Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di I re del mondo di Don Winslow. Il volume è pubblicato in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 18,50 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
I re del mondo: trama del libro
Ben e Chon hanno avviato da non molto il loro business: coltivare e diffondere ad ampio raggio la miglior marijuana di tutta la California. Ma qualcuno non è disposto a lasciar loro mano libera, senza mantenere il controllo e incassare una percentuale sui loro traffici. Finché si tratta di combattere con i piccoli delinquenti e gli sbirri corrotti che si sono fatti avanti per riscuotere la tangente, Ben e Chon possono anche cavarsela con pochi danni. Ma il gioco dietro il ricatto è molto piú ampio, e coinvolge nomi insospettabili: un mondo che include anche i loro padri, una cricca di surfisti e hippy che hanno rinunciato da anni a predicare pace e amore e hanno deciso di accumulare denaro nel modo piú efficace e rapido che esista al mondo: il traffico di stupefacenti. Anche a costo di allearsi con i narcos messicani, o con la mafia.
In ebook I re del mondo (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 9,99 euro.
Vaffanculo. A me.
2.
È ciò che pensa O, seduta tra Chon e Ben su una panchina di Main Beach, mentre sceglie per loro delle potenziali compagne.
– Quella? – chiede, indicando una classica BB (Basicamente Baywatch) che passeggia sul marciapiede.
Chon scuote la testa.
Con una punta di sdegno, pensa O. Chon è piuttosto schizzinoso, per essere uno che passa la maggior parte del tempo in Afghanistan o in Iraq e non vede un granché a parte tute mimetiche o burqa.
O si rende conto che il burqa può essere molto erotico, se giocato nel modo giusto.
La faccenda dell’harem, insomma.
Be’, no.
Il burqa non può funzionare per lei. Meglio non nascondere quei capelli biondi; e quegli occhi splendenti non devono sbirciare da dietro un niqab.
O è fatta per il sole.
È una ragazza californiana.
Chon non è piccolo, ma è magro. A dire il vero, O lo trova persino piú magro del solito. Ha sempre avuto un profilo marcato, ma ora sembra quasi inciso con uno scalpello. Le piacciono quei capelli cortissimi, quasi rasati.
– Quella? – chiede O, accennando con il mento a una bruna con l’aria da turista, il naso all’insú e un grosso paio di tette.
Chon scuote la testa.
Ben è silenzioso come una sfinge, il che è un rovesciamento dei ruoli, perché di solito è lui il piú loquace dei due. Non che ci voglia molto: Chon parla pochissimo, tranne quando si lancia nelle sue invettive. Allora è come togliere il tappo a una pompa antincendio.
Ben è il piú loquace, riflette O, ma anche il meno promiscuo.
Ben è piú il tipo «monogamo sequenziale», mentre Chon è della serie «le donne vanno servite simultaneamente». Ciò nonostante, O sa per certo che tutti e due (anche se Chon piú di Ben) approfittano con liberalità delle turiste che li guardano giocare a pallavolo in questa spiaggia, comodamente situata a pochi passi dall’Hotel Laguna.
Lei definisce quegli incontri Srdf.
Scopata – Room Service – Doccia – Fuori.
«Effettivamente si tratta piú o meno di questo», ha ammesso una volta Chon.
Benché a volte lui salti il Room Service.
Mai la doccia.
La regola d’oro della sopravvivenza, nel torneo a squadre Croci contro Mezzelune:
Se c’è una doccia, usala.
E a casa non riesce a togliersi l’abitudine.
In ogni modo, Chon ammette che le sue matinée all’Hotel Laguna, al Ritz, al St Regis e al Montage non coinvolgono solo le turiste, ma anche un certo numero di «mogli-trofeo» e divorziate (la differenza tra le due categorie è solo una questione di tempistica) della Orange County.
