Ecco la trama di Nome d’arte Doris Brilli, il romanzo di Andrea Vitali con protagonista il maresciallo Maccadò, nonché un’ampia anteprima dal primo capitolo del libro.
Nome d’arte Doris Brilli: trama del libro
La notte del 6 maggio 1928, i carabinieri di Porta Ticinese a Milano fermano due persone per schiamazzi notturni e rissa. Uno è un trentacinquenne, studente universitario provvisto di tesserino da giornalista. Interrogato, snocciola una lista di conoscenze che arriva fino al direttore del «Popolo d’Italia», quel Mussolini fratello di…, per accreditare la sua versione, ovvero che è stato fatto oggetto di adescamento indesiderato.
L’altra è una bella ragazza che, naturalmente, sostiene il contrario. Ma amicizie per farsi rispettare non ne ha, e soprattutto non ha con sé i documenti, per cui devono crederle sulla parola circa l’identità e la provenienza: Desolina Berilli, in arte, essendo cantante e ballerina, Doris Brilli, di Bellano.
E dunque, la mattina dopo, la ragazza viene scortata al paese natio. Che se ne occupi il nuovo comandante, tale Ernesto Maccadò, giovane maresciallo di origini calabresi giunto sulle sponde del lago di Como da pochi mesi. E lui, il Maccadò, turbato per il clima infausto che ha spento l’allegria sul volto della fresca sposa Maristella, coglie al volo l’occasione per fare il suo mestiere, ignaro delle complicazioni e delle implicazioni che il caso Doris Brilli è potenzialmente in grado di scatenare.
ACQUISTALO CON IL 15% DI SCONTO LEGGI RECENSIONI SU AMAZONAlle ore sette e quarantacinque della mattina del 7 maggio 1928, il più vicino al telefono della caserma dei carabinieri di Bellano era l’appuntato Misfatti.
Il carabiniere Beola stava ramazzando la camera di sicurezza, il brigadiere Sciannino era assente per una licenza e il maresciallo Ernesto Maccadò non era ancora arrivato.
Quindi rispose lui.
«Carabinieri Bellano, appuntato Misfatti.»
«Ué, Misfa’!» risuonò all’altro capo del filo.
Misfa’?
«Perdonate, ma chi parla?» chiese l’appuntato, voce e mimica scocciate.
«Toscanelli.»
«Toscanelli?»
«Appuntato Toscanelli. Non ti ricordi?»
Pochi secondi, la nebbia si disperse.
«Aaah!» fece il Misfatti mentre l’altro rideva sguaiato e singultando.
Adesso ricordava.
Ma non ci trovava proprio niente da ridere.
5 giugno 1926, festa dell’Arma, messa a Lecco e successivo pranzo presso la trattoria Del Gozzo.
Il Misfatti vi aveva preso parte in rappresentanza della caserma bellanese e a tavola s’era trovato faccia a faccia con quel Toscanelli, chiacchieratore e barzellettiere di conio che non aveva lasciato scampo ai commensali intorno a lui, liberi solo di unirsi nei brindisi alla salute dell’Arma, che erano stati numerosi.
Numerosissimi a dire il vero.
A un certo punto il Misfatti aveva davanti a sé due Toscanelli, uno verso destra, l’altro verso sinistra, senza la possibilità di capire quale fosse quello vero. Pure le chiacchiere del Toscanelli, tetragono agli effetti di vino, grappa e compagnia bella, erano diventate puro suono di voce fino al momento in cui il sonno s’era abbattuto sul povero appuntato, di solito quasi astemio.
Onde evitare che il collega prendesse la via di casa in quelle condizioni, il Toscanelli aveva ottenuto dal padrone della trattoria che gli mettesse a disposizione una branda. Il Misfatti s’era lasciato convincere e aveva dormito per oltre tre ore. Si era svegliato solo alle sei di sera, di nuovo sobrio seppur confuso e prevedendo disastri poiché immaginava quello che l’attendeva, avendo promesso alla moglie che, massimo alle tre, sarebbe stato di ritorno e poi l’avrebbe accompagnata dal fioraio Assimori per acquistare piante onde abbellire le finestre di casa al pari delle coinquiline.
La signora Misfatti l’aveva atteso invano e allo scadere dell’accademico ritardo era volata in caserma facendo il diavolo a quattro e a otto, se possibile.
