Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Terre al crepuscolo di J.M. Coetzee. Il volume è pubblicato in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 9,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Terre al crepuscolo: trama del libro
Intensa, chiara e potente, cosí si presenta questa che è l’opera prima dello scrittore sudafricano vincitore per due volte del Booker Prize. Nelle due novelle di Terre al crepuscolo (interconnesse e definite “una specie di romanzo”) sono già evidenti tutte le qualità di Coetzee, confermate nei suoi successivi lavori. Il protagonista del primo racconto, Progetto Vietnam, è un ricercatore che studia i risultati del condizionamento ideologico dell’informazione negli anni del conflitto vietnamita. La storia di Jacobus Coetzee, invece, ricrea l’ambiente boero del Settecento, ripercorrendo la vicenda biografica di un uomo di frontiera che giura vendetta ai nativi ottentotti, rei di non avergli portato il rispetto dovuto a un bianco. Legati dal comune tema della riflessione sul potere, i due testi procedono nel solco della tradizione di Cuore di tenebra di Conrad ed esplorano il concetto di ossessione sottolineandone lo stretto legame con la colonizzazione, sia essa del 1760 o del 1970.
In ebook Terre al crepuscolo (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 6,99 euro.
I.
Coetzee mi ha chiesto di rivedere il mio saggio. Gli è rimasto sullo stomaco, lo vuole piú blando, oppure dice che va eliminato. E poi non mi vuole tra i piedi, è chiaro. Mi corazzo davanti a questo uomo potente, cordiale, ordinario, cosí totalmente privo di visione. Lo temo e ne disprezzo la cecità. Avrei meritato di meglio. Eccomi qua alla mercé di un manager, un tipo di fronte al quale il mio primo istinto è strisciare. Ho sempre ubbidito ai superiori e l’ho fatto con piacere. Non mi sarei imbarcato nel Progetto Vietnam se avessi immaginato che mi poteva portare a un conflitto con un superiore. Il conflitto porta infelicità e l’infelicità avvelena l’esistenza. Non sopporto l’infelicità. Per il mio lavoro ho bisogno di pace, di amore e di ordine. Ho bisogno di protezione. Sono un uovo che va covato nel piú morbido dei nidi, dalla piú tenera delle nutrici, prima che il mio guscio nudo e poco promettente si rompa, e si manifesti la mia schiva vita segreta. Bisogna avere pazienza con me. Rimugino, sono un pensatore, una persona creativa, uno non privo di valore per il mondo. Mi sarei aspettato maggiore comprensione da Coetzee, che dovrebbe essere abituato a trattare con le persone creative. Un tempo lo era anche lui, creativo. Adesso è un creativo fallito che vive alle spalle della creatività altrui. Si è fatto una reputazione grazie al lavoro degli altri. È stato nominato responsabile del Progetto Nuova Vitasenza sapere niente del Vietnam né della vita. Merito di meglio.
Sto in ansia per l’incontro di domani. Non ci so fare in questi faccia a faccia. Il mio primo impulso è quello di cedere, abbracciare l’antagonista e concedere tutto nella speranza di farmi amare. Per fortuna disprezzo i miei impulsi. La vita matrimoniale mi ha insegnato che ogni concessione è un errore. Credi in te stesso e il tuo rivale ti rispetterà. Aggrappati all’albero maestro… se rendo l’idea. Quelli che credono in se stessi sono giustamente piú amati di quelli che dubitano di sé. Chi dubita di sé non ha centro. E io faccio del mio meglio per darmi un centro, anche se forse sono troppo vecchio per questo.
Devo darmi una calmata. Credo nel mio lavoro. Sono il mio lavoro. Ormai è un anno che il Progetto Vietnam è il fulcro della mia vita. Non voglio farmi liquidare prima del tempo. Dirò quello che ho da dire. Per una volta devo essere pronto a difendermi.
Non devo sottovalutare Coetzee.
Stamattina mi ha convocato nel suo ufficio e mi ha fatto sedere. È un uomo esuberante, di quelli che mangiano una bistecca al giorno. Sorridendo, faceva avanti e dietro per la stanza, meditando un’apertura, mentre io, oscillando a destra e a sinistra, cercavo di seguirlo con lo sguardo. Ho declinato l’offerta di un caffè. Lui è uno di quelli che bevono caffè, io invece con la caffeina nelle vene comincio a fremere e a rilasciare dichiarazioni euforiche.
