Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di L’ombra del sicomoro di John Grisham. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 13,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 7,99.
L’ombra del sicomoro: trama del libro
Clanton, Ford County, 1988. Seth Hubbard è un uomo molto ricco che sta morendo di cancro ai polmoni. Non si fida di nessuno ed è molto attento alla sua vita privata e ai suoi segreti. Ha due ex mogli, due figli con cui non ha rapporti e un fratello sparito nel nulla da moltissimi anni.
Il giorno prima di impiccarsi a un sicomoro, Seth scrive di suo pugno un nuovo testamento nel quale esclude la sua famiglia dall’eredità e lascia tutto ciò che possiede a Lettie, l’ignara domestica di colore che lo ha assistito prima e durante la malattia. Spedisce il testamento all’avvocato Jake Brigance, che si ritrova per le mani un caso davvero scottante. Molte sono infatti le domande cui lui ora deve dare una risposta: perché Seth ha lasciato le sue ingenti fortune alla sua donna di servizio? Forse le cure per il cancro hanno offuscato la sua mente? E tutto questo cosa ha a che fare con quel pezzo di terra un tempo noto come Sycamore Row? Ha così inizio una drammatica controversia tra coloro che si considerano i legittimi eredi, Lettie e un’intera comunità segnata da pregiudizi e tensioni mai sopite.
Impiccarsi a un albero non è un’operazione così semplice. Evidentemente, Seth aveva pensato a tutto. La corda intrecciata, del diametro di due centimetri, era di canapa naturale e piuttosto vecchia, ma abbastanza robusta da reggere Seth, che il mese prima, nell’ambulatorio del medico, era risultato pesare settantadue chili e mezzo. In seguito, un dipendente di una delle fabbriche di Hubbard avrebbe riferito di avere visto il suo principale tagliare quindici metri da una bobina la settimana prima di usare la corda in modo così drammatico. Un’estremità era fissata saldamente a un ramo basso dell’albero, con un disordinato mix di nodi e legature. Che comunque aveva tenuto. L’altra estremità era stata fatta passare al di sopra di un ramo più alto, che aveva una circonferenza di circa sessanta centimetri e si trovava esattamente a sei metri e mezzo da terra. Da lì la corda ricadeva per circa due metri e settanta e culminava in un perfetto nodo scorsoio, sul quale Seth si era senza dubbio ingegnato parecchio. Il cappio era da manuale, con tredici spire studiate per far collassare il nodo sotto pressione. Un vero nodo scorsoio da impiccagione spezza il collo di netto, rendendo la morte più rapida e meno dolorosa; a quanto pareva, Seth aveva fatto bene i suoi compiti a casa. Non c’erano segni di lotta o di sofferenza.
Una scaletta alta un metro e ottanta era stata scalciata di lato e se ne stava tranquillamente distesa poco lontano. Seth aveva scelto il suo albero, aveva lanciato e assicurato la corda, era salito sulla scaletta, si era sistemato il cappio e, quando tutto era stato in ordine, aveva dato un calcio alla scala ed era caduto nel vuoto. Le mani erano libere e penzolavano all’altezza delle tasche.
C’era stato un istante di dubbio, di ripensamento? Quando i piedi avevano lasciato la sicurezza della scala, ma le mani erano ancora libere, Seth aveva afferrato d’istinto la corda sopra la testa e aveva lottato disperatamente prima di arrendersi? Nessuno lo avrebbe mai saputo, ma sembrava improbabile. Prove scoperte in seguito avrebbero rivelato che Seth Hubbard era un uomo animato da una missione.
Per l’occasione aveva scelto il suo abito migliore, dei tre che possedeva, un pesante misto lana grigio scuro di solito riservato ai funerali in stagioni più fredde. L’effetto di un’impiccagione fatta come si deve è quello di allungare il corpo, e infatti i risvolti dei pantaloni arrivavano alle caviglie e la giacca appena alla cintura. Le scarpe stringate nere erano lucide e immacolate. Il nodo della cravatta blu era perfetto. La camicia bianca, però, era macchiata di sangue, filtrato da sotto la corda. Nel giro di qualche ora si sarebbe appurato che Seth Hubbard aveva assistito alla funzione delle undici in una chiesa vicina. Aveva parlato con alcuni conoscenti, scherzato con un diacono, lasciato un’offerta sul piattino, ed era sembrato ragionevolmente di buon umore. Quasi tutti sapevano che stava lottando contro un cancro ai polmoni, anche se nessuno era al corrente del fatto che i medici gli avevano dato poco tempo da vivere. Seth figurava in parecchie liste di preghiera della chiesa. Tuttavia, era segnato da due divorzi e, come cristiano, avrebbe portato su di sé quel marchio per sempre.
Il suicidio non aiutava di certo.
L’albero era un vecchio sicomoro che Hubbard e la sua famiglia possedevano da molti anni. Il terreno intorno era pieno di latifoglie, legname prezioso che Seth aveva più volte ipotecato e poi trasformato in ricchezza. Suo padre aveva acquisito l’appezzamento con mezzi dubbi negli anni Trenta. Entrambe le ex mogli di Seth si erano battute con tenacia per impadronirsi della proprietà durante le guerre per i divorzi, ma lui aveva resistito. Le mogli si erano prese praticamente tutto il resto.
