Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La stagione delle tempeste di Andrzej Sapkowski. Il romanzo è pubblicato in Italia da Nord con un prezzo di copertina di 19,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 9,99.
La stagione delle tempeste: trama del libro
La guerra con l’impero di Nilfgaard è ormai finita, ma il bardo Ranuncolo sa che c’è ancora molto da raccontare su Geralt di Rivia. Perciò prende in mano il liuto e ricomincia a cantare le sue avventure… Prima che il suo destino si leghi indissolubilmente a quello della principessa Cirilla, Geralt di Rivia è un giovane strigo che dedica la maggior parte del tempo a cacciare mostri, uccidere nemici, salvare fanciulle in pericolo e risolvere i problemi causati dalla peggiore di tutte le creature: l’uomo. Che si tratti di spiriti maligni, ghul o volpi mutaforma, Geralt è sempre pronto a combattere, soprattutto se c’è la possibilità di guadagnare qualche oren. Almeno finché non si ritrova in una cella, spogliato delle armi e accusato ingiustamente di estorsione e di furto. E la faccenda si complica quando la cauzione viene pagata dalla stessa, misteriosa maga che lo aveva fatto arrestare: Lytta Neyd, meglio conosciuta come Coral. E che adesso lo sta aspettando fuori della prigione. Che cosa può volere da lui una delle più potenti maghe di Skellige? E che fine hanno fatto le sue spade e i suoi elisir, scomparsi nel nulla dal deposito del carcere? Solo e disarmato, Geralt non ha altra scelta che andare incontro a Coral e sperare che lei lo aiuti a recuperare il suo equipaggiamento da strigo. Anche se il prezzo da pagare potrebbe rivelarsi altissimo…
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Era allungato sulla sabbia scaldata dal sole.
Percepiva le vibrazioni attraverso le antenne pelose e le setole premute a terra. Sebbene fossero ancora lontane, Idr le sentiva in maniera chiara e netta, e in base a esse era in grado di stabilire non soltanto la direzione e la velocità alla quale si spostava la vittima, ma anche il suo peso. Per la maggior parte dei predatori che cacciavano a quel modo, il peso della preda era della massima importanza. L’avvicinamento furtivo, l’attacco e l’inseguimento comportavano un dispendio di forze che andava compensato col valore energetico del cibo ingerito. Per lo più, se la vittima era troppo piccola, i predatori come Idr rinunciavano ad attaccare. Ma non Idr. Idr non esisteva per nutrirsi e conservare la specie. Non era stato creato a tale scopo.
Viveva per uccidere.
Spostando con cautela le appendici, sgusciò fuori della buca lasciata da un albero caduto, strisciò lungo il tronco imputridito, in tre balzi superò gli altri alberi abbattuti dal vento, guizzò come un fantasma attraverso la radura, piombò nel fitto sottobosco invaso dalle felci, vi sprofondò. Avanzava veloce e silenzioso, ora correndo, ora saltando come un’enorme cavalletta.
Piombò in una macchia, aderì al suolo con la corazza segmentata del ventre. Le vibrazioni del terreno si facevano sempre più distinte. Gli impulsi trasmessi dalle vibrisse e dalle setole di Idr andarono a comporre un’immagine. Un piano. Idr sapeva già da quale direzione sorprendere la vittima, in quale punto tagliarle la strada, come costringerla alla fuga, come assalirla alle spalle con un lungo balzo, a quale altezza colpirla e squarciarla con le mandibole affilate come rasoi. Le vibrazioni e gli impulsi gli facevano già pregustare la gioia che avrebbe provato nel momento in cui la vittima si fosse dibattuta sotto il suo peso, l’euforia che gli avrebbe procurato il sapore del sangue caldo. Il piacere che avrebbe avvertito quando un grido di dolore avesse lacerato l’aria. Tremò leggermente, aprendo e chiudendo le chele e i pedipalpi.