Non dire niente di cui poi potresti pentirti.
Per quel colloquio sfoggiavo spalle dritte e sguardo deciso. Coetzee forse sa che sono curvo e sfuggente – non ci posso fare niente, con questi occhi – ma volevo segnalargli che oggi ero formalmente intenzionato a sfoggiare coraggio e verità. (Dalla crisi puberale in poi sono stato a disagio in ogni atteggiamento. Ma non c’è comportamento che non possa essere appreso, e coltivo grandi speranze di un futuro integrato).
Coetzee ha parlato. Con una serie di complimenti la cui ambiguità non poteva essere piú palese, ha distrutto il frutto di un anno di lavoro. Non farò finta di non saper ricostruire il suo discorso parola per parola.
– Non avrei mai pensato che questo dipartimento un giorno avrebbe prodotto lavoro d’avanguardia – ha detto. – Devo farle i miei complimenti. Leggere i suoi primi capitoli è stato un piacere. Lei sa scrivere. Sarà un piacere essere associati con un lavoro di ricerca cosí perfetto.
– Ciò naturalmente non vuol dire, – ha continuato, – che tutti debbano essere d’accordo con quello che dice. Lei lavora in un campo nuovo e controverso e deve aspettarsi dei dissensi.
– E comunque non l’ho convocata per discutere della sostanza del suo rapporto, in cui, me lo lasci ripetere, lei dice cose importanti sulle quali i nostri committenti dovranno riflettere.
– Quello che vorrei fare, invece, è darle dei suggerimenti in merito alla presentazione. Suggerimenti che mi sento di dare solo perché ho una certa esperienza di scrittura e di revisione dei rapporti sui progetti Dod, mentre, mi corregga se sbaglio, questa per lei è la prima volta.
Mi rifiuterà. Ha paura delle idee, non ha simpatia per la passione o la disperazione. Il potere parla solo al potere. Le frasi gli si affollano dietro le labbra rosse dai contorni netti. Verrò congedato, e congedato secondo le forme. Una certa configurazione di bocca e naso, cosí sottile da essere percepibile solo da me, mi dice che le febbrili tossine che mi ribollono nel sangue e si spandono col mio sudore colpiscono sgradevolmente i suoi sensi raffinati. Lo guardo furibondo. Mi sforzo di colpire con i miei fulmini un uomo che non crede nella magia. Se fallisco mi accontenterò di un posto tra i placidi specialisti del controllo e dell’autocontrollo. I miei occhi saettano una serie di suppliche e di minacce cosí rapide da essere percepibili solo da me e da lui.
– Come sa dai contatti che ha avuto con loro, i militari, diciamocelo, sono, in quanto categoria, lenti ad apprendere, sospettosi e conservatori. Convincerli di qualcosa di nuovo non è mai facile. Eppure sono queste le persone che alla fine dovrà persuadere della giustezza dei suoi consigli. Mi creda, non ci riuscirà se parla loro dall’alto in basso. E nemmeno se li avvicina con lo spirito di assolutismo, di ferocia intellettuale, caratteristico del nostro dibattito interno, qui al Kennedy. Noi capiamo le convenzioni del duello intellettuale, loro no. Loro avvertono un attacco come un attacco, forse diretto all’intera categoria.
– Dunque, quello che vorrei, prima di tutto, prima di discutere un qualsiasi altro punto, è che lei si dedicasse a rivedere il tono della sua relazione. Vorrei che riscrivesse le sue proposte in modo tale che i militari possano prenderle in considerazione senza perdere l’autostima. Si ricordi di una cosa: se afferma che non sanno fare il loro lavoro (il che forse è vero), che non capiscono cosa stanno facendo (che sicuramente è vero), allora non hanno altra scelta che buttarla dalla finestra. Mentre se sottolinea continuamente, non solo esplicitamente, ma attraverso le genuflessioni del suo stile, di essere solo un funzionario con una competenza specialistica limitata seppure significativa, una specie di accademico senza neppure l’ombra della conoscenza completa che il militare ha dell’arte della guerra, ma che pure, all’interno di quegli stretti confini della sua specializzazione, ha da offrire suggerimenti che potrebbero avere delle ricadute strategiche, allora scoprirà che le sue proposte troveranno ascolto.