Il primo ad arrivare sulla scena fu Calvin Boggs, tuttofare e operaio agricolo alle dipendenze di Hubbard da parecchi anni. Nella prima mattina di domenica, Calvin aveva ricevuto una telefonata dal suo capo. “Ci vediamo al ponte oggi pomeriggio alle due” aveva detto Seth. Non aveva dato spiegazioni e Calvin non era uno che faceva domande. Se Mr Hubbard gli chiedeva di incontrarlo da qualche parte a una certa ora, lui sarebbe stato là. All’ultimo minuto, suo figlio di dieci anni lo pregò di portarlo con sé e, contro il proprio istinto, Calvin rispose di sì.
Seguirono una strada a ghiaia che zigzagava per chilometri attraverso la tenuta Hubbard. Calvin era incuriosito da quell’appuntamento. Non ricordava un’altra occasione in cui avesse incontrato il suo capo di domenica pomeriggio. Sapeva che era malato e correva voce che stesse morendo, ma, come per tutto il resto, Mr Hubbard non ne parlava.
Il ponte non era altro che una piattaforma di legno che univa le rive di uno stretto fiumiciattolo senza nome, soffocato dal kudzu e brulicante di serpenti acquatici. Per mesi Mr Hubbard aveva parlato di piazzare un fognolo in cemento al posto del ruscello, ma poi le condizioni della sua salute gli avevano dato altro a cui pensare. Il ponte era vicino a una radura dove i resti di due baracche marcivano tra i cespugli e le erbacce, unico segno che un tempo lì c’era stato un piccolo insediamento.
Parcheggiata accanto al ponte c’era la Cadillac ultimo modello di Mr Hubbard; la portiera sul lato del conducente era spalancata, così come il bagagliaio. Calvin si fermò dietro l’auto, guardò la portiera e il bagagliaio aperti ed ebbe la prima sensazione che qualcosa non andasse. La pioggia ora era costante, il vento aveva preso forza e non c’era alcuna buona ragione perché Mr Hubbard lasciasse portiera e bagagliaio spalancati. Calvin disse a suo figlio di restare nel pick-up e poi fece lentamente il giro dell’auto, senza toccarla. Del suo capo, nessuna traccia. Fece un respiro profondo, si asciugò il viso e si guardò intorno. Al di là della radura, forse a un centinaio di metri, vide un corpo appeso a un albero.
Tornò al pick-up, ripeté al ragazzo di non muoversi e di tenere le portiere chiuse, ma era già troppo tardi. Suo figlio stava fissando il sicomoro in lontananza.
«Resta qui» gli ordinò in tono severo Calvin. «E non scendere.»
«Sissignore.»
Calvin si avviò con cautela, mentre gli stivali scivolavano nel fango e la mente cercava di mantenere la calma. Che fretta c’era? Più si avvicinava, più la situazione diventava chiara. L’uomo in abito scuro all’estremità della fune era senza dubbio morto. Calvin lo riconobbe, vide la scaletta e ricostruì rapidamente la scena e la sequenza degli eventi. Senza toccare niente, tornò al pick-up.
Era l’ottobre del 1988 e i telefoni in auto erano finalmente arrivati anche nel Mississippi rurale. Su insistenza di Mr Hubbard, Calvin ne aveva installato uno sul suo veicolo. Chiamò l’ufficio dello sceriffo di Ford County, fornì un breve resoconto e si mise ad aspettare. Rinfrancato dal riscaldamento del pick-up e tranquillizzato da Merle Haggard alla radio, guardò fuori dal parabrezza, ignorò il ragazzo, tamburellò con le dita a tempo con i tergicristalli e si accorse che stava piangendo. Suo figlio era troppo spaventato per parlare.
Un’ora più tardi arrivò un’auto con due vicesceriffi, poi, mentre entrambi stavano ancora indossando gli impermeabili, arrivò anche l’ambulanza, con un equipaggio di tre persone. Dalla strada a ghiaia, tutti si sforzarono di vedere il vecchio sicomoro e, dopo qualche secondo, fu chiaro che c’era un uomo appeso. Calvin riferì tutto quello che sapeva. I vice decisero che era meglio procedere come se fosse stato commesso un reato e impedirono al personale dell’ambulanza di avvicinarsi alla scena.
Arrivò un altro vice, poi un altro ancora. Perquisirono la Cadillac e non trovarono niente di utile. Fotografarono e ripresero Seth, che penzolava con gli occhi chiusi e la testa girata a destra in modo grottesco. Studiarono le impronte intorno al sicomoro e non rilevarono tracce di altre persone presenti sulla scena. Un vice accompagnò Calvin a casa di Mr Hubbard, distante pochi chilometri. Il ragazzo, sempre muto, viaggiò con loro sul sedile posteriore. Le porte dell’abitazione non erano chiuse a chiave e sul tavolo della cucina trovarono un messaggio su un foglio di bloc-notes. In ordinati caratteri a stampatello, Seth aveva scritto: “Per Calvin. Per favore, informa le autorità che mi sono tolto la vita, senza l’aiuto di nessuno. Nel foglio allegato ho lasciato precise istruzioni riguardo al mio funerale e alla sepoltura. Niente autopsia! S.H.”. La data era di quel giorno: domenica, 2 ottobre 1988.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a John Grisham. Vi invitiamo inoltre a leggere il nostro articolo dedicati ai migliori libri di John Grisham diventati film o serie TV.
L’ombra del sicomoro e Il testamento stessa trama, stessi meccanismi.
Praticamente un copia/,incolla…
Una vergognosa operazione commerciale.