Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj. Il romanzo è pubblicato in Italia, tra gli altri, da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 8,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è in vendita in eBook a meno di un euro.
La sonata a Kreutzer: trama del libro
Un uomo di nome Pozdnysev durante un viaggio in treno confessa a uno sconosciuto la propria colpa segreta. Ricorda di aver presentato alla moglie un avventuriero, gran seduttore e abile musicista, dando così inizio a un gioco che si rivelerà tragicamente beffardo. Via via sempre più sospettoso una sera, mentre la coppia esegue in perfetta sintonia la Sonata a Kreutzer di Beethoven, Pozdnysev accantona ogni dubbio. Spinto dalla gelosia uccide la moglie per un tradimento in realtà mai avvenuto e senza rendersi conto del terribile malinteso. Pubblicata nel 1891 dopo numerose revisioni, la “Sonata a Kreutzer” è tra le opere più significative dell’ultimo Tolstoj. Dura requisitoria contro le ipocrisie nascoste della vita coniugale, racconto quasi dostoevskiano per la ricerca delle motivazioni più oscure dei gesti umani, si presenta come la testimonianza spietata di una storia che potrebbe essere vera. “Scritta con cattiveria”, come ebbe a dire Sonja Tolstoj, la “Sonata a Kreutzer” rimane un invito spregiudicato a riflettere sulla morale, le grandi passioni e i loro effetti.
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Questo signore, dall’inizio del viaggio, aveva cercato volutamente di evitare ogni rapporto o conoscenza con gli altri passeggeri. Ai tentativi dei vicini di attaccar discorso rispondeva brevemente o seccamente e o leggeva, o, guardando attraverso il finestrino, fumava, o, estraendo dal suo vecchio sacco da viaggio le provviste, beveva del tè o mangiava un boccone.
Avevo l’impressione che la sua solitudine gli pesasse e di tanto in tanto avrei voluto parlare con lui ma ogni volta, quando i nostri sguardi si incrociavano, il che succedeva spesso perché sedevamo di sbieco uno di fronte all’altro, lui si voltava dall’altra parte e si immergeva nella lettura di un libro o guardava attraverso il finestrino.
Durante la sosta del treno in una grande stazione, la sera del secondo giorno, il signore nervoso andò a prendere dell’acqua calda e si preparò del tè. Anche il signore con le valigie nuove e ben tenute, un avvocato, come venni a saper poi, con la sua vicina, la signora fumatrice che indossava un cappotto di taglio quasi maschile, andò in stazione a bere il tè.
Durante l’assenza del signore e della signora nel vagone entrarono alcuni passeggeri nuovi, tra i quali un vecchio alto, ben rasato, rugoso, evidentemente un mercante, con una pelliccia di lontra e un berretto in panno dalla visiera enorme. Il mercante si sedette di fronte al posto occupato dalla signora e dall’avvocato e cominciò subito a parlare con un giovanotto, che dall’aspetto sembrava un commesso, e che era salito anche lui a quella stazione.
Io ero seduto di sbieco rispetto a loro e, dato che il treno era fermo, potevo, quando non passava nessuno, sentire dei frammenti della loro conversazione. Il mercante all’inizio spiegò che stava andando in una sua proprietà, distante una sola fermata; poi, come sempre, cominciò a parlare di prezzi, di mercato, di come andavano gli affari a Mosca e poi passarono a discutere della fiera di Nižnij-Novgorod.1 Il commesso cominciò a raccontare dei bagordi, alla fiera, di un mercante molto ricco, noto a tutti e due, ma il vecchio non lo lasciò finire e iniziò a raccontare di certi bagordi che si erano fatti una volta a Kunavino e ai quali egli stesso aveva partecipato. Egli, evidentemente, andava fiero di avervi preso parte e con evidente piacere raccontava come, insieme a questo conoscente comune, una volta, ubriachi, a Kunavino, avevano pensato uno scherzo tale da doverlo raccontare a bassa voce; la risata del commesso fece risuonare tutto il vagone, anche il vecchio rise, mettendo in mostra due denti gialli.
Dato che non mi aspettavo di sentire nulla di interessante, mi alzai per andare a passeggiare sulla piattaforma della stazione in attesa della partenza del treno. Presso la porta del vagone mi imbattei nell’avvocato e nella signora che, camminando, discutevano animatamente di qualche cosa.
«Non farete in tempo, – mi disse cordialmente l’avvocato – fra poco suonerà il secondo campanello».
In effetti non avevo ancora raggiunto la fine del treno che il campanello suonò. Quando ritornai la signora e l’avvocato continuavano a discutere animatamente. Il vecchio mercante sedeva davanti a loro, con uno sguardo fisso e accigliato e biascicando ogni tanto con aria di disapprovazione.
«Inoltre lei ha apertamente dichiarato a suo marito, – diceva l’avvocato nel momento in cui gli passai vicino – che non può, e non vuole, vivere con lui, cosicché…».
E cominciò a raccontare qualche cosa che io non riuscii a sentire. Dietro di me passarono altri viaggiatori, un controllore, un fattorino di corsa, e per parecchio tempo a causa del rumore creatosi non fu possibile ascoltare la voce dell’avvocato; il discorso evidentemente era passato da un caso particolare a riflessioni di tipo generale.
L’avvocato raccontava come la questione del divorzio interessava al momento l’opinione pubblica in Europa e come, anche da noi, sempre più spesso si verificavano casi come questi. Essendosi accorto che si sentiva solo la sua voce, l’avvocato interruppe il discorso e si rivolse al vecchio.
«Un tempo non era così, non è vero?» disse, sorridendo affabilmente.
