Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Pulp di Charles Bukowski. Il volume è pubblicato in Italia da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 9,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Pulp: trama del libro
Depresso, appesantito da una pancia ingombrante, il conto in rosso, i creditori sempre alle porte, tre matrimoni alle spalle, Nick Belane è un detective, “il più dritto detective di Los Angeles”. Bukowski gioca con un vecchio stereotipo e vi aggiunge la sua filosofia di lucido beone, il suo esistenzialismo da taverna e un pizzico di cupa, autentica disperazione. I bar, le episodiche considerazioni sul destino, il cinismo, l’ormai sbiadito demone del sesso, il fallimento preofessionale ed esistenziale, insieme alle mere invenzioni narrative, diventano il “pulp” del titolo. Lontano dalle atmosfere tenebrose delle ordinarie follie, il testamento spirituale di uno scrittore che non ha mai esitato a immergersi nel degrado della società contemporanea.
In ebook Pulp (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 6,99 euro.
Ero in ufficio, il contratto d’affitto era scaduto e McKelvey aveva già iniziato le procedure per lo sfratto. Faceva un caldo infernale e il condizionatore era rotto. Una mosca attraversò zampettando il piano della scrivania. La misi fuori gioco con il palmo aperto della mano. Mentre squillava il telefono, mi pulii la mano sui pantaloni.
Alzai il ricevitore. “Sì,” dissi.
“Leggi Céline?” chiese una voce femminile. Una voce molto sexy. Ero solo da un bel pezzo. Decenni.
“Céline,” dissi, “mmmhmm…”
“Voglio Céline,” disse. “Devo averlo.”
Quella voce incredibilmente sexy cominciava a mandarmi su di giri, sul serio.
“Céline?” dissi. “Mi racconti qualcosa di più. Mi parli, signora. Continui a parlare…”
“Chiudi la cerniera,” disse.
Guardai in basso.
“Come faceva a saperlo?” chiesi.
“Lascia perdere. Voglio Céline.”
“Céline è morto.”
“No, non lo è. Voglio che lo trovi. Lo voglio.”
“Forse potrei trovare le sue ossa.”
“No, brutto scemo, è vivo!”
“Dove?”
“A Hollywood. Ho sentito dire che frequenta la libreria di Red Koldowsky.”
“Allora perché non se lo cerca lei direttamente?”
“Perché prima di tutto voglio sapere se è il veroCéline. Devo esserne certa, assolutamente certa.”
“Ma perché è venuta proprio da me? Ci sono almeno cento investigatori in questa città.”
“Ti ha raccomandato John Barton.”
“Oh, Barton, già. Be’, senta, ho bisogno di un anticipo. E devo conoscerla di persona.”
“Sarò lì fra pochi minuti,” disse.
Lei chiuse la comunicazione. Io la cerniera.
E aspettai.
2
Entrò.
Ora, voglio dire, era sleale. Il vestito le era così stretto che le cuciture scoppiavano. Troppe cioccolate al malto. E portava tacchi così alti da sembrare trampoli. Camminava come una storpia ubriaca, barcollava per la stanza.
Gloriosa vertigine di carni.
“Si sieda, signora,” dissi.
Appoggiò il sedere sulla sedia e accavallò le gambe in alto, per poco non mi fece schizzare gli occhi dalle orbite.
“È un piacere vederla, signora,” dissi.
“Smettila di fissarmi, per favore. Non c’è niente che non hai già visto prima.”
“Su questo si sbaglia, signora. Mi può dire il suo nome?”
“Signora Morte.”
“Signora Morte? Lavora nel circo? Nel cinema?”
“No.”
“Luogo di nascita?”
“Non ha importanza.”
“Anno di nascita?”
“Non cercare di fare lo spiritoso…”
“Stavo solo cercando di avere qualche informazione…”
In un certo senso mi persi, cominciai a fissarla su per le gambe. Ero sempre stato il classico tipo “da gambe”. Erano la prima cosa che avevo visto quando ero nato. Ma allora stavo cercando di uscire. Da quel momento in poi avevo sempre cercato di darmi da fare nella direzione opposta, con scarsi risultati.
Schioccò le dita.
“Ehi, sveglia!”
“Eh?” Alzai lo sguardo.
“Il caso Céline. Ricordi?”
