Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Sara al tramonto di Maurizio De Giovanni. Il romanzo è pubblicato in Italia da Rizzoli con un prezzo di copertina di 19,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Sara al tramonto: trama del libro
Nessuno la conosce. Sara Morozzi, invece, conosce tutti quelli di cui ha spiato le vite. Poliziotta in pensione con un passato dolente alle spalle, per più di tre decenni ha lavorato in un’unità investigativa “coperta”, legata ai Servizi e impegnata in attività d’intercettazione non autorizzate e “molto confidenziali”. Il tempo è passato così, scivolandole tra le dita, mentre nelle orecchie echeggiavano i segreti degli altri. Oggi, superati i cinquanta, è sola. Da poco ha perso il suo compagno, l’uomo ai vertici della sezione investigativa per il quale scelse di lasciare il marito e un figlio piccolo. Moglie infedele al punto da negarsi come madre, inespressiva, quasi invisibile, meticolosa e analitica ai limiti dell’ossessività, Sara ha deciso di ridare un senso alla propria esistenza vendicando chi soffre, accettando di fare giustizia quando applicare la legge non serve più a niente. Sullo sfondo di una Napoli periferica e marginale, livida e dimenticata dalle cronache, Maurizio de Giovanni ambienta le indagini di una protagonista d’eccezione: un po’ giustiziere al femminile, che regola conti rimasti in sospeso, un po’ detective privato con inquietanti trascorsi nelle maglie più oscure degli apparati di Stato. Sul filo di parole rubate e segreti carpiti, il racconto di ingiustizie, torti e delitti del quotidiano si intreccia ai misteri della storia d’Italia. E abbassare la voce non serve, perché Sara, la donna che ascolta, legge anche le labbra.
In ebook Sara al tramonto (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 10,99 euro.
Alla sua sinistra aveva preso posto una coppia di ragazzi, impazienti di pomiciare in libertà. Aspettavano che l’ombra diventasse più fitta e che i bambini smettessero di giocare e rientrassero nelle loro stupide case, lasciando il campo a chi aveva faccende più serie da sbrigare. A destra, invece, a godersi il tramonto di maggio che filtrava tra i palazzi, giovani madri e babysitter chiacchieravano o leggevano. Di tanto in tanto lanciavano occhiate allo stormo vociante di bimbi che occupavano aiuole e scivoli in plastica.
I giardinetti costituivano una piccola, significativa vittoria di mamme e pensionati sul resto del quartiere che avrebbe preferito l’ennesimo parcheggio. In una città poverissima di parchi pubblici, la densità della popolazione era tale da privilegiare l’utile al dilettevole; stavolta, però, nei dintorni abitavano troppe persone influenti che andavano ascoltate, perché quella ormai era una zona da benestanti, dopo essere stata per sessant’anni un rione popolare.
Ecco, quindi, un minuscolo Central Park circondato da brutte costruzioni in cemento armato, incongrua gentilezza verde un po’ sbiadita, ma difesa con le unghie e con i denti dalla fame delle auto.
La donna invisibile, dal suo comodo punto di osservazione, rifletté divertita sull’alternanza di umanità che l’ambiente circostante avrebbe registrato di lì a qualche ora, dopo un breve interregno concesso al popolo delle coppiette, la cui avanguardia attendeva sull’ultima panchina. I fiochi lampioni avrebbero lasciato ampie zone di buio in cui si sarebbe rifugiata la gente della notte; bustine e soldi sarebbero passati veloci di mano in mano, personaggi indefinibili per sesso ed età avrebbero costruito provvisori letti di cartone, e qualche bottiglia vuota sarebbe stata rotta sui vialetti.
Ma ci voleva ancora tempo. Per ora il sole resisteva, e insieme a lui i bambini che si rincorrevano, le mamme che conversavano e perfino tre anziani che disputavano la partita di bocce conclusiva della giornata.
In senso stretto, la donna non poteva essere definita invisibile. Se qualcuno si fosse concentrato, se avesse scrutato con insistenza proprio dalla sua parte, forse l’avrebbe notata. Ma la concentrazione in quella città era tanto rara da poter affermare che sì, la donna invisibile era davvero invisibile. Minuta, i capelli grigi che sfioravano le spalle pettinati in maniera anonima, le scarpe basse, il vestito scuro, una giacca leggera, una borsa morbida in grembo, sedeva sul bordo della panchina, coprendo le ultime lettere di una scritta in vernice che comunque sarebbe stata incomprensibile. La testa era protesa in avanti, verso il vuoto. Non guardare nessuno, e nessuno ti guarderà.
