Scherzi del destino: la trama del libro
Non ci sarebbe riuscita comunque: avrebbe preferito uscire dal teatro da sola, e non dover parlare con nessuno per ventiquattr’ore almeno. Decise allora che sarebbe tornata. E non in compagnia. Non sarebbe stato difficile. Il paese dove era cresciuta, e dove in seguito aveva dovuto trovarsi un impiego, a causa di Joanne, distava appena trenta miglia. La gente sapeva che a Stratford allestivano spettacoli di Shakespeare, ma Robin non aveva mai sentito nessuno manifestare l’intenzione di assistervi. La gente come Willard temeva di essere guardata con sufficienza dal pubblico, e di avere problemi a stare dietro alle parole del testo. Mentre quelli come Joanne erano sicuri che Shakespeare non potesse piacere sul serio a nessuno, mai, e che perciò chiunque fosse andato a teatro l’avrebbe fatto soltanto per mescolarsi con persone piú altolocate, le quali a loro volta non si divertivano, ma lasciavano credere il contrario.
Erano nel portico di una casa in legno dipinta di verde scuro, in Isaac Street. Willard Greig, il vicino di casa, giocava a ramino seduto al tavolo con Joanne, la sorella di Robin. Robin sedeva sul divano, sfogliando accigliata una rivista. Il profumo della nicotiana in fiore lottava con l’odore di salsa rubra messa a bollire in qualche cucina della via.
Willard osservò Joanne accennare un sorriso, prima di domandare con voce inespressiva: – Come hai detto?
– Ho detto, mi ammazzo, – ribatté Robin provocatoria. – Mi ammazzo, se entro domani quel vestito non è pronto. In tintoria.
– Mi era sembrato che avessi detto cosí. Ti ammazzi?
Una dichiarazione del genere non sarebbe mai uscita dalla bocca di Joanne. Si esprimeva in modo cosí pacato, lei, con uno sdegno talmente composto, mentre il suo sorriso, già svanito, non era altro che un’impercettibile tensione agli angoli delle labbra.
– Sí, certo, – disse Robin in tono di sfida. – Mi serve.
– Le serve, si ammazza, deve andare a teatro, – disse Joanne a Willard, sottovoce.
– Dai, Joanne, – disse Willard. I suoi genitori e lui stesso erano stati amici dei genitori delle due ragazze – le chiamava ancora cosí nella sua testa, le ragazze – e ora che padri e madri erano tutti morti, sentiva come un dovere cercare di evitare per quanto possibile che le due sorelle si accapigliassero.
Joanne aveva ormai trent’anni; Robin, ventisei. Joanne era acerba di corpo: stretta di torace, viso lungo e giallastro, capelli castani, dritti e sottili. Non provava mai a fingere di essere altro che una sventurata, a metà strada fra l’infanzia e la maturità. Bloccata, mutilata, in un certo senso, da una violenta forma di asma cronica, fin da bambina. Da una persona del genere, una che d’inverno non metteva il naso fuori di casa e di notte non poteva essere lasciata sola, non ci si aspettava uno spirito tanto incline a devastare a parole la stupidità di gente ben piú fortunata. Né che potesse attingere a tali riserve di disprezzo. Nella memoria di Willard, era una vita che si assisteva alla scena di Robin con gli occhi pieni di lacrime per la rabbia, mentre Joanne le diceva: – Si può sapere che cos’hai adesso?
Ma quella sera Robin registrò appena la stangata. Domani andava a Stratford, era il suo giorno, e già si sentiva fuori dalla giurisdizione di Joanne.
– Cosa danno, Robin? – chiese Willard, nel tentativo di appianare la crisi, se possibile. – Qualcosa di Shakespeare?
– Sí. Come vi piace.
– E tu riesci a seguirlo? Shakespeare?
Robin disse di sí.
– Sei eccezionale.
Lo faceva ormai da cinque anni. Uno spettacolo per ogni stagione estiva. Aveva incominciato quando risiedeva a Stratford, per il corso da infermiera. La prima volta con una compagna che aveva avuto un paio di biglietti gratis dalla zia costumista. La ragazza dei biglietti si era annoiata a morte – davano il Re Lear – perciò Robin non aveva detto niente su come si sentiva. Non ci sarebbe riuscita comunque: avrebbe preferito uscire dal teatro da sola, e non dover parlare con nessuno per ventiquattr’ore almeno. Decise allora che sarebbe tornata. E non in compagnia.
Non sarebbe stato difficile. Il paese dove era cresciuta, e dove in seguito aveva dovuto trovarsi un impiego, a causa di Joanne, distava appena trenta miglia. La gente sapeva che a Stratford allestivano spettacoli di Shakespeare, ma Robin non aveva mai sentito nessuno manifestare l’intenzione di assistervi. La gente come Willard temeva di essere guardata con sufficienza dal pubblico, e di avere problemi a stare dietro alle parole del testo. Mentre quelli come Joanne erano sicuri che Shakespeare non potesse piacere sul serio a nessuno, mai, e che perciò chiunque fosse andato a teatro l’avrebbe fatto soltanto per mescolarsi con persone piú altolocate, le quali a loro volta non si divertivano, ma lasciavano credere il contrario. I pochissimi frequentatori di sale teatrali del paese preferivano andare a Toronto, al Royal Alex, quando c’era un musical di Broadway in tournée.
Editore: Einaudi
Pagine: 32
Collana: Quanti
eBook: sì (cartaceo nella raccolta “In fuga”, sempre edita da Einaudi)
Alice Munro è una scrittrice canadese, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 2013. In Italia le sue opere sono pubblicate da Einaudi.
Lascia un commento