Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La porta chiusa di Anne Holt. Il volume è pubblicato in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 13,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Edito da Giulio Einaudi Editore nel 2013 • Pagine: 434 • Compra su Amazon
A soli quattro mesi dal giuramento, Helen Lardhal Bentley, primo presidente donna degli Stati Uniti, ha deciso che la sua prima visita di Stato sarà in Norvegia, suo paese d'origine. Ma appena giunta a Oslo, Madam President sparisce dal suo albergo nel cuore della notte senza lasciare traccia. A indagare sul suo probabile rapimento, le menti migliori della polizia norvegese e dell'Fbi americano. Arriva cosí anche Warren Scifford, il responsabile dell'Unità di scienze comportamentali, col quale Johanne Vik ha avuto una contrastata storia d'amore. La sua presenza rischia di compromettere l'equilibrio di coppia di Vik e Stubø ma la posta in gioco è troppo alta per tirarsi indietro. E ben presto emerge, dal passato di Madam President, una immensa zona d'ombra capace forse di spiegare il motivo della sua scomparsa.
In ebook La porta chiusa (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 3,99 euro.
Il pensiero la fece esitare per un attimo. Il vecchio davanti a lei socchiuse le palpebre. Il suo volto, devastato dalla malattia, aveva già assunto una sfumatura bluastra nel gelo di gennaio. Helen Lardahl Bentley respirò a fondo e ripeté finalmente le parole che l’uomo le aveva chiesto di dire:
– I do solemnly swear…
Tre generazioni di una famiglia religiosa come i Lardahl avevano reso illeggibili i caratteri di quella Bibbia secolare, rilegata in pelle. Sebbene nascosta dietro la facciata luterana del successo americano, Helen Lardahl Bent-ley aveva parecchi dubbi. Per questo preferiva prestare giuramento con la mano destra posata su qualcosa in cui credeva ciecamente: la storia della sua famiglia.
– … that I will faithfully execute…
Cercò di catturare lo sguardo del vecchio. Voleva tenere gli occhi fissi sul Chief Justice cosí come tutti li tenevano fissi su di lei, quella enorme massa di persone che rabbrividiva leggermente sotto il sole di gennaio. I dimostranti erano troppo lontani perché potesse udirli, ma lei sapeva che stavano urlando «TRADITRICE, TRADITRICE», in coro e aggressivamente, e che lo avrebbero fatto finché le porte di acciaio della speciale limousine blindata, portata sul posto dalla polizia il mattino presto, non si fossero chiuse.
– … the office of President of the United States…
Gli occhi di tutto il mondo erano su Helen Lardahl Bentley. Adesso la guardavano, con odio o con ammirazione, con curiosità o con scetticismo, o forse, negli angoli piú pacifici del mondo, con totale indifferenza. Sotto il fuoco di centinaia di flash e telecamere, in quei minuti apparentemente eterni era lei il centro dell’universo, e non poteva, non doveva pensare soltanto a quello.
Né ora né mai.
Si sforzò di tenere la mano ferma sulla Bibbia e alzò leggermente il mento.
– … and I will, to the best of my ability, preserve, protect and defend the constitution of the United States.
Un coro di urla di giubilo si levò dalla folla. I dimostranti erano stati allontanati. I presenti in tribuna d’onore si congratulavano con lei, sorridendo chi con calore, chi con riserbo. Amici e critici, colleghi, famigliari e anche alcuni nemici che non avrebbero mai voluto vederla eletta, tutti formulavano la stessa parola con le labbra, chi ad alta voce e chi in silenzio:
– Congratulazioni!
Helen Lardahl Bentley provò una leggera sensazione di paura, quella paura che aveva tenuto sotto controllo per piú di vent’anni. E lí e in quel momento, soltanto alcuni secondi dopo avere assunto la carica di presidente degli Stati Uniti, raddrizzò la schiena, si passò una mano fra i capelli con un gesto deciso e lasciò scorrere lo sguardo sulla folla e decise una volta per tutte:
I got away with it. It’s time I finally forgot.
Sí, era ora di dimenticare.
2.
I quadri non erano per niente belli.
Su uno era particolarmente scettico. Gli faceva venire il mal di mare. Quando si avvicinò e si chinò sulla tela notò che le pennellate, delle grosse onde giallo-arancioni, si erano crepate sino a formare una quantità di solchi minuti, come merda di cammello essiccata dal sole. Per un attimo fu tentato di passare un dito su quella grottesca bocca spalancata. Ma lasciò perdere. Il quadro era già stato danneggiato durante il trasporto. In corrispondenza del parapetto a destra della figura angosciata c’era uno squarcio. Un pezzo di tela slabbrata si era arricciato e sporgeva miseramente in fuori.