Questo è il punto, con Chon. È totalmente sincero. Niente finzioni, niente elusioni, niente scuse. O non sa decidere se sia perché ha un grande senso etico o semplicemente perché non gliene frega un cazzo.
Ora Chon si volta verso di lei e dice: – Ti resta un colpo solo. Scegli con attenzione.
È un gioco che fanno, si chiama Bio, Baseball degli Incontri Offline. Si tratta di azzeccare le preferenze sessuali reciproche e giocarsi un singolo, un doppio, un triplo o un Home Run. È un gran bel gioco quando sei fatto, come lo sono ora, dopo aver fumato un po’ dell’erba suprema di Ben e Chon.
(Che non è erba, ma una miscela idroponica di altissimo livello che loro chiamano «sabato al parco», perché bastano due tiri per trasformare qualsiasi giorno in un sabato e qualsiasi posto in un parco).
Di solito O è il Joe di Maggio del Bio, ma ora, con i runner sulla prima e la terza, è al terzo strike e rischia l’eliminazione.
– Allora? – chiede Chon.
– Sto aspettando un buon colpo, – risponde lei, scrutando la spiaggia.
Chon è stato in Iraq, è stato in Afghanistan…
Puntiamo sull’esotico.
Indica una bella indonesiana con i capelli neri lucidi che fanno risaltare il prendisole bianco.
– Quella.
– Strikeout, eliminata, – risponde Chon. – Non è il mio tipo.
– Ma qual è il tuo tipo? – chiede O, scoraggiata.
– Abbronzata, snella, viso dolce, grandi occhi castani, ciglia lunghe.
O si volta verso Ben.
– Ben! Chon vuole scoparsi Bambi.
3.
Ben è distratto.
Segue il gioco, ma solo in modo vago. Pensa a una cosa che è successa quella mattina.
Questa mattina, come tutte le mattine, Ben ha cominciato la sua giornata al Coyote Grill.
Ha preso un tavolo sul terrazzo accanto al barbecue e ha ordinato la solita cuccuma di caffè nero, delle buonissime uova con machaca (per chi vive nelle arretrate regioni a est dell’Interstatale 5, si tratta di uova strapazzate con pollo e salsa, contorno di fagioli neri e patate fritte, tortillas di mais o di farina: forse la migliore invenzione nella storia dell’universo), ha aperto il laptop ed è andato sul sito del «New York Times» per scoprire cosa Bush e i suoi complici avevano deciso di fare quel giorno per rendere il pianeta inabitabile.
Questa è la sua routine.
Chon, il suo socio, lo aveva messo in guardia contro le abitudini.
– Non è un’abitudine, – aveva risposto Ben. – È una routine.
L’abitudine è un gesto compulsivo, la routine è una scelta. Il fatto che si tratti della stessa scelta ogni giorno è irrilevante.
– Chiamala come ti pare, – aveva tagliato corto Chon. – Ma interrompila.
Attraversa la Pacific Coast Highway e vai all’Heidelberg Café. O vai fino a Dana Point Harbor a guardare le mammine che fanno jogging con i passeggini, oppure preparati il caffè a casa, Cristo santo. Ma non fare la stessa cosa tutti i giorni alla stessa ora.
– È cosí che abbiamo inchiodato certi pagliacci di al-Qaida, – aveva detto Chon.
– Sparate ai tizi di al-Qaida mentre mangiano uova e machaca al Coyote Grill? – aveva chiesto Ben. – Chi l’avrebbe mai detto?
– Molto divertente.
Sí, divertente ma non troppo: Chon ha davvero eliminato un discreto numero di militanti di a-Q, talebani e affiliati vari, proprio perché avevano preso la brutta abitudine di avere un’abitudine.
Lo ha fatto premendo il grilletto di persona o per procura, con l’aiuto di un qualche precoce genietto dei videogiochi che se ne stava seduto in un bunker del Nevada a bere Mountain Dew e a un certo punto, con la semplice pressione di un tasto, ha scatenato l’attacco di un drone e arrostito l’ignaro mujaheddin.
