Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Quando la musica finisce di Mary Higgins Clark. Il romanzo è pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 9,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Quando la musica finisce: trama del libro
Lane Harmon, madre single dell’amatissima Katie, ha la fortuna di essere il braccio destro della più esclusiva designer d’interni di New York, ed è ormai abituata a visitare case opulente nella zona più ricca del Paese. Su di lei, che è un’ottimista di natura, quei piccoli universi patinati esercitano un fascino speciale, che la spinge a soddisfare le esigenze, spesso quasi impossibili, dei bizzosi proprietari. Perciò, quando è coinvolta nei lavori di ristrutturazione di una modesta villetta di campagna, capisce subito che si tratta di un incarico particolare. Scopre, infatti, che la casa appartiene alla moglie del famigerato finanziere Parker Bennett, scomparso da due anni, si dice con i cinque miliardi del fondo che gestiva. Bennett è uscito in barca a vela e semplicemente non è più tornato. Suicidio o fuga strategica? In ogni caso, nessuno ha dimenticato il suo nome, né i proprietari del fondo né il governo federale, che continuano a dargli la caccia. Lane però è commossa dalla calma dignità della signora Bennett e dalla sua sincera fiducia nell’innocenza del marito. E soprattutto si sente attratta da Eric, il figlio di Bennett, che è ben deciso a dimostrare la non colpevolezza del padre. Tuttavia, Lane non sa che più si avvicina ai Bennett, più mette in pericolo la sua vita. E quella della sua bambina.
Approfondimenti sul libro
L’ebook di Quando la musica finisce (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di euro 6,99.
ELAINE Marsha Harmon camminava a passo spedito per i quindici isolati che separavano il suo appartamento sulla Trentaduesima Est di Manhattan, dall’ufficio dove lavorava, nel Flatiron Building, all’angolo della Ventitreesima con la Quinta Avenue.
Il mattino era sorprendentemente freddo per quell’inizio di novembre e, nonostante il cappotto caldo, le mancavano i guanti.
Aveva raccolto i lunghi capelli ramati sulla nuca e le svolazzavano intorno alla faccia solo i più sottili e ribelli. Trent’anni, assistente architetto di interni, alta come suo padre e snella come sua madre, si era resa conto, appena uscita dal college, che la vita da insegnante non faceva per lei. Così si era iscritta al Fashion Institute of Technology e, appena diplomata, era stata assunta da Glady Harper, guru dell’interior design per l’alta società e per coloro che aspirano a farne parte.
Elaine scherzava sempre sul nome ereditato da una prozia da parte di padre, una vedova senza figli considerata molto facoltosa. Il guaio era che la cara zia Elaine Marsha, amante degli animali, aveva lasciato quasi tutti i suoi averi a varie associazioni animaliste e molto poco ai suoi parenti.
«Elaine è un gran bel nome», spiegava Lane, «e lo è anche Marsha, ma io non mi sono mai sentita Elaine Marsha.» Da bambina aveva involontariamente risolto il problema storpiando il proprio nome in «Lane», ed era così che la chiamavano tutti.
Per qualche ragione era a quello che stava pensando mentre camminava tra la Seconda e la Quinta Avenue per imboccare poi la Ventitreesima Strada. Sono contenta, pensava. Mi piace essere qui, in questo momento, in questo posto. Amo New York. Non credo che potrei vivere da qualche altra parte. Di certo non lo voglio. Eppure presto avrebbe dovuto decidere di trasferirsi fuori città. In settembre Katie avrebbe cominciato ad andare all’asilo e per lei le scuole private di Manhattan erano troppo care.
Quella riflessione le provocò una fitta di dolore ormai familiare. Oh, Ken, pensò. Se solo tu ci fossi ancora. Scacciò il ricordo, aprì la porta del Flatiron Building e salì in ascensore al quarto piano.
Mancavano ancora venti minuti alle nove, ma Glady Harper, come sempre, era già in ufficio. Gli altri impiegati, la receptionist e il ragioniere, arrivavano di solito due minuti prima delle nove. Glady non ammetteva i ritardi.
Si fermò davanti alla porta del suo ufficio. «Ciao, Glady.»
