Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Un segreto nel cuore di Nicholas Sparks, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 10,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Un segreto nel cuore: trama del libro
Sarah ha un matrimonio infelice alle spalle; Miles ha perso per sempre la donna che amava ed è rimasto solo con il figlio Jonah, un bambino con molti problemi. Per fortuna la nuova maestra del piccolo è proprio Sarah, che sa riconoscerne il disagio. Ben presto tra lei e Miles nasce qualcosa che va oltre il comune affetto per il bimbo, ma entrambi devono chiudere con il passato prima di abbandonarsi al sogno di una nuova vita e aprire i loro cuori alla tenerezza e alla passione.
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Il fumo della sigaretta si alzava in spirali e Miles avvertiva già l’umidità che andava appesantendo l’aria. Poco dopo, gli uccelli intonarono il loro canto mattutino, diffondendo una melodia di striduli cinguettii. Una barchetta passò davanti alla casa, il pescatore lanciò a Miles un saluto con la mano a cui lui rispose con un lieve cenno del capo. Era il massimo che le sue energie gli consentivano.
Aveva bisogno di una tazza di caffè. Poi sarebbe stato pronto ad affrontare la giornata: accompagnare Jonah a scuola, tenere a bada i trasgressori locali, consegnare lettere di sfratto in tutta la contea, oltre ad affrontare le altre grane che si sarebbero presentate, come incontrare l’insegnante di suo figlio nel pomeriggio. E questo solo per cominciare. Le serate sembravano anche più impegnative. C’era sempre tanto da sbrigare per mandare avanti la casa: conti da pagare, la dispensa da riempire, le pulizie, le piccole riparazioni domestiche. Persino nei rari momenti in cui si ritrovava con un po’ di tempo libero, Miles era indotto a sfruttarlo in qualche modo, altrimenti sarebbe andato sprecato. Presto, trova qualcosa da leggere. Sbrigati, hai solo pochi minuti per riposarti. Chiudi gli occhi, a breve non ce ne sarà più l’occasione. Alla lunga sarebbe bastato a sfinire chiunque, ma che poteva farci?
Gli ci voleva assolutamente un caffè. La nicotina non gli faceva più effetto. Aveva pensato di smettere di fumare, ma, in fondo, era irrilevante. Era convinto di non essere un grande fumatore. Certo, qualche sigaretta nel corso della giornata, ma non era come far fuori un pacchetto al giorno e non era nemmeno un vizio che aveva da sempre; aveva cominciato alla morte di Missy e poteva smettere in qualsiasi momento. Quindi perché prendersela tanto? Che diamine, i suoi polmoni erano a posto… giusto la settimana prima aveva rincorso un ladro fuori da un negozio e non aveva avuto problemi ad acciuffare il ragazzo. Un fumatore non ci sarebbe riuscito.
A dire la verità, non era stato facile come quando aveva ventidue anni. Ma ne erano passati dieci, da allora, e anche se non era certo decrepito, di sicuro stava invecchiando. E se lo sentiva addosso; all’università, lui e i suoi amici cominciavano la serata verso le undici e poi andavano avanti tutta la notte. Negli ultimi tempi, invece, a parte quando gli capitava di lavorare di sera, alle undici era già tardi e anche se faceva fatica ad addormentarsi, andava a letto lo stesso. Non riusciva a trovare un valido motivo per restare alzato. La stanchezza era diventata un elemento costante nella sua vita. Perfino durante le notti in cui Jonah non aveva incubi – quei brutti sogni così frequenti dopo la morte della madre – Miles si svegliava… stanco. Confuso. Intontito. In genere attribuiva quello sfinimento alla sua vita frenetica; ma a volte si chiedeva se non ci fosse qualcosa che non andava in lui. Aveva letto che uno dei sintomi della depressione è «un insolito stato letargico, senza causa né ragione». Certo, lui la causa ce l’aveva…
Quello di cui in realtà aveva bisogno era qualche giorno di pace in una casetta sul mare, giù a Key West, un posto dove andare a pesca di halibut, oppure riposarsi dondolando pigramente su un’amaca con in mano una birra fredda, e con la prospettiva di dover decidere solo se infilarsi o meno i sandali per andare a passeggiare sulla sabbia in compagnia di una bella donna.
