Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Nihal della terra del vento di Licia Troisi, primo volume delle cronache del mondo emerso. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 12,50 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Nihal della terra del vento: trama del libro
Nihal è davvero strana. Nel Mondo Emerso sembra non esserci nessuno come lei: grandi occhi viola, orecchie appuntite, capelli blu. È stata cresciuta da un armaiolo e vive in una delle città-torri della Terra del Vento, giocando a combattere insieme a un gruppo di amici che l’ha eletta capo, in virtù della sua forza e agilità. Un’infanzia spensierata la sua, con solo l’ombra di strani pensieri. Perché è così differente dagli altri? Perché nessuno le parla mai della madre che non ha conosciuto? Per Nihal tutto cambia all’improvviso quando la Terra del Vento viene attaccata dal Tiranno, che già ha conquistato cinque delle otto Terre che compongono il Mondo Emerso. E a Nihal non rimane che una scelta: diventare un vero guerriero e difendere gli innocenti, contando solo su due validi alleati: Sennar, il giovane mago che è diventato il suo “inseparabile amico” e, soprattutto, la sua infallibile spada di cristallo nero, ma per farlo avrà bisogno di un addestramento speciale e sarà Ido che le farà capire quali sono i motivi veri per cui si deve combattere…
Approfondimenti sul libro
Nihal della terra del vento è in vendita anche in formato eBook al prezzo di euro 6,99.
Sul terrazzo in cima alla torre, Nihal si godeva il vento mattutino. Era il posto più elevato di tutta Salazar: da lì si godeva la vista migliore sulla piana, che si srotolava per leghe e leghe a perdita d’occhio. Su quella distesa sconfinata la città spiccava imponente con i suoi cinquanta piani di case, botteghe e stalle. Un’unica immensa torre che conteneva una piccola metropoli di quindicimila persone, stipate nelle sue milleduecento braccia d’altezza.
A Nihal piaceva starsene là sopra da sola, con la brezza a scompigliarle i lunghissimi capelli. Si sedeva sulle pietre a gambe incrociate, con gli occhi chiusi e la spada di legno appoggiata al fianco, come fanno i veri guerrieri. Quando stava lassù era come pacificata. Poteva concentrarsi solo su se stessa, sui suoi pensieri più nascosti, su quella vaga malinconia che certe volte l’abbracciava, sul mormorio lento che ogni tanto sentiva levarsi dal fondo della sua anima.
Ma quello non era uno di quei giorni. Era un giorno di battaglia, e Nihal guardava la pianura come un condottiero desideroso di battersi.
Erano una decina, ragazzetti dai dieci anni in su. Tutti maschi, e lei femmina. Tutti seduti, e lei in piedi tra loro. Il capo: una ragazzina smilza e slanciata, con vividi occhi viola, fluenti capelli di un blu lucido e spropositate orecchie a punta. Non si sarebbe detta forte, a guardarla, ma gli altri pendevano dalle sue labbra.
«Oggi si lotta per le case abbandonate. I fammin stanno tutti là a spadroneggiare. Non sanno di noi e non si aspettano il nostro arrivo: li coglieremo di sorpresa e li scacceremo con la forza delle nostre spade.»
I ragazzini ascoltavano con attenzione.
«Il piano?» chiese il più grassoccio.
«Scenderemo compatti fino al piano sopra le botteghe, poi taglieremo per i condotti di manutenzione dietro le mura; da lì sbucheremo direttamente nel loro nascondiglio. Li prenderemo alle spalle: se non ci facciamo sentire sarà un gioco da ragazzi. Io starò in testa al gruppo; dietro di me la squadra d’attacco.» Un paio di ragazzini annuirono sicuri. «Poi gli arcieri» e tre bimbetti con in mano le fionde fecero un cenno d’intesa «e per finire i fanti. Siete pronti?»
Un coro di sì risuonò entusiasta.
«Allora andiamo!»