“Sì, certo.”
Aprii una graffetta e puntai l’estremità verso di lei.
“Mi serve un assegno come anticipo.”
“Sicuro,” sorrise. “Qual è la tua tariffa?”
“Sei dollari l’ora.”
Prese il libretto degli assegni, scribacchiò qualcosa, staccò l’assegno e me lo gettò. Cadde sulla scrivania. Lo presi, duecentoquaranta dollari. Non vedevo tanti soldi da quando avevo imbroccato un’accoppiata all’Hollywood Park nel 1988.
“Grazie, Signora…”
“…Morte,” aggiunse.
“Già,” dissi, “ora mi dica qualcosa di più su questo come-si-chiama, Céline. Stava parlando di una certa libreria?”
“Be’, gironzola per la libreria di Red, sfoglia, cerca… chiede di Faulkner, Carson McCullers. Charles Manson…”
“Così gironzola in libreria, eh? Mmmmh…”
“Sì,” disse, “sai com’è Red. Gli piace scacciare la gente dalla sua libreria. Uno può spendere anche mille verdoni lì dentro, poi magari indugia qualche minuto e Red gli dice: ‘Perché non ti togli dalle palle?’. Red è un bravo ragazzo, è soltanto un po’ strambo. Comunque, continua a scacciare Céline e Céline allora va da Musso e se ne sta tutto triste al bar. Un paio di giorni dopo torna alla carica e ricomincia tutto da capo.”
“Céline è morto. Céline e Hemingway sono morti a un giorno di distanza. Trentadue anni fa.”
“So di Hemingway. Ho preso Hemingway.”
“È sicura che fosse Hemingway?”
“Oh, certo.”
“E allora perché non è sicura che questo Céline sia il vero Céline?”
“Non so. Mi blocco su questa cosa. Non mi era mai successo prima. Forse sono in pista da troppo tempo. Allora sono venuta da te. Barton dice che sei in gamba.”
“E lei pensa che il vero Céline sia vivo? Lo vuole?”
“È vitale, ciccio.”
“Belane. Nick Belane.”
“D’accordo, Belane. Voglio esserne certa. Deve essere il vero Céline, non una mezza sega che pretende di esserlo. Di quelle ce ne sono già troppe.”
“Come se non lo sapessimo.”
“Be’, datti una mossa. Voglio il più grande scrittore di Francia. Ho aspettato una vita.”
Poi si alzò e uscì dall’ufficio. Non avevo mai visto un culo simile in vita mia. Al di là di ogni immaginazione. Al di là di tutto. Adesso non scocciatemi.
Voglio pensarci su.
3
Il giorno dopo.
Avevo cancellato il discorso che avrei dovuto tenere alla Camera di Commercio di Palm Springs.
Pioveva. Il soffitto perdeva. La pioggia filtrava dal soffitto e faceva “plip, plip, plip, un plip un plip, plip, plip, plip, un plip, plip, plip, un plip, un plip, un plip, plip, plip, plip…”.
Il sake mi riscaldava. Mi riscaldava cosa? Mi riscaldava un cazzo. Eccomi lì a cinquantacinque anni suonati senza neanche un pentolino per raccogliere la pioggia. Mio padre mi aveva messo in guardia quando mi aveva detto che sarei finito a trastullarmi sulla veranda di qualche sconosciuto in Arkansas. Ed ero ancora in tempo per farlo. Le corriere della Greyhound partivano ogni giorno. Ma le corriere mi costipavano e c’era sempre qualche nordista con la barba puzzolente che russava. Forse era meglio buttarsi sul caso Céline.
Céline era il vero Céline o era qualcun altro? A volte non ero neanche sicuro di chi fossi io. Ma sì, d’accordo, sono Nicky Belane. Ma riflettete su questo. Qualcuno potrebbe urlarmi: “Ehi, Harry! Harry Martel!” e probabilmente risponderei: “Sì, cosa c’è?”.
Voglio dire. Potrei essere chiunque, che importanza ha? In fondo cos’è un nome?1
La vita è strana, vero? Mi sceglievano sempre per ultimo nella squadra di baseball perché sapevano che avrei potuto spedire quella figlia di puttana lontano, fino a Denver. Bestioline gelose, ecco cos’erano!