C’era anche questo. La solitudine. Era stanco di essere solo, di svegliarsi in un letto vuoto, anche se quella sensazione lo coglieva ancora di sorpresa. Aveva cominciato a provarla di recente. Nel primo anno dopo la morte di Missy, non riusciva nemmeno a immaginare di amare un’altra donna. Mai. Era come se il desiderio, la passione e l’amore non fossero altro che possibilità teoriche senza nessun aggancio con la vita reale. Anche ora, dopo essere sopravvissuto a uno sgomento e un dolore tanto forti da farlo piangere tutte le notti, la sua vita continuava a sembrargli sbagliata, come se fosse uscita temporaneamente dai binari. Ma ben presto si sarebbe raddrizzata, perciò non c’era motivo di prendersela troppo.
A pensarci bene, molte cose non erano cambiate dopo il funerale. Le bollette continuavano ad arrivare, Jonah aveva bisogno di mangiare, il prato andava tagliato. Lui aveva ancora un lavoro. Una volta, dopo troppe birre, Charlie, il suo migliore amico nonché il suo capo, gli aveva chiesto che cosa si provasse a perdere la moglie e Miles aveva risposto che non gli sembrava che Missy se ne fosse andata sul serio. Aveva piuttosto la sensazione che fosse partita per il week-end e lo avesse incaricato di occuparsi del figlio durante la sua assenza.
Con il passare del tempo, anche lo stordimento a cui si era abituato era svanito. Al suo posto era subentrata la realtà. Per quanto si sforzasse di andare avanti, la mente di Miles era ancora attaccata a Missy. Sembrava che tutto gliela ricordasse, soprattutto Jonah, che le assomigliava ogni giorno di più. A volte, fermandosi sulla porta della sua cameretta dopo avergli rimboccato le coperte, rivedeva la moglie nei tratti infantili del figlio ed era costretto a voltarsi prima che il bambino si accorgesse delle sue lacrime. Ma quell’immagine restava con lui per ore; gli piaceva l’aspetto di Missy quando dormiva, i lunghi capelli castani sparsi sul cuscino, un braccio sempre abbandonato sopra la testa, le labbra socchiuse, il lieve movimento del petto mentre respirava. Non avrebbe mai dimenticato l’odore della sua pelle. La mattina del primo Natale dopo la sua morte, mentre era in chiesa, Miles aveva colto una lieve scia del profumo che Missy usava ed era rimasto aggrappato a quel dolore acuto come un naufrago al salvagente.
Si aggrappava anche ad altri ricordi. Nei primi tempi del matrimonio, lui e Missy pranzavano da Fred & Clara’s, un ristorantino nella via dov’era la banca in cui lei lavorava. Era appartato, tranquillo e quell’ambiente intimo e famigliare dava l’impressione che tra loro non sarebbe mai cambiato niente. Non ci erano più stati così spesso dalla nascita di Jonah, ma Miles ci tornò dopo che lei se n’era andata, quasi sperando di trovare attaccato alle pareti qualche brandello di quelle sensazioni. Anche a casa la sua vita scorreva secondo i ritmi impostati da lei. Dato che Missy andava al supermercato il giovedì pomeriggio, Miles faceva lo stesso. Missy riteneva che il Lysol fosse il detersivo migliore per la cucina e perciò lui non vedeva motivo di cambiarlo. In tutto quello che faceva, c’era sempre Missy.