Lei alzò lo sguardo. Come al solito sembrava che non si fosse presa neanche la briga di spazzolarsi i capelli grigio ferro. Indossava pullover e pantaloni neri su un fisico atletico. Lane sapeva che Glady aveva un armadio pieno di completi esattamente uguali a quello e che la sua passione per colore, qualità dei materiali e design era riservata esclusivamente agli arredamenti di case e uffici. Sessantenne, divorziata da vent’anni, era «Glady» per tutti gli amici e gli impiegati.
Glady non perse tempo a rispondere. «Entra, Lane», la invitò. «C’è una cosa che voglio discutere con te.»
Cos’ho fatto di male? si chiese subito lei ubbidendo e andando ad accomodarsi in una delle sedie Windsor d’antiquariato davanti alla sua scrivania.
«Ho una richiesta da parte di un nuovo cliente, ma forse dovrei dire un vecchio cliente, e non sono sicura di volermi lasciare coinvolgere.»
Lane si sorprese. «Glady, dici sempre che, se hai la sensazione che un cliente sia difficile, è meglio rinunciarci.» Non che tu sia facile, aggiunse tra sé. La prima cosa che Glady faceva quando accettava un cliente era girare per casa sua con un carrello ed eliminare senza pietà tutti gli oggetti che considerava robaccia.
«Questo è diverso», rispose lei, un po’ turbata. «Dieci anni fa arredai la grande villa che Parker Bennett aveva appena comprato a Greenwich.»
«Parker Bennett!» Lane ricordò i titoloni dei giornali sul finanziere che aveva truffato i suoi clienti per miliardi di dollari presi dal fondo che amministrava. Poco prima che il furto fosse scoperto, era scomparso dalla barca a vela su cui si trovava. Si era pensato a un suicidio, ma il corpo non era mai stato ritrovato.
«Non è proprio di lui che sto parlando», precisò Glady. «Mi ha chiamato Eric, suo figlio. Il governo ha rastrellato tutto quello che ha potuto del patrimonio di Parker Bennett. Ora è stata messa in vendita la casa. L’arredamento non ha un gran valore e hanno deciso di lasciare che Anne, la moglie di Bennett, prenda quanto le serve per arredare un’altra abitazione. Eric dice che sua madre è indifferente a tutto e vorrebbe che fossi io a occuparmene.»
«Può permettersi di pagarti?»
«È stato molto schietto. Ha detto di aver saputo che il mio compenso più alto mi è stato dato da suo padre, quando, nell’assumermi, mi disse di ‘non badare a spese’. Mi ha chiesto di farlo gratis.»
«E accetterai?»
«Tu cosa faresti, Lane?»
Lane esitò, poi decise di non fare l’evasiva. «Ho visto delle foto di quella povera donna. Anne Bennett sembra invecchiata di vent’anni rispetto alle foto nelle rubriche mondane precedenti lo scandalo. Se fossi in te, io accetterei.»
Glady Harper strinse le labbra e alzò gli occhi al soffitto. Era la tipica reazione di quando si concentrava, fosse per individuare la sfumatura giusta della frangia di una tenda o per prendere una decisione come quella. «Credo che tu abbia ragione», concluse. «E non ci vorrà poi così tanto a mettere insieme qualche mobile per una villetta a schiera. Eric mi ha detto che è in un nuovo complesso residenziale a Montclair nel New Jersey. Non è troppo distante dal George Washington Bridge, saranno una quarantina di minuti. Almeno non ci sarà da star troppo tempo sedute in macchina.»
Strappò una pagina dal bloc-notes che aveva sulla scrivania e l’allungò verso Lane. «Qui c’è il numero di telefono di Eric Bennett. Da quel che mi risulta lavora mantenendo un profilo molto basso per una piccola società di consulenze finanziarie. Alla Morgan Stanley aveva un posto di ottimo livello, ma quando si è scoperto che cosa stava combinando il paparino, ha dato le dimissioni. Prendi un appuntamento con lui.»
Lane andò nel suo ufficio, si sedette alla scrivania e cominciò a comporre il numero che Glady aveva scritto sul foglio. Al primo squillo le rispose una voce sicura e armoniosa.
«Eric Bennett.»
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice americana rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Mary Higgins Clark.
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