Dopo che una telefonata alla trattoria Del Gozzo, cui aveva risposto un inserviente di nulla informato, aveva chiarito che di convenuti al pranzo dell’Arma non c’era più traccia, l’allora comandante maresciallo Giunti aveva risposto alla Misfatti allargando le braccia.
«Arriverà.»
Facile profezia, l’appuntato Misfatti era tornato, ma alle otto di sera, sbattuto come un uovo. A capo chino aveva subìto l’inevitabile punizione, una tempesta di improperi cui era seguita una calma piatta, in pratica musi, silenzi ostinati, pasti conventuali e insipidi per circa tre settimane.
Il Misfatti si ricordava, di lui e di quella giornata, ma era cosa sulla quale non tornava volentieri.
Quindi allungò il passo.
«Che c’è?» chiese secco.
«Hai presente una certa Desolina Berilli?» fece il Toscanelli in risposta.
Doris Brilli!, scattò nella mente del Misfatti.
Certo che la conosceva.
«Come no!» rispose.
«Ecco, da ieri notte è nostra ospite», comunicò il collega.
Ospite, dove?
E cosa diavolo aveva combinato?
«Faccenda un po’ lunga», disse il Toscanelli. «Se sei in piedi», aggiunse, «meglio se ti siedi.»
2.
In divisa, seduto sul bordo del letto, il maresciallo Ernesto Maccadò guardava il viso di sua moglie Maristella.
Prima però aveva dato un’occhiata al tempo ed era tornato in camera da letto scuotendo il capo. Avrebbe preferito scuotere la donna per svegliarla e dirle che nel cielo sopra quel paese splendevano non uno ma due soli. Invece aveva preso nota dell’ennesima tinta grigiastra, un cielo non nuvoloso ma offuscato come se ci fosse fumo, un fumo di nuvole.
Maristella dormiva oppure fingeva?
Sospirò, si alzò e si avviò per uscire riflettendo che tra le tante difficoltà prese in considerazione prima di giungere in quel paese mai aveva pensato al tempo meteorologico che invece, tra i nemici, si stava rivelando il più viscido, il più vigliacco, colpendolo nella persona di sua moglie.
Vittima silenziosa, Maristella, obbediente al dettato di seguire il marito nella buona e nella cattiva sorte e anche all’obbligo di eseguire gli ordini dell’Arma.
Così era andata.
Promosso maresciallo, al Maccadò era giunta la comunicazione del suo primo comando.
Bellano, lago di Como.
Da che erano giunti lì, alla fine dell’anno precedente, non avevano fatto altro che vivere dentro un mondo di freddo, ghiaccio, neve, vento, piogge e umidità.
Anche un po’ di sole, certo.
Mezza giornata qui, mezza giornata là.
La donna, che veniva anche lei da una campagna calabra dove un paio di giornate nuvolose, anche senza pioggia, erano considerate quasi un miracolo, aveva reagito con uno stupore attonito alle nuove condizioni, quasi non ci credesse. Giusto poche sere prima, subito dopo un temporale che aveva cancellato una timida temperatura, se n’era uscita con una domanda sconcertante, chiamandolo con il diminutivo che usava solo quando erano soli.
«Dici che prima o poi il sole arriva anche qui, Né?»
Parlava del sole come fosse una merce che scarseggiava nei negozi.
E il Maccadò s’era convinto del tutto che, avanti di quel passo, la sua fresca sposa avrebbe potuto alzare bandiera bianca, perdendo allegria, vitalità, freschezza, le doti che insieme con la bellezza l’avevano fatto innamorare.
E lui cosa poteva fare?
Ben poco, niente.
Preoccuparsi, ecco.
A tutto danno della lucidità necessaria che gli serviva per svolgere con rigore il lavoro poiché non bisognava dimenticare che era pur sempre un comandante di stazione e non lo consolava il fatto di essere capitato in un posto dove, per quanto poteva giudicare fino a quel momento, sembrava non succedesse molto di che.
Ma, quasi che il destino lo volesse smentire, non appena entrato in caserma l’appuntato Misfatti gli si era fatto incontro per avvisarlo che doveva metterlo al corrente di una grave faccenda riguardante tale Doris Brilli.
Per altre informazioni sull’autore e per la bibliografia completa rimandiamo alla pagina di Wikipedia dedicata adAndrea Vitali.
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