Ma a un certo punto, la primavera precedente, qualcosa era cominciato a cambiare. Era successo senza preavviso e Miles lo aveva avvertito immediatamente. Mentre andava in macchina in centro, si era sorpreso a fissare una giovane coppia che camminava mano nella mano lungo il marciapiede. E per un attimo soltanto si era immaginato al posto dell’uomo, e che la donna fosse con lui. Oppure, se non lei, un’altra… qualcuno che amasse non soltanto lui, ma anche Jonah. Una donna che lo facesse ridere, con cui bere una bottiglia di vino durante una cena in allegria, una donna da stringere e da toccare, con la quale parlare piano dopo aver spento la luce. Una come Missy, aveva pensato, e la sua immagine aveva subito scatenato un senso di colpa e di tradimento che lo aveva sopraffatto, cancellando per sempre dalla sua mente quella giovane coppia.
Almeno così credeva.
Più tardi quella sera, dopo essersi infilato a letto, si era scoperto a pensare di nuovo a loro. E questa volta i sensi di colpa erano stati meno forti. In quel momento Miles si era reso conto di aver compiuto il primo passo, per quanto piccolo, verso la rassegnazione per la perdita subita.
Cominciò a giustificare la sua nuova condizione dicendosi che adesso era vedovo, che era naturale provare simili sensazioni. Sapeva che nessuno l’avrebbe contraddetto. Nessuno si aspettava che trascorresse il resto della vita da solo; nei mesi precedenti gli amici si erano persino offerti di combinargli qualche appuntamento. Inoltre sapeva che Missy avrebbe voluto che si risposasse. Glielo aveva detto più di una volta… come la maggior parte delle coppie, avevano spesso fatto il gioco dell’«e se», e pur non immaginando che potesse mai accadere davvero nulla di terribile, erano stati entrambi d’accordo che non sarebbe stato giusto per Jonah crescere con un genitore solo. Non sarebbe stato giusto neppure per il coniuge sopravvissuto. Però sembrava ancora troppo presto.
Con il passare dell’estate, l’idea di trovare un’altra cominciò ad affiorare con maggiore frequenza e intensità. Missy c’era ancora, Missy ci sarebbe sempre stata… eppure Miles cominciava a pensare più seriamente a cercare una persona con cui condividere la vita.
A notte fonda, mentre consolava Jonah sulla sedia a dondolo in veranda – era l’unico modo per placare i suoi incubi – quei pensieri si rafforzavano e seguivano sempre il medesimo corso. Il potrei trovare qualcuno diventava vorrei e alla fine cambiava in dovrei. A questo punto però, per quanto desiderasse che fosse diversamente, i suoi pensieri tornavano indietro al non lo farò.
La ragione era in camera da letto.
Sul suo comodino, in una cartelletta rigonfia, c’era la pratica relativa alla morte di Missy, con il materiale che lui aveva raccolto per conto proprio nei mesi successivi al funerale. La teneva con sé per non dimenticare l’accaduto né il lavoro che gli restava ancora da fare.
La teneva per ricordare il proprio fallimento.
Pochi minuti più tardi, dopo aver spento la sigaretta sulla ringhiera ed essere tornato dentro, Miles si versò l’agognato caffè e si avviò lungo il corridoio. Jonah dormiva ancora quando socchiuse la porta e infilò dentro la testa. Bene, gli restava ancora un po’ di tempo. Si diresse verso il bagno.
Dopo aver aperto il rubinetto, la doccia brontolò e sibilò per un momento prima che uscisse l’acqua. Miles si lavò e si rase. Passandosi il pettine tra i capelli, notò ancora una volta che gli sembravano diradati. Infilò velocemente l’uniforme, poi prese la fondina dalla cassetta di sicurezza sopra la porta della camera e se l’allacciò. Dal corridoio udì Jonah che si muoveva nel letto. Quando entrò in camera sua, il figlio lo guardò con occhi assonnati. Era seduto, i capelli arruffati. Era sveglio da poco.
Miles sorrise. «Buon giorno, campione.»
Jonah alzò gli occhi, al rallentatore. «Ciao, papà.»
Per la biografia completa dello scrittore americano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata ad Nicholas Sparks. Per la bibliografia rimandiamo invece alla nostra pagina riassuntiva su tutti i libri dell’autore.
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