tipi di dinosauro. Sarah aveva chiesto spiegazioni a un’infermiera, la quale le aveva detto che Malcolm si comportava così dopo ogni operazione. In ospedale si riteneva che fosse un incubo indotto dai medicinali, anche se si aveva la netta impressione che il matematico stesse rivivendo una qualche terribile esperienza reale. Un’impressione rafforzata dai termini familiari con cui Malcolm parlava dei dinosauri, chiamandoli «raptor», «compi» e «trice». Sembrava temere in particolar modo i raptor.
In seguito, quando lui era stato dimesso, lei gli aveva posto delle domande su quei deliri. Malcolm le aveva eluse con una pessima battuta: «Perlomeno non ho nominato altre donne, vero?». E poi aveva detto qualcosa sulla sua passione infantile per i dinosauri, e sulla regressione che si accompagna alle malattie. Si era mostrato studiatamente indifferente, come se la questione non avesse alcuna importanza, e Sarah aveva avuto la netta sensazione che volesse evitare l’argomento. Ma aveva preferito non insistere: all’epoca era innamorata di lui e voleva mostrarsi indulgente.
Adesso, con quell’occhiata, sembrava curioso di sapere se lei lo avrebbe contraddetto. La Harding si limitò a sollevare un sopracciglio e a ricambiare lo sguardo. Malcolm doveva avere le sue buone ragioni. A lei non restava che attendere.
Levine si protese sul tavolo e disse: «Insomma, la storia della InGen è del tutto falsa?».
«Assolutamente», confermò Malcolm con un severo cenno del capo. «Assolutamente».
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore e regista statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Michael Crichton.
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