Il problema della guerra contemporanea è che è diventata un videogame (a meno che tu non ti trovi sul campo di battaglia e ti uccidano, nel qual caso decisamente non è un gioco).
Che fosse sparato da Chon o dal ragazzo del Nevada, il colpo ha avuto sempre e comunque lo stesso effetto.
Hemingwayano.
Sangue e arena.
Senza il toro (e stronzate varie).
Tutto vero, ma ciò nonostante Ben non si sottomette a quei sotterfugi piú dello stretto necessario. Gestisce un traffico di marijuana per accrescere la propria libertà, non per limitarla.
Per vivere meglio, non peggio.
– Cosa vuoi che faccia, che viva in un bunker? – aveva chiesto a Chon.
– Quando io sono via, – era stata la risposta, – sarebbe una buona idea.
Niente affatto.
Ben si attiene alla sua routine.
Quella mattina era stata Kari, la suadente cameriera eurasiatica dalla bellezza quasi irreale (pelle dorata, occhi a mandorla, capelli di un castano scurissimo, gambe piú lunghe di un inverno nel Wisconsin), a versargli il caffè.
– Ciao, Ben.
– Ciao, Kari.
Ben ci sta provando seriamente con Kari.
Perciò vaffanculo, Chon.
Kari aveva portato il cibo, e Ben si era dedicato alla machaca e al «Times».
Poi si era accorto del tizio seduto di fronte a lui.
4.
Robusto.
Spalle larghe e cadenti.
Radi capelli biondi pettinati all’indietro.
Uno della vecchia scuola, a occhio.
Infatti indossa una di quelle magliette con scritto «Old Guys Rule», senza rilevare l’ovvietà che se davvero i vecchi avessero il potere non avrebbero bisogno di proclamarlo con delle magliette da due soldi.
Comanderebbero e basta, no?
E invece sono incapaci di comprendere la tecnologia dei social media, pensa Ben, quindi è molto probabile che i giorni della loro supremazia abbiano fatto la stessa fine dei compact disc.
Comunque, questo tizio sulla cinquantina si era seduto al suo tavolo e lo fissava.
Il tasso di pelle d’oca era molto elevato.
Ben aveva un’aria tipo ci conosciamo, le sembra che dovrei conoscerla, si tratta di un approccio gay mattiniero? Oppure era soltanto uno di quei tizi convinti che sia un dovere umano attaccare bottone con chi è seduto da solo al tavolo di un ristorante?
Ben non è il tipo a cui piace fare nuove conoscenze. È piuttosto il tipo da sto leggendo il giornale e flirtando con la cameriera, perciò togliti dalle palle.
Quindi aveva detto: – Senza offesa, amico, ma sto leggendo.
Ovvero, ci sono cinque tavoli vuoti, perché non vai a sederti lí?
Il tipo aveva detto: – Ti rubo solo un minuto, figliolo.
– Non sono tuo figlio, a meno che mia madre non mi abbia ingannato per tutti questi anni.
– Piantala di fare il saputello e ascolta, – aveva detto l’uomo, in tono tranquillo. – Quando ti sei messo a vendere marijuana personalizzata ai tuoi amici, ti abbiamo lasciato fare. Ma adesso la tua roba si trova anche nei supermercati, e questo è un problema.
– Siamo in un libero mercato, – aveva risposto Ben, accorgendosi all’improvviso di parlare come un repubblicano. Un’epifania poco piacevole, per uno che normalmente si colloca a sinistra di Trockij.
– Non esiste nessun libero mercato, – aveva detto il tizio in maglietta. – Il mercato ha dei costi, ci sono delle spese. Vuoi vendere a Los Angeles, competere con i nostri fratelli neri o marroni? Accomodati. Ma in Orange County, San Diego e Riverside, per avere il via libera c’è una tariffa da pagare. Mi stai ascoltando?
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Don Winslow.
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