Nemesi: la trama del libro
Al centro di “Nemesi” c’è un animatore di campo giochi vigoroso e solerte, Bucky Cantor, lanciatore di giavellotto e sollevatore di pesi ventitreenne che si dedica anima e corpo ai suoi ragazzi e vive con frustrazione l’esclusione dal teatro bellico a fianco dei suoi contemporanei a causa di un difetto della vista. Ponendo l’accento sui dilemmi che dilaniano Cantor e sulla realtà quotidiana cui l’animatore deve far fronte quando nell’estate del 1944 la polio comincia a falcidiare anche il suo campo giochi, Roth ci guida fra le più piccole sfaccettature di ogni emozione che una simile pestilenza può far scaturire: paura, panico, rabbia, confusione, sofferenza e dolore. Spostandosi fra le strade torride e maleodoranti di una Newark sotto assedio e l’immacolato campo estivo per ragazzi di Indian Hill, sulle vette delle Pocono Mountains – la cui “fresca aria montana era monda d’ogni sostanza inquinante” -, “Nemesi” mette in scena un uomo di polso e sani principi che, armato delle migliori intenzioni, combatte la sua guerra privata contro l’epidemia. Roth è di una tenera esattezza nel delineare ogni passaggio della discesa di Cantor verso la catastrofe, e non è meno esatto nel descrivere la condizione infantile.
Edito da EINAUDI nel 2013 • Pagine: 182 • Compra su Amazon
Al centro di "Nemesi" c'è un animatore di campo giochi vigoroso e solerte, Bucky Cantor, lanciatore di giavellotto e sollevatore di pesi ventitreenne che si dedica anima e corpo ai suoi ragazzi e vive con frustrazione l'esclusione dal teatro bellico a fianco dei suoi contemporanei a causa di un difetto della vista. Ponendo l'accento sui dilemmi che dilaniano Cantor e sulla... → CONTINUA SU AMAZON
Anche negli anni con un numero di casi nella media, quando le probabilità di contrarre la polio erano molto minori che nel 1916, una malattia capace di paralizzare un giovanotto rendendolo permanentemente invalido, deforme o impossibilitato a respirare al di fuori di quel cilindro metallico chiamato polmone d’acciaio – e capace anche di portare dalla paralisi dei muscoli respiratori alla morte – creava grande inquietudine nei genitori del nostro quartiere, e turbava la tranquillità d’animo dei bambini che nei mesi estivi erano liberi dalla scuola e potevano giocare fuori per tutta la giornata fin nel lungo crepuscolo serale. L’apprensione per le atroci conseguenze cui andava incontro chi si ammalava gravemente di polio era peggiorata dal fatto che non esistesse alcuna medicina in grado di curare la malattia, né alcun vaccino capace di immunizzare da essa. La polio – o paralisi infantile, come la si chiamava quando si pensava che infettasse soprattutto i bambini piccoli – poteva colpire chiunque, senza alcuna ragione apparente. Benché a soffrirne di solito fossero i minori di sedici anni, anche gli adulti potevano venirne contagiati, come era accaduto al presidente degli Stati Uniti in carica.Franklin Delano Roosevelt, la piú celebre vittima della poliomielite, aveva contratto la malattia quando era nel pieno vigore dei suoi trentanove anni e, da allora, per camminare aveva bisogno che qualcuno lo sostenesse e, anche cosí, per reggersi in piedi doveva portare pesanti tutori ortopedici in cuoio e acciaio che lo fasciavano dalle anche ai piedi. L’istituzione caritatevole fondata da FDR mentre era alla Casa Bianca, la March of Dimes, raccoglieva denaro per la ricerca e per l’assistenza finanziaria alle famiglie degli ammalati; una guarigione parziale o anche completa era possibile, ma perlopiú solo dopo mesi o anni di costose terapie ospedaliere e fisioterapiche. Nel corso dell’annuale campagna di raccolta fondi, per contribuire alla lotta contro la malattia nelle scuole i giovani americani donavano i loro dimes, le monete da dieci centesimi, e al cinema li lasciavano cadere nei barattoli per la questua fatti girare dalle maschere, mentre in tutto il paese, alle pareti di negozi e uffici e nei corridoi delle scuole, comparivano manifesti che proclamavano «Anche tu puoi dare il tuo aiuto!» e «Contribuisci a combattere la polio!», manifesti con bambini in sedia a rotelle – una bella bimba con i tutori ortopedici alle gambe che si succhiava timidamente il dito, un bimbo ammodo, anche lui con i tutori ortopedici, che sorrideva eroico e pieno di speranza –, manifesti che rendevano l’eventualità di prendersi la malattia molto piú spaventosamente reale per bambini che quanto al resto erano in salute.
A Newark, in basso com’era, le estati erano molto umide, ed essendo la città in parte circondata da vasti acquitrini – gran fonte di malaria ai tempi in cui anche quella era una malattia incontrollabile –, c’erano sciami di zanzare da scacciare e schiacciare quando la sera ce ne stavamo seduti sulle sedie da spiaggia in vicoli e vialetti cercando all’aperto un po’ di requie dall’afa dei nostri appartamenti, dove per mitigare il caldo infernale non avevamo altro che docce fredde e acqua ghiacciata. Si era prima dell’avvento dell’aria condizionata nelle case, all’epoca in cui i piccoli ventilatori elettrici neri piazzati su un tavolo per creare un po’ di brezza all’interno offrivano ben poco sollievo quando la temperatura si avvicinava ai quaranta gradi, come quell’estate accadde spesso anche per una settimana o dieci giorni di fila. All’esterno, la gente accendeva candele di citronella e si spruzzava di insetticida Flit per tenere a bada zanzare e mosche, già responsabili di aver portato malaria, febbre gialla e tifo, e ora, come sospettavano in molti – a partire dal sindaco Drummond, che aveva lanciato in tutta Newark la campagna «Schiaccia la mosca» –, forse anche la polio. Quando una mosca o una zanzara riuscivano a penetrare oltre le zanzariere di un appartamento o a volare dentro una porta aperta, l’insetto veniva accanitamente inseguito con scacciamosche e Flit, per paura che, posandosi con le sue zampe cariche di germi su un bambino addormentato, lo infettasse con la polio. Dato che allora nessuno conosceva la fonte del contagio, era lecito sospettare pressoché di tutto, inclusi gli scheletrici gatti randagi che prendevano d’assalto i bidoni della spazzatura nel nostro cortile, i cani inselvatichiti che vagabondavano affamati intorno alle case defecando nelle strade e sui marciapiedi, e i piccioni che tubavano negli abbaini imbrattando di guano gessoso i gradini davanti alle porte. Nei primi mesi del manifestarsi della polio – prima che il servizio sanitario la riconoscesse come epidemia –, l’ufficio d’igiene si dedicò al sistematico sterminio dell’enorme popolazione cittadina di gatti randagi, anche se nessuno sapeva se avessero a che fare con la polio piú dei gatti domestici.
Editore: Einaudi
Pagine: 182
Collana: Super ET
eBook: 6,99 euro
Philip Roth è uno dei maggiori scrittori contemporanei e uno dei più importanti romanzieri ebrei di lingua inglese in assoluto. Il suo romanzo più famoso è Pastorale Americana, per il quale Roth ha ricevuto il Premio Pulitzer nel 1998.
Altri libri
Il complotto contro l’America
Il teatro di Sabbath
La macchia umana
Lamento di Portnoy
Pastorale Americana
Everyman
Quando lei era buona
Ho sposato un comunista
L’animale morente
La controvita
Inganno
L’umiliazione
La mia vita di uomo
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