Ero in gamba, sono in gamba. A volte mi guardavo le mani e capivo che avrei potuto essere anche un grande pianista, o qualcosa del genere. Ma in definitiva cos’hanno fatto queste mani? Mi hanno grattato le palle, compilato assegni, allacciato scarpe, tirato sciacquoni, eccetera. Ho sprecato le mie mani. E la mia mente.
Me ne stavo lì sotto l’acqua.
Il telefonò squillò. Lo asciugai con una cartella esattoriale scaduta, alzai il ricevitore.
“Nick Belane,” dissi. O ero Harry Martel?
“Sono John Barton,” disse la voce.
“Sì, mi sta raccomandando in giro, grazie.”
“Ti osservo da un po’. Hai talento. È un po’ rozzo, ma fa parte del fascino.”
“Musica per le mie orecchie. Gli affari vanno male ultimamente.”
“Ti osservo da un po’. Ce la farai, devi solo tenere duro.”
“Già, allora, cosa posso fare per lei, signor Barton?”
“Sto cercando di rintracciare il Passero Rosso.”
“Il Passero Rosso? E cosa diavolo è?”
“Sono sicuro che esiste, devo solo trovarlo, voglio che me lo trovi.”
“Qualche traccia da seguire?”
“No, ma sono sicuro che il Passero Rosso è là fuori da qualche parte.”
“Questo Passero non ha un nome, vero?”
“Cosa vuoi dire?”
“Voglio dire, un nome. Tipo Henry. O Abner. O Céline?”
“No, è solo il Passero Rosso, e so che tu puoi trovarlo. Ho fiducia in te.”
“Questo le costerà un sacco, signor Barton.”
“Se troverai il Passero Rosso ti darò cento dollari al mese finché vivrai.”
“Mmmmh… senta, che ne dice di darmeli tutti in una volta?”
“No, Nick, li sputtaneresti tutti alle corse.”
“Bene, signor Barton, mi lasci il suo numero di telefono e ci lavorerò sopra.”
Barton mi diede il numero, poi disse: “Ho davvero fiducia in te, Belane”.
Poi riagganciò.
Be’, il lavoro cominciava a girare. Ma il soffitto perdeva più che mai. Mi scrollai di dosso qualche goccia, bevvi un sorso di sake, mi rollai una sigaretta, l’accesi, inspirai, poi quasi soffocai per un colpo di tosse, mi misi il cappello marrone, inserii la segreteria telefonica, camminai lentamente verso la porta, l’aprii e mi trovai davanti McKelvey. Aveva un torace enorme e le spalle sembravano imbottite. “Il tuo contratto è scaduto, farabutto!” sbottò.
“Alza il culo e vattene!”
A quel punto notai la sua pancia. Sembrava un mucchio di merda molliccia e ci sprofondai un cazzotto. Si piegò in due e con la faccia andò a colpire il ginocchio che stavo alzando. Cadde, rotolando su un fianco. Uno spettacolo penoso. Mi avvicinai, gli sfilai il portafogli. Foto di bambini in pose pornografiche. Pensai di farlo fuori. Ma invece gli presi solo la carta oro della Visa, gli mollai un calcio in culo e scesi con l’ascensore.
Decisi di andare da Red a piedi. Quando usavo la macchina sembrava riuscissi sempre a beccarmi una multa per divieto di sosta e i parcheggi costavano più di quanto mi potessi permettere. Mi incamminai verso la libreria di Red sentendomi un po’ depresso. L’uomo nasce per morire. Che significato aveva? Perdere tempo e aspettare. Aspettare il “primo treno”. Aspettare un paio di tettone in una notte d’agosto in una stanza d’albergo a Vegas. Aspettare il canto del topo. Aspettare che al serpente spuntino le ali. Perdere tempo.
Red c’era.
“Sei fortunato,” disse, “ti sei perso per un pelo quell’ubriacone di Chinaski. Era qui che si vantava della sua nuova bilancia delle poste marca Pelouze.”
“Lascia perdere quello,” dissi. “Hai una copia firmata di Mentre morivo di Faulkner?”
“Naturalmente.”
“A quanto la vendi?”
“Duemilaottocento dollari.”
“Ci penso…”
“Scusami,” disse Red.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla nostra pagina dedicata a Charles Bukowski.
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