Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di I peccati di una madre di Danielle Steel, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 10,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 5,20.
I peccati di una madre: trama del libro
Determinata, brillante e con un infallibile fiuto per gli affari, Olivia Grayson è riuscita negli anni a trasformare il piccolo negozio di ferramenta della madre in un vero e proprio impero commerciale che oggi vanta negozi in tutto il mondo. Ha lavorato sodo per questo traguardo ma spesso, forse troppo, ha dovuto mettere in secondo piano la sua famiglia e in particolare i quattro figli. Così, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, Olivia riunisce la famiglia per una splendida e lussuosa crociera nel Mediterraneo. Un gesto generoso con il quale vuole dimostrare l’amore per i suoi cari e farsi perdonare le infinite volte in cui ha trascurato gli affetti a causa del lavoro. Sembra l’occasione perfetta per ricominciare, ma i figli non hanno mai smesso di rinfacciarle le numerose assenze. Ora la famiglia è divisa tra profondi rancori e vecchi segreti, e una vacanza, seppure da sogno, potrebbe non bastare per rimettere insieme i cocci. Riuscirà Olivia in una sola estate a farsi perdonare le colpe di una vita?
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Era elegante, nel completo pantaloni blu scuro di ottimo taglio, un filo di perle al collo come unico gioiello. I capelli erano un caschetto liscio, candido e lucente che le arrivava poco sotto le orecchie delicate.
Era una di quelle donne di grande e singolare bellezza che si notano ovunque vadano, in qualsiasi ambiente, e spiccano tra la massa. Il bel viso dai tratti aristocratici, con gli zigomi alti, sembrava fuori dal tempo, senza età.
Dopo ogni intervento prendeva appunti sul bloc-notes. Lo faceva sempre, alle riunioni, in modo da ricordarsi per filo e per segno tutto quello che succedeva, tutto ciò che veniva detto e in quale ordine. Aveva una mente acuta, un sottile fiuto per gli affari e molto senso pratico: il suo istinto infallibile le faceva prendere le scelte giuste per la sua impresa.
Brillante e capace, aveva trasformato il negozio di ferramenta che le aveva lasciato sua madre tanti anni prima in un modello per operazioni internazionali su larga scala.
La Fabbrica, come l’avevano ribattezzata quando dalla sede originaria alla periferia di Boston era stata trasferita nel vecchio edificio di uno stabilimento in disuso, era un’impresa di notevole successo. Successo dovuto all’abilità di Olivia Grayson.
Mentre presiedeva la riunione era l’immagine stessa del potere. Forte, innovatrice e creativa, lavorava alla Fabbrica sin da quando aveva dodici anni e vi trascorreva i pomeriggi dopo la scuola.
Sua madre, Maribelle Whitman, proveniva da una distinta famiglia di banchieri di Boston che avevano perso tutto durante la Grande Depressione. Allora aveva trovato lavoro come segretaria in uno studio legale, e in seguito aveva sposato un giovane agente di assicurazioni che era stato chiamato alle armi dopo l’attacco di Pearl Harbor e mandato in Inghilterra nell’estate del 1942, quattro settimane dopo la nascita della loro bambina, Olivia. Quando la piccola aveva compiuto un anno lui era rimasto ucciso in un’incursione aerea.
Così Maribelle, vedova e con una bambina piccola da crescere, aveva deciso di trasferirsi in un modesto sobborgo di Boston dove aveva trovato lavoro presso il negozio di ferramenta di Ansel Morris, potendo così mantenere sua figlia. Per quattordici anni lo aveva aiutato a ingrandire la sua azienda. Avevano avuto una relazione sentimentale, portata avanti con molta discrezione, ma Maribelle non si era mai aspettata niente da lui, e lei e Olivia erano vissute con il suo stipendio.
Alla morte improvvisa di Ansel la donna aveva inaspettatamente ereditato il suo patrimonio. Avrebbe voluto che Olivia andasse al college, ma la ragazza non nutriva un grande amore per lo studio e non aveva interesse né per l’università né per la carriera accademica. In realtà, quello che desiderava con tutta se stessa era occuparsi di un’attività commerciale.
Questa passione per gli affari la spingeva a correre rischi e a compiere mosse azzardate, ma ogni decisione che prendeva era azzeccata e faceva fare progressi alla sua azienda. A dispetto della sua giovane età aveva commesso pochi errori, dimostrando di possedere un gran fiuto, e nel corso degli anni si era guadagnata il rispetto e l’ammirazione dei collaboratori, dei clienti e persino della concorrenza. Era diventata un’icona del mondo degli affari.
Subito dopo la maturità, decise di lavorare alla Fabbrica a tempo pieno. Tre anni dopo la morte di Ansel, la sua lungimiranza aveva trasformato il negozio di ferramenta in qualcosa che né sua madre né Ansel non si erano neppure azzardati a sognare. Olivia riuscì a convincere Maribelle ad aggiungere del mobilio, semplice ma dal design moderno, ai soliti articoli di mediocre fattura che la Fabbrica vendeva. Con l’entusiasmo della gioventù, aveva rinnovato il design, mantenendo i prezzi bassi.
Decise di importare da fornitori esteri arredi da bagno, moderni armadietti da cucina ed elettrodomestici, e nel giro di poco tempo la Fabbrica diventò sinonimo di design attuale e funzionale applicato a prodotti pratici, efficienti e a prezzi ragionevoli.
Olivia cominciò a introdurre l’attività di vendita all’ingrosso a costi altamente competitivi. All’inizio sua madre non era d’accordo, ma il tempo dimostrò che la figlia aveva ragione, aveva visto giusto e non sbagliava un colpo.