Le scosse del suolo, già molto nette, cominciarono a differenziarsi l’una dall’altra. Ormai Idr sapeva che le vittime erano più di una; con tutta probabilità tre, forse quattro. Due colpivano il terreno in maniera consueta, le vibrazioni della terza indicavano una massa e un peso minori. Quanto alla quarta vittima – sempre che ci fosse davvero – produceva vibrazioni irregolari, deboli e incerte. Idr s’immobilizzò, s’irrigidì e drizzò le antenne al di sopra dell’erba, analizzando i movimenti dell’aria.
Le scosse del terreno segnalarono infine ciò che Idr si aspettava. Le vittime si separarono. Una, la più piccola, rimase indietro. E la quarta, quella più incerta, scomparve. Si era trattato di un falso allarme, di un’eco fallace. Idr la ignorò.
La preda piccola si allontanò ancora di più dalle altre. Le scosse si fecero più forti. E più vicine. Idr tese le appendici posteriori, prese lo slancio e balzò.
La bambina lanciò un grido spaventoso. Invece di fuggire, rimase immobile, urlando senza posa.
Lo strigo si gettò verso di lei, sguainando al volo la spada. E capì subito che qualcosa non andava. Che si era lasciato ingannare.
L’uomo che tirava il carro carico di rami secchi urlò e, sotto gli occhi di Geralt, fu scagliato a una tesa da terra tra violenti e copiosi fiotti di sangue. Ricadde per poi tornare subito in aria, questa volta in due tronconi grondanti sangue. Non gridava più. Adesso era la donna a gridare in maniera penetrante, come la figlia, immobile e paralizzata dal terrore.
Sebbene non credesse di farcela, lo strigo riuscì a salvarla. Balzò e spinse con forza la donna sporca di sangue, scaraventandola via dal sentiero e nel bosco, tra le felci. E capì all’istante che anche questa volta si era trattato di una trappola. Di un trucco. Infatti la sagoma grigia, piatta e munita di numerose zampe si era già allontanata a una velocità incredibile dal carro e dalla prima vittima. Strisciava verso la seconda. Verso la bambina che continuava a strillare. Geralt la inseguì.
Se la bambina fosse rimasta dov’era, non avrebbe fatto in tempo. Ma la piccola dimostrò presenza di spirito e si gettò in una fuga disperata. Il mostro grigio l’avrebbe comunque raggiunta alla svelta e senza nessuno sforzo… L’avrebbe raggiunta e massacrata, quindi avrebbe fatto dietrofront per uccidere anche la donna. E sarebbe accaduto, non fosse stato per lo strigo.
Geralt raggiunse la creatura e saltò, schiacciando col tacco una delle appendici posteriori. Se non avesse compiuto un repentino balzo all’indietro, avrebbe perso una gamba: il mostro grigio si era girato con un’agilità straordinaria e aveva richiuso di scatto le chele a falce, mancandolo per un pelo. Poi, prima che lo strigo potesse recuperare l’equilibrio, spiccò un salto e attaccò. Geralt si difese brandendo istintivamente la spada in un colpo ampio e piuttosto caotico, respingendo il mostro. Non lo aveva ferito, ma aveva ripreso l’iniziativa.
Scattò in avanti e colpì in diagonale dall’alto, spaccando la corazza del cefalotorace piatto. Senza permettere alla creatura stordita di riprendersi, le recise la mandibola sinistra con un secondo fendente. Idr gli si scagliò contro agitando le zampe, cercando d’infilzarlo come un toro con la mandibola superstite. Lo strigo gli tagliò anche quella. Poi, con un rapido colpo all’indietro, recise uno dei pedipalpi. E trafisse di nuovo il cefalotorace.
Idr capì finalmente di essere in pericolo. Di dover scappare. Doveva scappare, scappare lontano, rintanarsi da qualche parte, nascondersi. Viveva solo per uccidere. E, se voleva uccidere, doveva rigenerarsi. Doveva scappare… Scappare…
Lo strigo non gli permise di scappare. Lo raggiunse, calpestò il segmento posteriore del tronco e colpì dall’alto, di slancio. Quella volta la corazza del cefalotorace cedette, e dalla fenditura fuoriuscì un denso sangue verdastro. Il mostro si dimenava, le sue appendici percuotevano freneticamente il suolo.
