Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La musica del caso di Paul Auster. Il romanzo è pubblicato in Italia da Einiaudi con un prezzo di copertina di 11,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
La musica del caso: trama del libro
Un’eredità imprevista determina una svolta nella vita di Jim Nashe, il protagonista della “Musica del caso”. Jim molla il lavoro, lascia sua figlia e, alla guida di una fiammante Saab 900, vagabonda per un anno intero avanti e indietro attraverso l’America. Sempre casualmente incontra Jack Pozzi, un giovanissimo giocatore d’azzardo, reduce da una rocambolesca avventura notturna. Con ciò che resta dell’eredità di Nashe i due decidono di portare avanti il progetto di Pozzi: battere a poker Flower e Stone, due miliardari per caso (hanno vinto una grossa somma con un biglietto della lotteria). Ma le cose non vanno nel modo sperato. Così quello che sembrava essere un classico romanzo on the road, con un eroe che attraversa l’America sconfinata, si trasforma in un altro tipo di avventura: un romanzo sull’azzardo, e sul potere sconfinato del Caso.
Approfondimenti sul libro
In ebook La musica del caso (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 6,99 euro.
Tutto si ridusse alla sequenza, all’ordine degli eventi. Se l’avvocato non ci avesse messo sei mesi a trovarlo, non sarebbe mai stato per strada il giorno in cui incontrò Jack Pozzi, e di conseguenza nessuna delle cose che derivarono da quell’incontro sarebbe mai accaduta. Nashe trovava sconvolgente pensare alla sua vita in questi termini, ma il fatto fu che suo padre era morto da un mese buono quando Thérèse lo piantò, e se lui avesse avuto una vaga idea del denaro che stava per ereditare, probabilmente sarebbe riuscito a convincerla a restare. Anche se lei non fosse rimasta, non ci sarebbe stato alcun bisogno di portare Juliette in Minnesota a vivere con sua sorella, e quella sola cosa sarebbe bastata a impedirgli di fare ciò che poi fece. Ma allora aveva ancora il lavoro (era pompiere), e come poteva prendersi cura di una bambina di due anni quando il suo mestiere lo costringeva a star fuori di casa a qualunque ora del giorno e della notte? Se avesse avuto un po’ di soldi, avrebbe assunto una donna che abitasse con loro e badasse a Juliette, ma se avesse avuto un po’ di soldi non avrebbero affittato il piano terra di una misera casa bifamiliare a Somerville, e soprattutto Thérèse non sarebbe mai scappata via. Non che il suo stipendio fosse cosí basso, ma la malattia di sua madre, quattro anni prima, aveva prosciugato le sue risorse, e stava ancora pagando le rate mensili della casa di riposo in Florida dove era morta. Date le premesse, la casa di sua sorella gli era sembrata l’unica soluzione. Almeno, Juliette avrebbe avuto la possibilità di vivere in una vera famiglia, di essere circondata da altri bambini e di respirare un po’ d’aria pura, e questo era molto piú di qualsiasi cosa che poteva offrirle lui. Poi, di colpo, l’avvocato riuscí a trovarlo e il denaro gli cadde in grembo. Si trattava di una somma colossale – piú o meno duecentomila dollari, che per Nashe erano una cifra quasi inimmaginabile – ma ormai era già troppo tardi. Troppe cose si erano messe in moto nei cinque mesi trascorsi, e nemmeno i soldi potevano piú fermarle.
Non aveva visto suo padre per piú di trent’anni. L’ultima volta era stato quando aveva due anni, e da allora non avevano avuto piú nessun contatto – non una lettera, non una telefonata, niente. Secondo l’avvocato che si era occupato del suo patrimonio, il padre di Nashe aveva trascorso gli ultimi ventisei anni della sua vita in California, in una piccola città nel deserto, non lontano da Palm Springs. Era proprietario di un negozio di ferramenta, nel tempo libero giocava in borsa, e non si era piú risposato. Si era tenuto il passato per sé, disse l’avvocato, e fu solo quando entrò un giorno nel suo ufficio per fare testamento che Nashe senior disse per la prima volta di avere dei figli. «Stava morendo di cancro, – continuò la voce al telefono, – e non sapeva a chi altri lasciare i soldi. Pensava che avrebbe potuto dividerli tra i suoi due figli – metà a lei e metà a Donna».
