Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto di Paulo Coelho. Il romanzo è pubblicato in Italia da La nave di Teseo con un prezzo di copertina di 13,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è in vendita in eBook al prezzo di euro 7,99.
Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto: trama del libro
In ogni storia d’amore c’è qualcosa che avvicina i protagonisti all’eternità, ai misteri del divino, all’essenza della vita: in un sorriso, in una carezza, in uno sguardo o in una frase magari lasciata a metà, gli amanti sanno sempre cogliere i segnali che il cuore invia loro per dirigerne il cammino lungo il sentiero della perfezione. Ma cosa accade quando, nell’adolescenza, un grande amore viene sacrificato alla timidezza, allorché le parole si rifiutano di salire alle labbra e il futuro si perde nei colori autunnali di una quercia che domina una piazza? Cosa si prova quando, dopo undici anni, si ritrova l’innamorato e si scopre che sta percorrendo la via della santità ed è in grado di compiere miracoli? Quali sono i pensieri (e le speranze) che rimbombano nella mente e che fanno sussultare il corpo con singhiozzi o risa? Per Pilar, il sogno di un’esistenza al fianco dell’amato sembra dissolversi nelle gelide acque del fiume Piedra, ma talvolta anche i gorghi, le cascate e i ciottoli di un torrente – insieme a un rumore di passi alle spalle – possono reinventare il destino e far comprendere che “amare significa comunicare con l’altro e scoprire in lui una particella di Dio”.
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… mi sono seduta e ho pianto. Narra la leggenda che tutto ciò che cade nell’acqua di questo fiume – le foglie, gli insetti, le piume degli uccelli – si trasforma nelle pietre del suo letto. Ah, se solo potessi strapparmi il cuore dal petto e lanciarlo nella corrente, allora non proverei più dolore né nostalgia né ricordi.
Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto. Il freddo dell’inverno mi ha fatto sentire le lacrime sul viso: lacrime calde che si sono confuse con le acque gelide che scorrono davanti a me. In qualche punto, il fiume si unisce con un altro, poi con un altro ancora, finché – lontano dai miei occhi e dal mio cuore – tutte le acque si fondono con il mare.
Che le mie lacrime scorrano lontano, perché il mio amore non sappia mai che un giorno ho pianto per lui. Che le mie lacrime scivolino via, e solo allora dimenticherò il fiume Piedra, il monastero, la chiesa sui Pirenei, la bruma, i cammini che abbiamo percorso insieme.
Dimenticherò le strade, le montagne e i campi dei miei sogni: sogni che mi appartenevano e che io non conoscevo.
Ricordo il mio istante magico, quel momento in cui un “sì” o un “no” possono cambiare tutta la nostra esistenza. Sembra che sia accaduto tanto tempo fa, eppure è solo da una settimana che ho ritrovato il mio amato e l’ho perduto.
Sulle sponde del fiume Piedra ho scritto questa storia. Le mie mani erano gelate, le gambe intorpidite dalla posizione, e io avevo bisogno di fermarmi spesso.
Forse l’amore ci fa invecchiare anzitempo e ci rende giovani quando la gioventù è passata. Ma come non rammentare quei momenti? Perciò ho scritto, per trasformare la tristezza in nostalgia, la solitudine in ricordi. Perché, dopo aver raccontato a me stessa questa storia, io la potessi lanciare nel fiume Piedra. Era questo l’insegnamento della donna che mi ha accolto. Allora, per ricordare le parole di una santa, “le acque avrebbero potuto spegnere ciò che il fuoco ha scritto”.
Tutte le storie d’amore sono uguali.
Avevamo trascorso insieme l’infanzia e l’adolescenza. Lui se n’era andato, come tutti i giovani che lasciano le piccole città. Aveva detto che voleva conoscere il mondo, che i suoi sogni si proiettavano al di là delle campagne di Soria.
Per alcuni anni non ne ebbi notizia. Di tanto in tanto ricevevo una lettera, e questo era tutto, perché lui non è mai più tornato fra i boschi e sulle strade della nostra infanzia.