Geralt colpì con la spada, e staccò completamente la testa piatta dal resto del corpo.
Ansimava.
In lontananza risuonò un tuono. Un’improvvisa folata di vento e il cielo che si andava rapidamente oscurando annunciavano un imminente temporale.
Albert Smulka, castaldo di fresca nomina, fin dal primo incontro ricordò a Geralt una rapa: era rotondetto, sudicio, rozzo e tutto sommato poco interessante. In altre parole, non si differenziava granché dagli altri funzionari municipali con cui gli era capitato di avere a che fare.
«Dunque è proprio vero. Per risolvere dei grattacapi non c’è niente di meglio di uno strigo.» Senza aspettare la reazione di Geralt, il castaldo continuò: «Jonas, il mio predecessore, non la finiva più di tessere le tue lodi. E pensare che lo credevo un contafrottole. Insomma, diciamo che non gli accordavo piena fiducia. Lo so, i fatti fanno presto a trasformarsi in favole. Soprattutto tra il popolo ignorante, che tira fuori in continuazione un portento, una stramberia o uno strigo dai poteri sovrumani. E all’improvviso si rivela che è la pura verità. Là nella foresta, oltre il torrente, ne è morta di gente! Ma siccome di lì passa la strada più breve per la città, ci andavano, quei babbei… a proprio scapito. Infischiandosene degli avvertimenti. Di questi tempi è meglio non frequentare i luoghi deserti, non bighellonare nei boschi. È pieno di mostri, di mangiatori di uomini. In Temeria, sulle Alture del Tukaj, è appena accaduta una cosa tremenda: in un borgo di carbonai quindici persone sono state uccise da non so quale fantasma del bosco. Il borgo si chiamava Corno. Ne avrai sentito senz’altro parlare. No? Ma ti dico la verità, che mi venga un colpo. Sembra che perfino i maghi abbiano condotto un’inchiesta su Corno.
«Be’, ma è inutile perdersi in chiacchiere. Ora qui a Ansegis siamo al sicuro. Grazie a te». Prese uno scrigno dal canterano. Spiegò un foglio di carta sul tavolo, intinse la penna nel calamaio. «Avevi promesso che avresti ucciso quello spauracchio», disse, senza alzare la testa. «A quanto pare non raccontavi frottole. Per essere un vagabondo, sei un uomo di parola… E hai salvato la vita a quelle due. Alla donna e alla bambina. Ti hanno almeno ringraziato? Si sono gettate ai tuoi piedi?»
No, non l’hanno fatto, pensò lo strigo, serrando i denti. Perché non sono ancora tornate completamente in sé. E io me ne andrò di qui prima che rinvengano. Prima che capiscano che le ho usate come esca, convinto nella mia arrogante presunzione di riuscire a salvare tutti e tre. Me ne andrò prima che la bambina se ne renda conto, prima che capisca che è colpa mia se è orfana di padre.
Si sentiva male. Sicuramente per effetto degli elisir assunti prima del combattimento. Sicuramente.
«Quel mostro era un vero obbrobrio», disse il castaldo, cospargendo la carta di sabbia che poi fece cadere sul pavimento. «Ho dato un’occhiata alla carogna, quando l’hanno portata qui… Che cos’era?»
Geralt non ne era certo, ma non intendeva tradirsi. «Un aracnomorfo.»
Albert Smulka mosse le labbra, cercando invano di ripeterlo. «Pfui, che importa come si chiamava, vada a quel paese. Lo hai trafitto con questa spada? Con questa lama? Posso guardarla?»
«No.»
«Ah, perché dev’essere una lama incantata. E costosa… Un bocconcino ghiotto… Be’, ma noi stiamo qui a chiacchierare, e intanto il tempo corre. Il contratto è stato onorato, è ora di procedere al pagamento. Ma prima le formalità. Firma la fattura. Cioè, metti una croce o un’altra sigla.»
Lo strigo prese il documento che gli veniva porto e si girò verso la luce.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore polacco rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Andrzej Sapkowski.
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