– Strano modo di farsi perdonare, – disse Nashe.
– Be’, il vecchio era un tipo strano, non c’è dubbio. Non dimenticherò mai quello che mi disse quando gli domandai di lei e di sua sorella. «Probabilmente mi odiano a morte, – disse, – ma ormai è troppo tardi per piangerci sopra. Mi piacerebbe solo passare da loro dopo che sono crepato – tanto per vedere la faccia che faranno quando gli arriveranno i soldi».
– Mi meraviglio che sapesse dove trovarci.
– Non lo sapeva, – disse l’avvocato. – E mi creda, ci ho messo un’ira di Dio di tempo per rintracciarvi. Ci sono voluti sei mesi.
– Sarebbe stato molto meglio per me se mi avesse telefonato il giorno del funerale.
– Qualche volta hai fortuna, qualche volta no. Sei mesi fa non sapevo nemmeno se lei era vivo o morto.
Provare dolore era impossibile, ma Nashe dava per scontato che sarebbe stato colpito in qualche altro modo – da un sentimento simile alla tristezza, forse, da una tardiva ondata di rabbia e di rimpianti. Era suo padre, dopo tutto, e questo solo fatto avrebbe dovuto far sorgere qualche cupo pensiero sui misteri della vita. Ma accadde che Nashe non sentisse quasi altro che gioia. Il denaro rappresentava qualcosa di cosí straordinario, di cosí monumentale nelle sue conseguenze, che travolse tutto il resto. Senza fermarsi a considerare la faccenda troppo attentamente, pagò il suo debito di trentaduemila dollari alla casa di cura Terre Amabili, andò a comprarsi una macchina nuova (una rossa Saab 900 a due porte – la prima auto non usata che avesse posseduto) e si prese i giorni di vacanza che aveva accumulato negli ultimi quattro anni. La sera prima di lasciare Boston diede una generosa festa in proprio onore, fece baldoria con gli amici fino alle tre del mattino e poi, senza curarsi di andare a letto, saltò sulla sua macchina nuova e andò in Minnesota.
Fu là che cominciò a sentirsi crollare il mondo addosso. Nonostante tutte le feste e i ricordi a cui lui e Juliette si abbandonarono in quei giorni, Nashe si rese gradualmente conto che la situazione era irreparabile. Era stato troppo a lungo lontano da lei, e adesso che era tornato a riprenderla, era come se Juliette non si ricordasse di lui. Aveva creduto che bastassero le telefonate, che quelle conversazioni due volte la settimana l’avrebbero comunque tenuto vivo nella sua memoria. Ma che ne sanno i bambini di due anni delle telefonate interurbane? Per sei mesi non era stato per lei che una voce, una vaporosa collezione di suoni, e a poco a poco si era trasformato in un fantasma. Anche dopo due o tre giorni che lui era in casa, Juliette continuava a essere timida ed esitante, a ritrarsi di fronte ai suoi tentativi di afferrarla come se non credesse piú interamente alla sua esistenza. Era diventata parte della sua nuova famiglia, e lui era poco piú di un intruso, un alieno piombato da un altro pianeta. Si maledisse per averla lasciata lí, per aver organizzato le cose cosí bene. Adesso Juliette era l’adorata principessina della famiglia. C’erano tre cuginetti piú grandi con cui giocare, c’era il labrador, c’era il gatto, c’era l’altalena nel cortile, c’era tutto quello che potesse desiderare. Pensava con irritazione che suo cognato aveva usurpato l’affetto di Juliette, e col passare dei giorni faceva sempre piú fatica a non mostrare il suo risentimento. Ray Schweikert, un ex giocatore di football che era diventato professore di matematica e allenatore della squadra della scuola, era sempre parso a Nashe una specie di testa di legno, ma non c’erano dubbi che coi bambini ci sapeva fare. Era Mister Bontà, il babbo americano dal cuore grande cosí, e con Donna a tenere insieme le cose, la famiglia era solida come una roccia. Adesso Nashe aveva un po’ di soldi, ma le cose erano davvero cambiate? Cercò di immaginare i vantaggi per Juliette se fosse tornata a Boston a vivere con lui, ma non riuscí a mettere insieme una sola ragione a sua difesa. Voleva essere egoista, non rinunciare ai suoi diritti, ma cominciò a mancargli il coraggio, e alla fine si arrese all’ovvia verità. Se avesse strappato Juliette a quel mondo le avrebbe fatto piú male che bene.