Quando terminai gli studi, mi trasferii a Saragozza. E scoprii che aveva ragione: Soria era una città piccola, il cui unico poeta famoso aveva detto che solo camminando si può percorrere un sentiero. Entrai all’università e mi fidanzai. Cominciai a studiare per un concorso che forse non avrebbe mai avuto un vincitore. Lavorai come commessa, mi pagai gli studi, fui bocciata al concorso, lasciai il mio fidanzato.
Le sue lettere, allora, cominciarono ad arrivare più frequentemente e, vedendo i francobolli di paesi diversi, io provavo un po’ d’invidia. Lui era l’amico più grande che sapeva tutto, che girava il mondo, che si lasciava crescere le ali, mentre io cercavo di mettere radici.
Inaspettatamente le sue lettere cominciarono a parlare di Dio: provenivano sempre dallo stesso paese, la Francia. In una di esse, mi disse che desiderava entrare in seminario e dedicare la sua vita alla preghiera. Gli risposi chiedendogli di aspettare, di vivere ancora la sua libertà, prima di impegnarsi in qualcosa di tanto serio.
Quando rilessi la mia lettera, decisi di stracciarla: chi ero per parlare di libertà e di impegno? Queste cose le conosceva lui, non certo io.
Un giorno seppi che stava tenendo un ciclo di conferenze. Ne fui sorpresa, perché mi sembrava troppo giovane per insegnare qualcosa agli altri. Ma, due settimane fa, mi ha mandato un biglietto per dirmi che avrebbe parlato per un gruppo ristretto di persone a Madrid. E ci teneva che fossi presente.
Ho viaggiato per quattro ore, da Saragozza a Madrid, perché volevo rivederlo. Volevo ascoltarlo. Volevo sedermi con lui in un bar, ricordare i tempi in cui giocavamo insieme e credevamo che il mondo fosse troppo grande per essere attraversato.
La conferenza si teneva in un luogo più austero di quanto avessi immaginato e c’era più gente di quanta me ne aspettassi. Non capivo come mai.
‘Dev’essere diventato famoso,’ ho pensato. Non mi aveva detto nulla nelle sue lettere. Avrei voluto parlare con i presenti, domandare loro che cosa li avesse spinti lì, ma non ne ho avuto il coraggio.
Sono rimasta sorpresa nel vederlo entrare. Era diverso dal ragazzo che conoscevo. Ma, è chiaro, in undici anni le persone cambiano. Era più carino, e i suoi occhi splendevano di una luce particolare.
“Ci sta restituendo ciò che era nostro,” ha detto una donna accanto a me.
Era una frase strana.
“Che cosa vi sta restituendo?” le ho chiesto.
“Quello che ci è stato rubato. La religione.”
“No, non ce la sta restituendo,” ha aggiunto una donna più giovane, seduta alla mia destra. “Non si può restituire quanto ci appartiene già.”
“E allora lei che cosa sta facendo qui?” ha domandato irritata la prima donna.
“Voglio ascoltarlo. Voglio vedere come la pensano, perché in passato ci hanno già messe al rogo e potrebbero volerlo fare ancora.”
“Lui è una voce solitaria,” ha detto la donna. “Sta facendo il possibile.”
La giovane ha sorriso ironicamente, poi si è girata, chiudendo la conversazione.
“Per un seminarista, è un atteggiamento coraggioso,” ha proseguito la donna, guardandomi come per cercare un consenso.
Io, che non ci capivo niente, sono rimasta in silenzio, così la donna ha desistito. La giovane accanto mi ha strizzato l’occhio, come se fossi una sua alleata.
Io, però, stavo in silenzio per un’altra ragione. Pensavo alla parola che aveva pronunciato: “Seminarista.”
Non era possibile. Lui mi avrebbe avvertito.
Lui ha iniziato a parlare, ma io non riuscivo a concentrarmi. ‘Avrei dovuto vestirmi meglio,’ pensavo, senza capire il perché di tanta preoccupazione. Lui mi aveva notato in platea, e io cercavo di decifrare i suoi pensieri: come avrei potuto essere ora? Qual era la differenza fra una ragazza di diciotto anni e una donna di ventinove?
La sua voce era la stessa. Eppure le parole erano cambiate.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore brasiliano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Paulo Coelho.
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