Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Quando eravamo eroi di Silvio Muccino. Il romanzo è pubblicato in Italia da La nave di Teseo con un prezzo di copertina di 17,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Quando eravamo eroi: trama del libro
Alex ha trentaquattro anni e sta per tornare in Italia. Dalla sua casa ad Amsterdam guarda una vecchia foto che lo ritrae adolescente insieme ai quattro amici che allora rappresentavano tutto il suo mondo. Gli stessi che ha abbandonato da un giorno all’altro senza una spiegazione, quindici anni prima. Lui, Melzi, Eva, Torquemada e Rodolfo erano indissolubili, fragili e bellissimi, esseri unici e uniti come alieni precipitati su un pianeta sconosciuto a cui non volevano, non sapevano conformarsi. Poi, qualcosa si è rotto. Ora Alex sta per affrontare il passo più importante della sua vita, ma, prima di chiudere i conti con quel passato e con la causa della sua fuga, ha bisogno di rivederli perché sente di dover confessare loro la verità. Una verità che nel corso di quegli anni lo ha portato ad un punto di non ritorno oltre il quale, di Alex, non resterà più nulla. Per Eva, Alex è stato il grande amore, per Rodolfo il rivale-amico che aveva rubato il cuore della ragazza di cui era innamorato, per Melzi un dio messo su un piedistallo, per Torquemada un enigma da risolvere. Nessuno è mai riuscito a superare il dolore di quell’abbandono che ha alterato il corso delle loro vite. È per questo che, nonostante tutto, decidono di accettare l’invito di Alex a trascorrere tre giorni nella sua casa in campagna – meta e rifugio di tanti momenti passati insieme. Ma quando vi arriveranno, la rivelazione che li attende sarà infinitamente più scioccante di quanto avessero mai potuto immaginare. Sarà solo l’inizio di un weekend fatto di verità e confessioni, pianti e risate. Al loro risveglio, il lunedì mattina, nulla sarà più lo stesso.
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Quando eravamo eroi è in vendita anche in formato eBook al prezzo di euro 7,99.
Ore 9: betabloccanti.
Ore 9.30: venti gocce di Xanax per sedare l’ansia della giornata che inizia.
Ore 10: una compressa di anfetamina per farmi funzionare.
Una volta dovevo quasi prostituirmi per farmi prescrivere l’Adderall dal mio amico medico, ma da poco mi hanno dato una notizia sensazionale che ha rivoluzionato il mio mondo: sapevate che molte case farmaceutiche usano le anfetamine come rimedio all’ingrassamento per le persone obese? Le chiamano compresse snellenti e hanno nomi come super fat burner o turbo ripper. Da quando un mio amico me le ha fatte scoprire ho anche rinunciato al mio spacciatore e ai suoi prezzi folli. E con due pasticche al giorno di turboqualcheccazzo sono la miglior traduttrice simultanea che c’è sulla piazza e in più resto in forma. Dovrei passarle a Melzi, ma sono anni che non lo vedo e non lo sento… L’ultima volta mi aveva invitato al suo matrimonio. Non sono andata. Odio i matrimoni e soprattutto odio le donne che si sposano in bianco anche se sono incinte, di due gemelli per giunta. E se Melzi si stava sposando con quella stronza che alcuni mesi prima mi aveva presentato, era solo quello il motivo. Non ci vuole uno psicologo per capire che uno come Melzi, orfano e segnato dall’abbandono dei genitori, non se la sarebbe mai data a gambe da quel rapporto claustrofobico fondato sulla dipendenza e sui sensi di colpa, soprattutto se messo davanti alle responsabilità di un figlio (in questo caso addirittura due, stronza megalomane). Provate a immaginare la scena: lui – non voluto dalla madre e dal padre – incontra ragazza in cerca di sicurezza e stabilità, uscita da un rapporto massacrante con un uomo che la riempiva di corna. Lui la consola. Le sta vicino. La ripara come si fa con una bambola rotta (Melzi ha sempre avuto l’indole della crocerossina, anche se credevo fosse un’esclusiva di noi donne). Lei riversa il peggio di sé dentro questo uomo-secchio-dell’immondizia, che si tiene stretto le nevrosi e le isterie della sua donna come fossero oro colato. Passano mesi e lui appare stanco. Allora lei, sospettando che prima o poi anche il più comprensivo degli esseri umani si sarebbe stufato di smaltire le sue scorie, cosa fa? Lo inchioda mettendogli davanti lo spettro del suo passato da bambino abbandonato e gli dice: “Sono incinta.” Lui vorrebbe spararsi, ma Melzi non si spara, piuttosto si rovina la vita ammanettandosi a una donna che non ama, quindi la sposa. E invita me e Rodolfo al suo matrimonio del cazzo.