In realtà la donna invisibile stava osservando qualcuno, senza particolare interesse: così, per mantenersi in esercizio.
A una trentina di metri, al limite del suo campo visivo, su una delle panchine ancora immerse nel sole, c’erano due giovani che discorrevano. La distanza, le urla dei bambini, gli scooter che sfrecciavano accelerando, i tanti rumori della strada impedivano che anche l’eco di una sola parola del dialogo arrivasse alla donna invisibile.
Nonostante questo, lei coglieva il contenuto della conversazione come se fosse seduta in mezzo a loro.
Era il suo potere.
Tu sei speciale. Noi, tutti noi, abbiamo studiato anni, ci siamo esercitati di continuo, ma non riusciamo a fare la metà di quello che a te viene naturale. È incredibile il livello di precisione dei tuoi rapporti. Incredibile.
Quasi coetanee, una rossa e l’altra bruna, erano là per badare a una femminuccia e a un maschietto, che però non giocavano insieme.
La rossa era la mamma della bimba; la bruna, molto carina, la babysitter dell’altro. Dovevano essere in confidenza, perché avevano iniziato a parlare fitto appena si erano incontrate. La donna invisibile non poteva sentirle, ma distingueva con chiarezza i movimenti delle labbra e non c’erano ostacoli che le impedissero di osservarne i gesti, la posizione dei corpi, la postura delle spalle. Era più che sufficiente per ascoltarle, come se le parole fossero diffuse da quattro casse disposte attorno a lei.
La babysitter era l’amante del padre del bambino. E stava attuando una vera e propria strategia grazie alla quale l’uomo, un facoltoso professionista, forse un medico o un avvocato, avrebbe lasciato la moglie e quella peste di ragazzino viziato per andarsene via con lei. In quel momento aveva finito di descrivere nei dettagli le pratiche sessuali che aveva sperimentato, seguendo con precisione lo schema di una serie di romanzi erotici letti con provvidenziale tempistica.
La rossa ascoltava attenta. Intratteneva a sua volta una ludica, atletica relazione con un istruttore di spinning ed era ansiosa di confrontarsi con l’amica perché temeva la concorrenza di un paio di compagne di corso ninfomani. Ogni tanto l’appassionato colloquio era interrotto dalle incursioni dei bambini che volevano un po’ d’acqua, un biscotto o raccontare l’evoluzione dei propri giochi. Gli argomenti trattati però erano così avvincenti che i piccoli ottenevano solo qualche secca, distratta risposta dalle donne, coinvolte in un acceso dibattito su come governare il ritmo di certe contrazioni vaginali durante la penetrazione.
La donna invisibile combinava alla lettura del labiale l’interpretazione dei movimenti di testa, dita e braccia. Era quasi certa che la rossa si stesse addirittura eccitando, da come continuava ad accavallare le gambe e a sfiorarsi la punta del seno con la mano.
Avevi ragione, sai? È incredibile, ma avevi ragione. Un filmato di pochi secondi, così sgranato, ripreso da lontano, e hai capito alla perfezione quello che in dieci non erano riusciti a interpretare, con tutti i microfoni direzionali e le cimici che avevano a disposizione. Impressionante. E complimenti! Grazie a te li hanno incastrati, e in via riservata ci sono arrivate le congratulazioni del ministro. Stai diventando una risorsa indispensabile.
Senza volerlo, la donna invisibile apprese che la rossa non aveva alcuna intenzione di mollare il flaccido marito, un faccendiere ricco sfondato, commercialista di professione. A meno che, disse quella scherzando ma non troppo, prima o poi non fosse finito in galera per qualche maneggio, come peraltro c’era da aspettarsi. Per questo l’aveva convinto a intestarle un certo quantitativo di denaro che riposava all’estero. Per precauzione, gli aveva suggerito. Così, nel deprecabile caso, avrebbe pensato lei, da amorevole e devota consorte, a ungere le debite ruote e a pagare i migliori legali. Sta’ tranquillo, amore. Ci sono io. A quel punto, secondo il suo disegno, sarebbe salpata verso più felici lidi in compagnia dell’istruttore di spinning, o di chi per lui, non lasciando tracce di sé.