– Se non ha letto l’opuscolo di Kidman sul Centroamerica, gli dia uno sguardo. È il miglior esempio che conosco di persuasione discreta.
– C’è un’altra cosa su cui vorrei farla riflettere. Come certamente sa, lei porta avanti la sua analisi dei servizi di propaganda in termini che sono estranei ai piú. Questo non vale solo per il suo lavoro, ma per quello di tutta la sezione di mitografia. Per quel che mi riguarda, trovo la mitografia affascinante e ritengo che abbia un grande futuro. Ma non crede di sbagliarsi sul suo pubblico? Leggendo il suo saggio ho la strana impressione che sia stato scritto per i miei occhi. Be’, scoprirà che il suo vero pubblico è ben piú rozzo. Dunque suggerirei un’introduzione in cui spiega il metodo adottato con parole piú semplici: come funzionano i miti nella società umana, come avviene lo scambio dei segni, e cosí via, con tanti esempi e senza note, per carità.
Stringo forte i pugni fino a che le dita mi si gonfiano e perdono sensibilità. Anche ora, mentre scrivo, mi sorprendo a serrare il pugno sinistro. Charlotte Wolff (Psicologia della gestualità) lo definisce un segno di depressione, ma non può essere cosí: in questo momento non sono affatto depresso, poiché sono impegnato in un atto creativo liberatorio. E d’altra parte quando Charlotte Wolff parla della gestualità, sa di che cosa parla; per questo sto attento a dare alle mie dita l’opportunità di tenersi attive. Quando leggo, per esempio, le piego e le distendo coscienziosamente. E quando parlo con qualcuno le tengo visibilmente rilassate, fino al punto di lasciarle penzolare.
In compenso mi rendo conto che le dita dei piedi hanno cominciato a contorcersi curvandosi verso la pianta. Mi chiedo se gli altri, Coetzee per esempio, se ne sono accorti. Coetzee è il tipo che si accorge dei sintomi. In quanto manager ha probabilmente seguito un seminario di una settimana sull’interpretazione dei gesti.
Se soffoco quel movimento a livello dei piedi, dove andrà a finire poi?
Non riesco neppure a liberarmi del vizio di toccarmi la faccia. Charlotte disapprova quel tic, che sostiene tradisca insicurezza. Nelle occasioni importanti, con uno sforzo di volontà, riesco a tenere le mani lontane dal viso (metto anche le dita nel naso). Qualcuno, cioè chi crede di essere in confidenza con me, mi dice che sono troppo intenso. Ma se devo essere sincero, sono intenso solo perché la mia volontà è concentrata a dominare gli spasmi delle varie parti del mio corpo, sempre che spasmi non suoni troppo enfatico. Sono angustiato dall’indisciplina del mio corpo. Ho spesso desiderato di averne uno diverso.
È spiacevole vedersi rifiutare il proprio lavoro. Doppiamente spiacevole se il rifiuto viene da uno che ammiri, triplamente spiacevole se sei abituato all’adulazione. Sono sempre stato un ragazzino sveglio, un ragazzino bravo e sveglio. Mangiavo la mia minestra, che oltretutto mi piaceva, e facevo i compiti. Uno che non si vedeva e non si sentiva. Tutti mi lodavano. È da poco che ho cominciato a vacillare. Un’esperienza sconvolgente, anche se, grazie al mio alto livello di autoconsapevolezza, non mi ha mai colto impreparato. Quando uno smette di essere l’allievo, mi sono detto, quando uno comincia a voler sbagliare da solo, si deve aspettare che i suoi insegnanti si sentano traditi e che reagiscano con invidia. La reazione meschina di Coetzee al mio saggio è perfettamente prevedibile da parte di un burocrate la cui posizione è minacciata da un subordinato rampante che non ha nessuna intenzione di seguire il lento e battuto sentiero verso la cima. Lui ormai è il toro vecchio, io quello giovane.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore sudafricano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a J.M. Coetzee.