Quando disse a Donna ciò che stava per fare, lei cercò di dissuaderlo usando molti degli argomenti che aveva tirato fuori dodici anni prima, quando le aveva detto che stava pensando di lasciare l’università: non essere avventato, aspetta un po’, non tagliare i ponti dietro di te. Aveva quell’aria preoccupata da sorella maggiore che le aveva visto indosso per tutta la sua infanzia, e anche adesso, tre o quattro vite dopo, sapeva che lei era l’unica persona al mondo di cui poteva fidarsi. Andarono avanti a parlare fino a tardi, seduti in cucina, molto tempo dopo che Ray e i bambini erano andati a letto, ma nonostante tutta la passione e il buon senso di Donna, finí proprio come dodici anni prima: Nashe la fiaccò finché lei si mise a piangere, e poi andò avanti per la sua strada.
La sua unica concessione fu che avrebbe aperto un fondo fiduciario per Juliette. Donna si accorse che lui era sul punto di commettere una follia (e gliel’aveva detto quella notte), e prima che desse fondo all’intera eredità, voleva che ne mettesse in salvo una parte, in un posto dove non potesse essere toccata. La mattina dopo Nashe passò due ore col direttore della Northfield Bank e concluse le pratiche necessarie. Si trascinò in giro per il resto della giornata e parte della seguente, e poi rifece le valigie e le caricò nel bagagliaio della macchina. Era un caldo pomeriggio di fine luglio, e l’intera famiglia uscí sul prato di fronte alla casa per salutarlo. Uno dopo l’altro, abbracciò e baciò i bambini, e quando alla fine venne il turno di Juliette, distolse gli occhi dai suoi sollevandola in braccio e premendo il volto contro il suo collo. «Fa’ la brava, – disse. – Non dimenticarti che papà ti vuol bene».
Aveva detto loro che contava di tornare in Massachusetts, ma, senza sapere come, si trovò ben presto a viaggiare nella direzione opposta. Questo avvenne perché mancò la rampa di accesso all’autostrada – un errore abbastanza comune – ma invece di fare trenta chilometri in piú per prendere l’autostrada nella direzione giusta, imboccò impulsivamente la rampa successiva, ben sapendo che aveva preso la strada sbagliata. Fu una decisione improvvisa e non premeditata, ma nel breve tempo che passò fra le due rampe Nashe si rese conto che non c’era differenza, che in fondo le due rampe erano una sola. Aveva detto Boston, ma era solo perché doveva dir loro qualcosa, e Boston fu la prima parola che gli venne in mente. Dato che nessuno si aspettava di vederlo là per altre due settimane, e aveva cosí tanto tempo a disposizione, perché preoccuparsi di tornare indietro? Era una prospettiva vertiginosa: immaginare tutta quella libertà, capire quanto poco importava la sua scelta, qualunque fosse. Poteva andare ovunque volesse, poteva fare qualunque cosa si sentisse di fare, e non c’era nemmeno una persona al mondo che ci avrebbe badato. Finché non fosse tornato, avrebbe potuto anche essere invisibile.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Paul Auster.
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