La bruna, piena di ammirazione, chiese cosa ne sarebbe stato della figlia che, coi capelli fulvi come la madre, in quel preciso istante rischiava l’osso del collo catapultandosi a testa in giù dallo scivolo.
L’altra rispose fredda, a voce bassa, ma la donna invisibile comprese con esattezza. La rossa avrebbe lasciato la bambina alla nonna paterna, che pur odiando la nuora era molto affezionata alla nipote. Perché negare alla maledetta vecchia una simile gioia?
Mentre ridevano entrambe per la battuta, in tutto e per tutto uguali a dolci mammine impegnate a scambiarsi ricette, qualcuno si sedette sulla panchina della donna invisibile, occupando l’estremità opposta alla sua.
L’aveva vista arrivare con la coda dell’occhio, quindi non ebbe bisogno di girarsi a guardarla. Era una giovane dai lineamenti fini e regolari, con i capelli lisci e chiari raccolti in una coda. Indossava uno spolverino che stonava un po’ col clima tiepido e calzava scarpe comode. Era incinta, e gestiva l’enorme pancione come un corpo estraneo, muovendosi circospetta e sostenendolo con una mano quasi potesse sfuggirle da un momento all’altro.
Neanche la ragazza si voltò, accentuando l’impressione di invisibilità della donna. Il sole aveva abbandonato la terza panchina, e l’ombra stava attaccando la quarta nel compimento di una quieta ma implacabile invasione. Dopo qualche attimo, la giovane mormorò:
«Ho sempre freddo. Dicono che è normale, ma a me pare così strano».
La donna invisibile rispose senza muoversi:
«Chi lo dice che è normale?».
La ragazza sbuffò. «La ginecologa e mia madre.»
L’altra rimase in silenzio per qualche secondo. «Non ricordo bene, ma non mi sembra. Passai tutta l’estate nelle tue condizioni e partorii a ottobre. Rammento il caldo, non il freddo. Ero giovanissima.»
«Cioè, quanti anni avevi? Io ne ho ventisette, e…»
«Neanche questo ti ha raccontato, eh? Ne avevo ventuno.»
La giovane voltò la testa, sorpresa, quindi tornò a contemplare il vuoto davanti a sé, un po’ a disagio. «No, lo sai. Lui non accennava mai a te. All’inizio credevo che fossi morta in un modo orribile, tipo che ti fossi ammazzata. Un figlio non ricorda volentieri una storia del genere. Poi, un giorno che parlavamo del bambino, delle possibili somiglianze… Insomma, disse che…»
La donna annuì con un impercettibile gesto:
«Che sperava non assomigliasse a me. In niente».
«Sì, più o meno. Allora gli chiesi…»
«Gli chiedesti cosa mi era capitato, no?»
«Già, e lui a monosillabi, un po’ alla volta, mi spiegò che te n’eri andata. Ignorava perfino se eri viva o…»
«Invece lo sapeva, lo sapeva benissimo. Solo che non voleva vedermi, punto e basta. Mi aveva cancellato, come immaginava avessi fatto io con lui.»
La giovane si passò una mano sulla mongolfiera tra il seno e le gambe. «E tu? Lo avevi cancellato?»
Lo sguardo della donna invisibile sfiorò il ventre della ragazza. «Una cosa come quella non si può cancellare.»
«Non si può. Ma allora che è successo? Secondo mia madre… Se scoprisse che ci vediamo e parliamo…»
Amore mio dolcissimo, quanto ti sono costato? Solo adesso che tutto sta per finire, adesso che finalmente il dolore cederà il posto al silenzio, adesso che ti lascerò sola, mi rendo conto del prezzo che hai dovuto pagare per noi due. Amore mio.
«Tua madre in parte ha ragione. Dal suo punto di vista io sono una specie di criminale, una che ha abbandonato un marito fedele e un figlio piccolo per scegliere un’altra vita. È comprensibile che ti sconsigli di incontrarmi. Quindi perché vieni qui?»
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Maurizio De Giovanni.
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