Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Un posto nel mondo di Fabio Volo. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 11,50 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 7,99.
Un posto nel mondo: trama del libro
Michele ha un amico, Federico. Uno di quegli amici con i quali dividi tutto: l’appartamento, la pizza e la birra, ma anche i sogni e le frustrazioni, le gioie e i dolori, e qualche volta le donne. Un giorno Federico decide di mollare tutto e partire. Stanco della vita monotona di provincia, se ne va alla ricerca dell’altra metà di sé. Michele invece resta. Quando torna, dopo cinque anni, Federico è cambiato. Ora è sereno, innamorato di una donna (Sophie) e della vita. Sembra una storia a lieto fine, ma non è così. Federico all’improvviso riparte, stavolta per un viaggio molto più lungo. Ritornerà (a sorpresa) nascosto dietro gli occhi di una bambina, Angelica.
Scrivere un articolo ogni tanto, intervistando chi voglio, con i miei tempi, ha reso il mio lavoro migliore. Quando avevo l’obbligo di restare in redazione tutto il giorno, con una serie di regole e di orari da rispettare, le cose andavano peggio. È una cosa che non ho mai capito: avrei potuto fare il lavoro in metà tempo, ma se lo avessi fatto mi avrebbero dimezzato anche lo stipendio. Quindi fingevo. Per anni sono stato il re del solitario sul computer dell’azienda. Oppure gironzolavo su internet e andavo a vedermi le agenzie immobiliari che mettevano le foto degli appartamenti in affitto. La mia città preferita era New York. Nei giorni di vera noia cercavo una casa a Manhattan e, quando la trovavo, fantasticavo un po’ facendo finta di abitare lì. In quegli anni di lavoro ho abitato mezzo mondo.
«Scusi infermiera, sa dirmi qualcosa?»
«Siamo ancora all’inizio, stia tranquillo, appena succede qualcosa vengo io a informarla…»
Io e Francesca abbiamo anche rischiato di perderci. Nel senso che da quando ci siamo incontrati a oggi, che stiamo diventando genitori, ci siamo lasciati.
Praticamente sto avendo una bambina con la mia ex.
C’è chi dice che non bisogna tornare con gli ex perché la minestra riscaldata non è buona… Beh, non hanno mai assaggiato Francesca. A parte il fatto che a me il cibo riscaldato piace da matti. La pasta al forno, la polenta, il minestrone, perfino la pizza… sarà questione di gusti.
La prima volta che ci siamo frequentati non eravamo in grado di amarci. Eravamo come due persone che hanno tra le mani lo strumento che amano, ma non lo sanno suonare. Poi abbiamo imparato.
Il problema reale nel nostro modo di amare consisteva nel fatto che in fondo eravamo due persone che non avevano molto da dare. Le relazioni servivano a farci sentire meno soli, ci aiutavano a difenderci dalla nostra tristezza. Insomma, io per esempio ero un uomo che cercava la donna della vita perché in sostanza non avevo una vita. Questa è una frase che mi aveva detto Federico: “Non devi cercare la donna della tua vita, ma una vita per la tua donna, altrimenti cos’hai da offrire? Cosa metti in tavola?”.
Fede è una delle persone alle quali devo questa paternità. Gli devo la mia rinascita. E anche Francesca gli deve la vita. Senza di lui non so se ci saremmo ritrovati, ma soprattutto se mi sarei mai ritrovato. Forse avrei continuato a navigare alla deriva senza nemmeno accorgermene. Federico mi ha salvato.
Ci siamo conosciuti in prima media. In quel periodo della vita in cui cambi scuola e amici e hai un po’ paura. Vorresti ancora i compagni che avevi alle elementari. Il primo giorno quelli nuovi hanno tutti una faccia strana. Sempre.
“Ma chi sono questi qui? Da dove vengono? Non saranno mai miei amici come quelli di prima, con queste facce.”
E dopo solo un mese, quelli delle elementari neanche te li ricordi più. Federico era di quelli che, a prima vista, non sarebbe mai diventato mio amico. Non mi era neppure simpatico e infatti, come regola vuole, non essendomi piaciuto subito e non essendo piaciuto subito nemmeno io a lui, siamo diventati inseparabili. Lui era figlio unico e io avevo una sorella con cui parlavo poco; praticamente io e lui siamo diventati fratelli.