Chiamare qualcuno per il restauro non era neppure da prendere in considerazione. Sarebbe occorso un esperto. E uno dei motivi per cui un quadro tanto famoso era appeso alla parete di uno dei palazzi meno imponenti di proprietà di Abdallah al-Rahman alla periferia di Riyadh era che, nei limiti del possibile, Abdallah evitava gli esperti. Credeva in soluzioni piú semplici. Per lui non aveva alcun senso usare i grandi mezzi quando non era necessario. Da un museo mal sorvegliato della capitale norvegese, i quadri erano stati trasferiti in una palestra priva di finestre dell’Arabia Saudita; a rubarli erano stati ladruncoli che non avevano la minima idea di chi fosse Abdallah al-Rahman, e che con tutta probabilità avevano lasciato dietro di sé talmente tante tracce che sarebbero finiti presto nelle prigioni dei rispettivi paesi d’origine, senza che nessuno di loro fosse in grado di svelare la sua identità.
Abdallah al-Rahman preferiva la figura femminile. Ma anche in lei c’era qualcosa di ripugnante. Ancora oggi, dopo piú di sedici anni passati in Occidente, dieci dei quali in istituti prestigiosi in Inghilterra e negli Stati Uniti, Abdallah provava una certa repulsione per i seni nudi e il modo volgare in cui quella donna offriva il proprio corpo; con un’aria indifferente e dissoluta allo stesso tempo.
Distolse lo sguardo dal quadro. Indossava soltanto un paio di shorts bianchi. Salí sul tapis roulant. Prese il telecomando e ne aumentò la velocità. Dagli altoparlanti a fianco del colossale schermo al plasma sulla parete opposta gli arrivò una voce.
– … proteggere e difendere la costituzione degli Stati Uniti.
Stentava ancora a crederci. Quando Helen Lardahl Bentley non era che una senatrice, Abdallah era rimasto impressionato dal suo coraggio. Dopo essersi laureata, terza della sua classe, al prestigioso Vassar College, la piccola e paffutella Helen Lardahl aveva conseguito un PhD ad Harvard. Prima dei quarant’anni si era felicemente sposata e si era associata a un grande studio legale a New York, il sesto del paese in ordine di importanza: un attestato, quello, della sua straordinaria competenza e di un’imponente dose di cinismo e perspicacia. Inoltre era dimagrita, era diventata bionda e aveva eliminato gli occhiali. E sapeva vestirsi con eleganza.
Ma candidarsi alla presidenza era hybris vera e propria.
Adesso era stata eletta, consacrata e aveva prestato giuramento.
Abdallah al-Rahman sorrise e aumentò ulteriormente la velocità del tapis roulant. La pianta dei piedi, a contatto con la superficie in gomma del tappeto, gli bruciava. Aumentò ancora la velocità, fino a raggiungere la soglia del dolore.
– It’s unbelievable, – urlò in perfetto americano, sicuro che nessuno in tutto il mondo avrebbe potuto udirlo: le pareti erano spesse un metro e la porta insonorizzata. Era incredibile, ma quella donna pensava sul serio di averla fatta franca. She actually thinks she got away with it.
3.
– È un grande momento, – disse Johanne Vik e congiunse le mani come se pensasse che una preghiera per il nuovo presidente degli Stati Uniti fosse un atto dovuto.
La donna sulla sedia a rotelle sorrise ma non disse nulla.
– Nessuno può sostenere che il mondo non stia andando avanti, – continuò Johanne. – Dopo quarantatre uomini di fila. Finalmente una donna presidente!
– … the office of president of the United States…
– Devi ammettere che è un grande momento, – fece Johanne senza distogliere lo sguardo dallo schermo del televisore. – Voglio dire, credevo che avrebbero eletto un afroamericano prima di accettare una donna.
– La prossima volta toccherà a Condoleezza Rice, – disse l’altra. – Due piccioni con una fava.
E non è sicuramente un passo avanti, pensò. Bianco, giallo, nero o rosso, maschio o femmina, la presidenza degli Stati Uniti era per gli uomini, indipendentemente dal colore o dagli organi sessuali.