Cinquantun anni più tardi, all’età di sessantanove anni, Olivia Grayson era a capo di un impero conosciuto in tutto il mondo, un’impresa con la quale molti tentavano di competere senza riuscirci. A soli venticinque anni era già diventata una leggenda perché aveva trasformato un modesto negozio di ferramenta in un grande emporio di oggetti e mobili per la casa originali e pratici, alla portata di tutti. Alla Fabbrica si trovava di tutto, e lei viaggiava in continuazione alla ricerca di nuovi fornitori e di progetti innovativi.
Stranamente, nonostante il potere, il suo volto non aveva un’espressione dura mentre sedeva al posto di presidente del consiglio di amministrazione, con i due figli accanto, entrambi impegnati nell’azienda di famiglia.
Maribelle si era ritirata da molto tempo dal mondo degli affari; del resto, la Fabbrica era una creatura del genio di Olivia, e l’immenso patrimonio che aveva saputo ricavarne sarebbe stato ereditato dai suoi figli. Aveva lavorato tutta la vita per ottenere questo risultato. Olivia era l’incarnazione del sogno americano.
Comunque, sebbene ai suoi occhi penetranti non sfuggisse nulla, i tratti del viso erano rimasti gentili, ma ciò non impediva che tutti la prendessero sul serio. Era una donna dal sorriso facile, ma conosceva la discrezione, e sapeva quando era il momento di parlare e quando di tacere. Prestava attentamente ascolto a chi le proponeva nuove idee e nuove creazioni che permettessero alla Fabbrica di allargarsi, di aprire sedi, di svilupparsi sempre di più, inoltre non si crogiolava nei suoi successi, ma continuava a lavorare con passione per la sua impresa come quando era giovane.
Oltre a lei e ai suoi figli Phillip e John, del consiglio di amministrazione facevano parte altri sei membri. Lei era il presidente e amministratore delegato della società e Phillip, che si era laureato con il massimo dei voti in Scienze commerciali alla Harvard Business School, il direttore amministrativo. Phillip era serio ed equilibrato come il padre, era un tipo tranquillo come lui, e questo gli permetteva di ponderare bene le decisioni che doveva prendere in campo finanziario. Ciascuno dei due figli maschi di Olivia aveva ereditato l’una o l’altra delle sue capacità, ma non tutte insieme.
John era a capo del settore progettazione e design: era un artista, laureatosi in Arte a Yale con specializzazione in Design. Il suo primo amore era la pittura, ma la devozione nei confronti della madre lo aveva portato a entrare molto presto in azienda. Olivia aveva sempre saputo che, con il suo senso artistico e l’esperienza acquisita nel design aveva molto da offrire alla loro attività. John era più socievole del fratello maggiore, e sotto vari aspetti assomigliava alla madre, anche se il lato strettamente economico del loro lavoro per lui continuava a essere un mistero. Sapeva cogliere la bellezza in ogni cosa, aveva un grande senso estetico, e nel tempo libero, durante il fine settimana, si dedicava alla pittura. Era soprattutto un artista.
A quarantasei anni Phillip era un uomo serio e quadrato come a suo tempo era stato il padre Joe, un commercialista che aveva aiutato Olivia a mandare avanti l’azienda, rimanendo dietro le quinte. Phillip aveva ereditato la sua affidabilità e scrupolosità in campo finanziario, ma neanche un briciolo dello spirito creativo e dell’estro materni.
John, quarantun anni, aveva ereditato l’innato senso artistico per il design di Olivia, e lasciava la sua impronta sui prodotti che la Fabbrica offriva al mondo. Era stato tanto abile da riuscire a trasmettere il proprio talento all’azienda di famiglia, anche se il suo sogno era di potersi dedicare alla pittura a tempo pieno. I due fratelli erano entrambi essenziali alla Fabbrica, il cui fulcro, però, nonostante il trascorrere degli anni, rimaneva la madre. La Fabbrica restava un’impresa a conduzione famigliare, anche se nel corso degli anni c’erano state spesso ottime opportunità di venderla e trasformarla in società per azioni. Ma Olivia si era sempre rifiutata di prendere in considerazione un’eventualità del genere, sebbene Phillip fosse stato molto tentato da qualcuna delle offerte che avevano ricevuto in anni recenti.
Olivia voleva che la Fabbrica, con tutti i suoi innumerevoli negozi e magazzini sparsi per il mondo, rimanesse di loro esclusiva proprietà. E poi, che motivo c’era di cambiare, dato che gli affari andavano a gonfie vele? Finché fosse stata viva lei, avrebbe fatto in modo che al timone dell’azienda ci fossero sempre i Grayson.
Le due figlie femmine invece non erano interessate alla Fabbrica, perciò sarebbero stati i due maschi, un giorno, a mandarla avanti, e li aveva preparati bene per questa eventualità. Lei era sicura che insieme sarebbero stati capaci di conservare l’impero economico che aveva costruito. Per ora, comunque, non intendeva ritirarsi e lasciare il suo posto, non si sentiva pronta. Era ancora in piena attività, dirigeva la Fabbrica e viaggiava per il mondo né più né meno come faceva da mezzo secolo. Non dava nessun segno di voler rallentare il ritmo del suo lavoro, le sue idee erano originali e innovative come sempre e, con quella sua bellezza semplice e naturale, dimostrava dieci anni meno della sua età. Era una donna innamorata della vita, con un’energia di gran lunga superiore a quella di molte persone che avevano la metà dei suoi anni.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice newyorchese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Danielle Steel.
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