Spesso la sera invece che andare a dormire dai miei nonni andavo da lui. A tredici anni abbiamo fatto il giuramento di eterna amicizia appoggiando le nostre mani sulla pigna di cemento della casa diroccata.
Era una casa disabitata tutta distrutta che aveva sul tetto nella parte frontale una pigna di cemento. La casa andava a pezzi, quindi salire sul tetto per fare il giuramento richiedeva una grande prova di coraggio e dimostrava quanto ci tenevamo alla nostra amicizia.
Scendendo io sono scivolato e mi sono fatto un taglio sotto il ginocchio sinistro. La cicatrice che mi è rimasta è la firma della nostra amicizia.
Con Federico a sedici anni ho fatto le mie prime vacanze senza la famiglia. La prima è stata a Riccione. Siamo andati lì perché ai tempi si diceva che a Rimini e Riccione si trombava di sicuro. Dopo una settimana non avevamo concluso niente tranne una sera dove lui era riuscito a limonare con una di Padova in discoteca e a infilarle una mano nelle mutande. Usciti dalla discoteca, in cambio di un cappuccio e un bombolone, mi ha fatto annusare le dita.
In quella vacanza non avevamo molti soldi e più di una volta siamo anche usciti dalle pizzerie senza pagare. Avevamo escogitato un piano. Si portavano da casa degli oggetti che non servivano più, come un portafogli o un mazzo di chiavi o un marsupio o una giacca, e si portavano a cena. Poi dopo aver mangiato si lasciavano sul tavolo e si usciva uno alla volta. Il cameriere, vedendo le nostre cose, stava tranquillo come se uno fosse andato al bagno e l’altro in macchina o cose di questo tipo. Ha sempre funzionato. Anche quando eravamo più grandi. Soprattutto nei locali dove non si poteva fumare.
A diciott’anni, freschi di patente, abbiamo fatto la nostra prima vacanza in macchina. La sua Polo amaranto. Destinazione Danimarca.
Prima di arrivare alla frontiera italiana la macchina era già un cesso. Piena di pacchettini, lattine, tabacco sbriciolato sparso dappertutto. Non esisteva ancora il lettore CD: la macchina era piena di cassette. Sotto il sedile c’erano anche un paio di custodie nere dove infilarle, ma alla fine erano ovunque tranne lì. Cassette originali e cassette fatte da noi. Quando ero piccolo mia sorella registrava le cassette mettendo un piccolo registratore portatile vicino alle casse dello stereo di casa. Si chiudeva nella stanza e se per sbaglio una persona entrava doveva rifare tutto da capo. Poi il padre di Federico ha comprato uno stereo di nuova generazione con tape A e tape B.
Si facevano una serie di cassette con le canzoni adatte per la vacanza. Quella che non mancava mai era: Misto Vasco oppure, nel caso di una conquista, Lenti. Visto che andavo all’estero non lenti italiani. Fede aveva fatto una cassetta di lenti degli Scorpions. Una delle canzoni preferite di quel viaggio, quella che cantavamo a squarciagola, era La noia di Vasco. Lì nessuno ci aveva detto niente sulle donne per questo appena siamo arrivati è stato quasi uno choc. Le ragazze più belle che avessimo mai visto. Lì non era Riccione, lì abbiamo trombato veramente. Evvai di Scorpions.
Tornando da quel viaggio siamo passati da Amsterdam e con noi sono venute anche le nostre due conquiste danesi: Kris, la mia, e Anne, la sua.
Mi ricordo il cartello dell’autostrada, mi ricordo che abbiamo parcheggiato, poi non ricordo praticamente più niente. Una fetta di torta e dei funghetti. Basta. Il resto della memoria in fumo.
Ricordo solamente quando in stazione abbiamo salutato le nostre due fidanzatine e ci siamo accorti di essere tristi. Ci dispiaceva veramente. Ci sentivamo innamorati e volevamo stare con loro per tutto il resto della vita. Ci siamo ripromessi che ci saremmo scritti un sacco di lettere. “… I love you I love you I love you…”.
Per la biografia e la bibliografia completa del conduttore e scrittore italiano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Fabio Volo.
Lascia un commento