Il vecchio avrebbe voluto rispondere, ma in quel momento il treno si mosse e così, levatosi il cappello, si fece il segno della croce e cominciò a recitare sottovoce una preghiera. L’avvocato, distogliendo lo sguardo, aspettò educatamente. Terminata le preghiera e dopo aver fatto tre volte il segno della croce il vecchio si rimise, diritto e ben calcato sulla testa, il cappello, si sistemò meglio al suo posto e incominciò a parlare.
«Succedeva anche prima, signore, – disse – solo più raramente. Oggigiorno non può essere che così. Siamo diventati troppo istruiti».
Il treno, muovendosi sempre più veloce, sobbalzava rumorosamente sulle rotaie e per me era difficile ascoltare, ma dato che era interessante mi accostai un po’ di più. Il mio vicino, il signore nervoso dagli occhi brillanti, evidentemente interessato, senza alzarsi dal suo posto si era messo ad ascoltare.
«Ma che male c’è nell’istruzione? – chiese la signora sorridendo appena percettibilmente – Davvero sarebbe meglio sposarsi come si faceva un tempo, quando i fidanzati non si incontravano fino alle nozze? – continuò rispondendo, secondo l’abitudine di molte donne, non alle parole del suo interlocutore, ma a quelle che riteneva lui avrebbe detto – Non sapevano se si amavano, se si sarebbero amati, ma si sposavano con chi capitava per poi soffrire tutta la vita; così, secondo voi, sarebbe meglio?» disse, evidentemente rivolgendosi a me e all’avvocato, più che al vecchio, con il quale stava parlando.
«Ormai siamo diventati troppo istruiti», ripeté il mercante guardando con disprezzo la signora e lasciando la sua domanda senza risposta.
«Mi piacerebbe sapere come spiegate il rapporto tra l’istruzione e il disaccordo coniugale», disse l’avvocato sorridendo leggermente.
Il mercante avrebbe voluto dire qualche cosa, ma la signora lo precedette.
«No, ormai questi tempi sono passati», disse, ma l’avvocato la interruppe:
«No, consentitegli di esprimere la sua idea».
«Sciocchezze dovute all’istruzione», disse il vecchio con decisione.
«Si fanno sposare coloro che non si amano e poi ci si stupisce che non vadano d’accordo», si affrettò a dire la signora lanciando occhiate all’avvocato, a me e anche al commesso che, alzatosi dal suo posto e appoggiatosi con un gomito allo schienale, sorrideva ascoltando la conversazione. «Soltanto gli animali possono essere accoppiati secondo il volere del padrone, ma le persone hanno le proprie inclinazioni, i propri affetti», diceva lei, evidentemente desiderando colpire il mercante.
«Così parlate a vuoto, signora, – disse il vecchio – gli animali sono bestie, mentre all’uomo è stata data una legge».
«Sì, ma come si può vivere con un uomo se non c’è amore?» si affrettò a dire la signora esprimendo le sue opinioni che, verosimilmente, le sembravano molto innovative.
«Un tempo non si faceva caso a queste cose, – disse il vecchio con tono sentenzioso – solo adesso sono venute fuori. La moglie adesso per un nonnulla dice: “Io me ne vado”. Anche nel mondo contadino è entrata questa moda. “Toh, prendi le tue camicie e i tuoi pantaloni, io me ne vado con Van’ka che ha più ricci di te”. E ora pensaci. La donna come prima cosa deve provare timore».
Il commesso guardò l’avvocato, la signora e me, trattenendo in modo evidente il sorriso e pronto a deridere o approvare il discorso del mercante in base a come sarebbe stato accolto.
«Quale timore?» disse la signora.
«Ma questo: temere il proprio ma-ri-to! Ecco quale timore».
«Sì, ma questi tempi sono ormai passati, nonno», disse la signora con un certo astio.
«No signora, questi tempi non devono passare. Dato che lei, Eva, è stata creata dalla costola di un uomo, così sarà fino alla fine dei secoli», disse il vecchio scuotendo la testa così intensamente e risolutamente che il commesso decise subito che la vittoria sarebbe stata del mercante e scoppiò in una sonora risata.
«Sì, è così che la pensate voi uomini, – disse la signora senza darsi per vinta e guardando noi – vi siete attribuiti da soli la libertà e volete tenere la donna nel terem2 mentre a voi stessi concedete tutto».
«Il permesso nessuno lo dà a nessuno, semplicemente il fatto è che l’uomo non porta a casa nulla, mentre la donna è un fragile vaso», continuò a sentenziare il vecchio.
La solennità del tono del mercante, evidentemente, avvinceva gli ascoltatori e anche la signora incominciava a sentirsi avvilita, ma non volle darsi per vinta.
«Sì, ma io penso, voi sarete d’accordo, che una donna sia una persona che possiede dei sentimenti, come un uomo. Allora che può fare se non ama il marito?»
«Non l’ama! – ripeté burbero il mercante, aggrottando le sopracciglia e le labbra – Non c’è pericolo, l’amerà!».
Questo argomento inatteso piacque particolarmente al commesso, che emise un suono di approvazione.
«Ma no, non lo amerà, – disse la signora – e se non c’è amore non ci si può fare nulla».
«E se la donna tradisce il marito, allora che cosa si fa?» chiese l’avvocato.
«Questo non deve accadere, – disse il vecchio – bisogna stare attenti».
«Ma se succede, che si fa? A volte succede».
«A qualcuno succede, ma non da noi», disse il vecchio.
Restarono tutti in silenzio per un po’. Il commesso si agitò, si spostò ancora e volendo evidentemente non rimanere tagliato fuori, sorridendo, cominciò:
«Certo, anche da noi a un giovane è capitato uno scandalo».
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore russo rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Lev Tolstoj.