Io non ci sono andata. Perché, come dicevo, odio i matrimoni e ancora di più i funerali e quello era entrambe le cose. Povero Melzi. Povero, caro, Melzi.
Rodolfo lo ha incontrato per caso alcuni mesi fa mentre portava le gemelline a scuola. Quando gli ho chiesto come erano mi ha risposto: “Grasse come lui,” e ha cambiato discorso. Povero Melzi. Mi si è stretto il cuore a sentire Rodolfo ridere di lui in quel modo. Ma so che il disprezzo è solo una maschera che usa quando si sente impotente. Non può salvare Melzi e quindi lo fa a pezzi. Non può rinunciare al padre che odia da quando ha quindici anni e quindi lo fa a pezzi, non può darmi ciò che desidero e quindi mi fa a pezzi.
Sì, lo fa anche con me. Ma grazie allo Xanax ho imparato a sopravvivere.
Non fraintendetemi: lui mi ama, mi ama più di ogni altra cosa al mondo, mi ama da sempre. Ma lo fa a modo suo e ci sono molte cose che non può darmi perché solo l’idea lo terrorizza.
E il mio dolore, la mia infelicità gli è talmente insopportabile che per non sprofondare in un gorgo di impotenza mi uccide con il suo sarcasmo. Mi seziona con il suo implacabile giudizio, e fa in modo che sia io a sentirmi inadatta. Strana. Incontentabile.
Rodolfo è nato sotto il segno dello Scorpione. E questo è il suo modo di amarmi.
Io invece sono Cancro e la mia idea di amore sono una nidiata di figli da crescere, una casa calda e accogliente e radici profonde. Come quelle di una quercia secolare o di un baobab. Radici grandi come tronchi che corrono fino al centro della Terra e permettono all’albero di essere solido e sicuro anche se un terremoto fa tremare il mondo.
L’ho sempre voluto fin da quando avevo sei anni e mio padre mi sradicava da un capo all’altro del globo per inseguire la sua carriera diplomatica. I miei amici duravano tutti quattro anni, il tempo di un mandato per un ambasciatore. E così anche i miei affetti, le mie scuole, le mie insegnanti. Almeno fino alla mia quarta ginnasio, quando mio padre, dopo anni di onorata carriera, si è finalmente guadagnato un posto fisso al ministero degli Esteri a Roma.
Io non sono mai stata una quercia, al massimo una fragile felce assetata di acqua. E quando Rodolfo è entrato nella mia vita con la sua famiglia tradizionale e la loro vita borghese ho pensato: “Ecco la tana. Ecco la salvezza. Ecco le radici che cercavo.” Ho scoperto solo dopo che quelle fondamenta poggiavano su sabbie mobili e che gli armadi della sua casa erano infestati di fantasmi e pieni di scheletri. Ma la nostra resta comunque per noi la relazione più duratura, e io so di essere il suo amore più grande.
Stiamo insieme da quindici anni, esattamente da quando Alex mi ha lasciata sparendo nel nulla e Rodolfo era lì a raccogliere i miei pezzi. Forse è stato un bene che il mio grande amore sia sparito così. Altrimenti oggi non avrei la vita che ho: una relazione stabile, un lavoro che mi piace e un cassetto pieno di psicofarmaci per non farmi tremare quando la vita bussa alla porta e mi ricorda che i miei sogni di adolescente erano altri. Figli a parte.
Ma – come diceva mia madre – nella vita, si sa, c’è chi sogna e chi lavora, chi insegue le montagne russe e chi cerca rassicurazioni. Chi ama i capelli scompigliati dal vento e chi invece vuole gambe lunghe che scavano in profondità come le radici di un baobab. C’è chi supplica e chi ruba. “Tu, però, figlia mia sei troppo orgogliosa per supplicare e troppo stupida per rubare. Per questo sarai sempre infelice. Per questo nulla sarà mai abbastanza.”
Fanculo, mamma. La mia vita è abbastanza.
Rodolfo per quanto storto e strano è il mio baobab.
E Alex… era forse un vento troppo impetuoso per me. Era una tempesta che è andata via nello stesso modo in cui è tornata: con un messaggio.
Ore 11: apro il mio computer e nella posta trovo un’e-mail che inizia con Cari Alieni.
E in quel momento so già tutto. Non ho bisogno di leggere altro. Non voglio leggere altro perché so che se arriverò alla fine di quella lettera, poi la mia vita non sarà mai più la stessa. E perché so che non esiste pillola sulla faccia della Terra capace di calmare i battiti del mio cuore.
Per la biografia e la bibliografia completa dell’attore e regista italiano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Silvio Muccino.
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