– Non è stata la femminilità a portare la Bentley fin lí, – disse lentamente, quasi con disinteresse. – E di sicuro non la pelle nera della Rice. Fra quattro anni cadranno. E non avrà niente a che fare con le minoranze etniche o il femminismo.
– Ma come sei…
– Quello che colpisce in queste due donne non è la femminilità, o il retaggio dello schiavismo. Naturalmente loro se ne servono, per quanto possono valere. Ma quello che colpisce è…
Fece una smorfia e cercò una posizione piú comoda sulla sedia a rotelle.
– Come va? – chiese Johanne.
– Bene. Quello che colpisce è che…
Si tirò leggermente su, facendo forza sui braccioli, e si sistemò meglio contro lo schienale. Poi, distrattamente, prese a lisciarsi il pullover sul petto.
– … devono averlo deciso prestissimo, cazzo, – disse alla fine.
– Cosa?
– Di lavorare cosí sodo. Di essere cosí brave. Di non commettere mai errori. Di evitare gaffe. Di non lasciarsi mai prendere alla sprovvista. È del tutto incomprensibile, in effetti.
– Ma hanno sempre qualcosa… questo o quello… persino un tipo religioso come George W. aveva abbastanza…
D’improvviso la donna sulla sedia a rotelle sorrise e si volse verso la porta del soggiorno. Una bambina di circa un anno e mezzo sbirciava con aria colpevole dalla soglia. La donna allungò una mano.
– Vieni qui, tatina. Dovresti essere nel mondo dei sogni.
– Riesce a scendere dal lettino con le sponde da sola? – chiese Johanne sorpresa.
– Dorme nel nostro letto. Vieni qui, Ida.
La bambina si avvicinò con passo incerto e si lasciò sollevare sulle ginocchia. I capelli neri e ricci le incorniciavano le guance paffute, ma gli occhi erano azzurro ghiaccio, con un marcato cerchio nero intorno all’iride. La bambina sorrise timida all’ospite, in segno di riconoscimento, e si accoccolò meglio in grembo alla donna.
– È strano come ti assomiglia, – disse Johanne chinandosi in avanti per accarezzare le mani grassocce della bambina.
– Solo nel colore degli occhi, – disse l’altra. – La gente si lascia sempre ingannare dal colore. Il colore degli occhi.
Tornò il silenzio.
A Washington DC la vivida luce di gennaio faceva risaltare la leggera nebbia grigia degli aliti. Due assistenti aiutarono il Chief Justice della Corte Suprema a lasciare il palco; mentre si allontanava, la sua schiena curva ricordava quella di un mago benevolo. Helen Lardahl Bentley si strinse il cappotto rosa pallido intorno al corpo senza smettere di sorridere.
A Oslo, il buio della sera premeva contro i vetri delle finestre in Kruses gate. Tutta la neve si era sciolta, lasciando le strade bagnate.
Una strana creatura entrò nel grande soggiorno. Zoppicava e trascinava un piede, come il cattivo caricaturale di un vecchio film. I capelli spenti e sottili erano arruffati, le gambe magre sbucavano dal grembiule e finivano in un paio di pantofole scozzesi.
– ’sta bambina son secoli che doveva essere a letto, – borbottò senza neanche salutare. – Non c’è niente che funziona, in questa casa. Ho detto mille volte che deve dormire nel suo lettino, mica nel vostro. Vieni con me, principessina.
Senza aspettare risposta, prese in braccio la bambina appoggiandosela su un fianco e uscí zoppicando dal soggiorno.
– Alle volte vorrei avere anch’io qualcuno che mi desse una mano in casa, – disse Johanne.
– Ha i suoi vantaggi.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice norvegese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Anne Holt.
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A soli quattro mesi dal giuramento, Helen Lardhal Bentley, primo presidente donna degli Stati Uniti, ha deciso che la sua prima visita di Stato sarà in Norvegia, suo paese d'origine. Ma appena giunta a Oslo, Madam President sparisce dal suo albergo nel cuore della notte senza lasciare traccia. A indagare sul suo probabile rapimento, le menti migliori della polizia norvegese e dell'Fbi americano. Arriva cosí anche Warren Scifford, il responsabile dell'Unità di scienze comportamentali, col quale Johanne Vik ha avuto una contrastata storia d'amore. La sua presenza rischia di compromettere l'equilibrio di coppia di Vik e Stubø ma la posta in gioco è troppo alta per tirarsi indietro. E ben presto emerge, dal passato di Madam President, una immensa zona d'ombra capace forse di spiegare il motivo della sua scomparsa.