Nihal levò in alto la spada e si gettò giù per la botola che conduceva dalla terrazza alla torre, seguita a ruota dal resto della banda.
I ragazzini marciarono compatti per i corridoi che percorrevano il cerchio interno di Salazar, fra gli sguardi divertiti – ma più spesso seccati – degli abitanti della città, che ben conoscevano le epiche battaglie di Nihal e dei suoi.
«Buongiorno, Generale.»
Nihal si voltò. A parlare era un essere alto pressappoco quanto lei, piuttosto tozzo, con il volto interamente coperto da una fitta barba. Uno gnomo. Si esibì in un buffo inchino.
Nihal fece fermare i suoi e si inchinò a sua volta. «Buongiorno a te.»
«Anche oggi a caccia di nemici?»
«Come sempre. Oggi dobbiamo scacciare i fammin dalla Torre.»
«Già, come sempre… Io però, se fossi in te, con i tempi che corrono quel nome non lo pronuncerei con tanta disinvoltura. Nemmeno per gioco.»
«Noi non abbiamo paura!» urlò un ragazzetto dal fondo.
Nihal sorrise spavalda. «Già, non abbiamo paura. E poi di che ti preoccupi? I fammin non stanno simpatici a nessuno, e comunque la Terra del Vento è ancora libera.»
Lo gnomo ridacchiò e le strizzò l’occhio. «Fa’ come vuoi, Generale. Buona battaglia.»
Attraversarono a uno a uno i vari livelli della torre, a passo ritmato, composti come veri soldati. Passarono davanti a case e botteghe, tra il caos di razze e lingue della gente di Salazar, girando in tondo per i corridoi di ogni piano, con il sole che a intervalli regolari li baciava dalle finestre aperte sull’orto centrale. Le torri della Terra del Vento, infatti, erano tutte dotate di un profondo pozzo centrale che aveva una duplice funzione: illuminare meglio gli ambienti della città e ospitare una piccola zona coltivata, occupata da parecchi orti e da qualche frutteto.
Poi Nihal entrò sicura in un vicolo laterale e aprì una porta vecchia e ammuffita. Dietro, l’oscurità più profonda.
«Eccoci.» La ragazzina assunse un’aria solenne. «Da qui in poi nessuna paura, come al solito. Il nostro alto compito non ci permette cedimenti.»
Gli altri annuirono seri, quindi entrarono strisciando nel cunicolo.
Non si vedeva nulla. Anche l’aria era spessa e densa, satura d’odore di chiuso. Dopo un po’ però gli occhi si abituarono all’oscurità e riuscirono a distinguere la scala di gradini umidi e sconnessi che si inabissava nel buio.
«Non sarà mica che oggi qualcuno passa di qua? Ho sentito dire che le mura occidentali hanno delle crepe da riparare…» fece un ragazzino.
«Sono già passati» rispose Nihal. «Un buon comandante prevede anche questo. Basta con le ciance, diamoci da fare!»
I loro passi risuonarono nella cavità ancora per un po’, mescolandosi alle voci al di là del muro. Poi, dopo l’ennesima svolta, silenzio.
«Ci siamo» bisbigliò Nihal col fiato mozzo. Era sempre così, appena prima dell’attacco: il cuore le batteva forte nel petto, il sangue le pulsava alle tempie. Le piaceva quel misto di paura e desiderio di battersi. Le sue dita corsero sul muro fino a trovare una porta di legno. Appoggiò l’orecchio alla parete. I pietroni squadrati erano spessi, ma riusciva ugualmente a cogliere le voci dei ragazzini dall’altra parte.
«Sempre noi. Io mi sono stufato di fare il fammin.»
«Non dirlo a me! L’altra volta Nihal m’ha fatto nero.»
«A me ha spaccato un dente…»
«Quando il capo era Barod almeno si faceva a turno.»
«Sarà, ma io con Nihal mi diverto molto di più. Cavolo, quando combattiamo sembra vero! Mi sento come una cosa dentro… come essere soldati!»
«Comunque è lei la più forte, è giusto che comandi.»
Nihal staccò l’orecchio dal muro e sguainò silenziosa la sua arma. Un istante ancora d’attesa, poi con un calcio buttò giù la porta e lei e i suoi fecero irruzione urlando.
La stanza era ampia e piena di polvere, con grosse ragnatele a fare da tende alle finestre. Una casa di ricchi abbandonata, come tutte le abitazioni di quel piano. Seduti a terra c’erano sei ragazzini con in mano altrettante asce di legno. Nonostante fossero stati presi di sorpresa si alzarono di scatto e la battaglia ebbe inizio.
Nihal sembrava una furia: si gettava con violenza sui nemici, la spada che si muoveva di qua e di là come impazzita. Nella foga del combattimento i contendenti passarono di stanza in stanza, percorrendo tutta l’abitazione, fino al corridoio esterno.
I ragazzini con le asce avevano palesemente la peggio. Si iniziarono a sentire gli “ahi!” di chi prendeva una botta troppo forte.
«Ritirata!» gridò il capo dei fammin. Quelli che erano ancora tutti interi si misero a correre verso le scale.
«Inseguiamoli!» urlò Nihal, e fece per lanciarsi dietro i fuggitivi.
Uno dei suoi la prese per un braccio. «Giù per le botteghe no, Nihal! Se mio padre mi pesca un’altra volta là sotto a combinare guai mi ammazza di botte.»
Nihal si svincolò. «Non combineremo niente, li seguiamo e poi tagliamo per i campi centrali.»
«Sì, dalla padella nella brace…» mormorò tra sé il ragazzino, ma non poté far altro che seguire il suo capitano.
Tutti si precipitarono giù per le scale, e poi via come scalmanati, armi in pugno, verso il piano delle botteghe. Molti negozi si affacciavano sulla strada con nient’altro che la porta d’ingresso e una piccola vetrina che mostrava la mercanzia, ma altri, specie quelli che vendevano ortaggi e frutta, occupavano parte del corridoio con bancarelle e ceste. Nella foga della corsa i ragazzetti urtarono proprio contro uno di quei banchi travolgendo una serie di ignari avventori.
«Dannati scavezzacollo!» urlò il fruttivendolo fuori di sé. «Nihal! Stavolta tuo padre mi sente!»
Ma Nihal continuava a rincorrere i fuggitivi. Mentre scorrazzava con la spada in pugno si sentiva viva e forte. Alcuni dei suoi avevano già catturato i fammin. Restava da acchiappare il loro capo.
«A lui ci penso io!» urlò al suo esercito, quindi chiese uno sforzo supplementare alle gambe. Accelerò e si mise alle calcagna del suo nemico. Il ragazzino poteva quasi sentire il suo fiato sul collo. Si gettò per le scale ma cadde rovinosamente due piani più in basso. Si rialzò dolorante, controllò di essere al piano giusto, quindi si buttò fuori dalla finestra.
Nihal si sporse: erano scesi così tanto che sotto di loro c’erano solo le stalle. Ai piedi della finestra, nel bel mezzo di uno degli orti del giardino centrale della torre, c’era la sua preda accovacciata. Saltò giù senza paura, atterrò in piedi e si lanciò con la spada puntata verso l’avversario, che aveva già le mani alzate.
«Mi arrendo» disse con il fiatone.
Nihal lo raggiunse. «Complimenti, Barod. Sei diventato rapido!»
«Sì, come no. Con te alle costole…»
«Ti sei fatto male?»
Barod si guardò le ginocchia sbucciate. «Io non salto agile come te. Comunque la prossima volta lo fai fare a qualcun altro il capo dei fammin, io mi sono stufato: m’hai fatto più lividi tu…»
La risata di Nihal venne bruscamente interrotta da una voce infuriata.
«Ancora tu! Sono arcistufo, dannazione!»
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice italiana rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Licia Troisi.
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