Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Terre desolate di Stephen King, terzo capitolo della saga della Torre Nera, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 13,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 7,99.
Terre desolate: trama del libro
Roland di Gilead, il Prigioniero e la Signora delle Ombre sono impegnati ad acquisire le doti indispensabili per proseguire la ricerca della Torre Nera. Grazie alla guida tenace ed imperturbabile dell’ultimo cavaliere, Eddie e Susannah, (la nuova donna nata dalla fusione di Detta e Odetta) stanno infatti sviluppando insospettabili abilità: Susannah si rivela una pistolera provetta e Eddie riscopre la capacità di sentire la voce nascosta delle cose. Ma soprattutto i tre stanno imparando a fidarsi reciprocamente, via via sempre più consapevoli che la loro diversità è la loro forza, la forza del ka-tet, cui però manca ancora un elemento. Cioé il piccolo Jake, che per un paradosso temporale è di nuovo a New York…
Avevano una buona scorta di munizioni; Roland aveva portato più di trecento pallottole dal mondo in cui Eddie e Susannah Dean erano vissuti fino al momento della loro chiamata. Ma avere munizioni in abbondanza non significava che si potessero sprecare, anzi, semmai il contrario. Gli sciuponi corrucciavano gli dei. Su questo credo era stato cresciuto Roland, prima da suo padre e poi da Cort, il suo più grande maestro, e a esso restava ancora fedele. Quegli dei non punivano forse all’istante, ma presto o tardi il castigo sarebbe giunto… e più lunga l’attesa, più grave la penitenza.
Dapprincipio non c’era stato bisogno di usare munizioni. La bella donna dalla pelle nera, costretta sulla sedia a rotelle, non avrebbe potuto nemmeno immaginare da quanti anni Roland tirava con la pistola. Grazie a questa consumata esperienza aveva corretto Susannah, per cominciare solo guardandola prendere la mira e premere il grilletto dell’arma scarica sui bersagli che lui stesso disponeva per lei. Susannah aveva imparato in fretta. Avevano imparato in fretta tutti e due, lei e Eddie.
Come lui aveva sospettato, erano entrambi pistoleri nati.
Quel giorno Roland e Susannah erano andati in una radura a meno di un miglio dal bivacco nel bosco che era la loro dimora da quasi due mesi. I giorni si erano avvicendati nella loro dolce somiglianza. Il corpo del pistolero era guarito mentre Eddie e Susannah imparavano le cose che aveva l’obbligo di insegnare loro: sparare, cacciare, sventrare e pulire la preda uccisa; scuoiarla e conciarne le pelli; sfruttare l’animale il più possibile perché nessuna parte andasse sprecata; trovare il Nord con il Vecchio Astro e l’Est con la Vecchia Madre; ascoltare la foresta nella quale ora si trovavano, sessanta o più miglia a nord-est del Mare Occidentale. Quel giorno Eddie era rimasto al campo e il pistolero non se ne era stupito. Le lezioni che vengono ricordate più a lungo sono sempre quelle che ci impartiamo da noi e Roland lo sapeva.
Ma quella che era sempre stata la lezione più importante era ancora la più importante delle lezioni: come sparare e colpire ogni volta il bersaglio. Come uccidere.
I margini della radura erano formati da abeti scuri e odorosi che la cingevano in un semicerchio disordinato. A sud il terreno scendeva bruscamente per un centinaio di metri in una serie di cenge di friabile scisto e rupi spezzate, come i gradini della scalinata di un gigante. Un torrentello cristallino sbucava dal bosco e attraversava al centro la radura, ribollendo dapprima in un canale profondo scavato nella terra spugnosa e nella pietra friabile, per poi versarsi sulle screpolature della lastra rocciosa che declinava verso il ciglio del precipizio.
L’acqua si riversava da un gradino all’altro in una serie di cascatelle, dando origine a innumerevoli, tremolanti arcobaleni. Oltre il ciglio si vedeva una magnifica valle profonda, assiepata di abeti, fra i quali alcuni grandi olmi secolari si rifiutavano tenacemente di farsi scacciare. Torreggiavano verdi e lussureggianti, forse già antichi quando la terra da cui Roland era giunto era ancora giovane. Non si scorgeva traccia di vecchi incendi, nella valle, eppure senz’altro di tanto in tanto attirava i fulmini. Né le folgori potevano essere l’unico pericolo, perché in qualche tempo lontano c’era stata gente in quella foresta, come mostravano certi resti che Roland aveva trovato nelle settimane passate. Erano per la maggior parte manufatti primitivi, ma c’erano anche alcuni cocci di vasellame che poteva essere stato forgiato solo nel fuoco. E il fuoco era un elemento infido, che si divertiva a sfuggire alle mani di chi lo creava.
Sopra quel paesaggio da fiaba si dispiegava un immacolato cielo azzurro nel quale volteggiavano a qualche miglio di distanza pochi corvi a scambiarsi i loro versi rugginosi. Erano irrequieti come se presagissero un temporale, ma Roland aveva fiutato l’aria e non aveva sentito odore di pioggia.
A sinistra del torrentello c’era un masso. Su di esso Roland aveva disposto sei frammenti di pietra. Erano tutti tempestati di scaglie di mica, che brillavano come lenti nella luce calda del pomeriggio.
«Per l’ultima volta», disse il pistolero. «Se quella fondina è scomoda, anche solo minimamente, dimmelo adesso. Non siamo venuti qui a sprecare munizioni.»
Lei lo sbirciò con ironica malizia e per un attimo lui vide nei suoi occhi Detta Walker. Fu come un lampo di sole fosco riflesso da una sbarra d’acciaio. «E che cosa faresti se fosse scomoda e io non te lo dicessi? Se mandassi a vuoto tutte e sei le tue pallottoline? Mi prenderesti a scapaccioni sulla testa come faceva quel tuo vecchio insegnante?»
L’ultimo cavaliere sorrise. In quelle ultime cinque settimane aveva sorriso più di quanto avesse fatto nei cinque anni precedenti. «Non potrei e lo sai. Tanto per cominciare noi eravamo bambini, ragazzi che ancora non avevano superato la prova della maturità. Si può dare uno schiaffo a un bambino per correggerlo, ma…»
«Nel mio mondo alzare le mani sui bambini è giudicato riprovevole dalla gente perbene», dichiarò Susannah in tono severo.
Roland si strinse nelle spalle. Gli era difficile immaginare quel genere di mondo (non c’era forse scritto nel Grande Libro che l’indulgenza è madre dell’indolenza?), ma non credeva che Susannah stesse mentendo. «Il tuo mondo non è andato avanti», commentò. «Molte cose sono diverse laggiù. Non l’ho forse visto con i miei occhi?»
«Suppongo di sì.»
«E comunque tu e Eddie non siete bambini. Sarebbe un errore se vi trattassi come tali. E posto che fossero necessarie delle prove, le avete superate entrambi.»
Anche se non lo diceva, pensava a quello che era successo sulla spiaggia, quando Susannah aveva impedito che lui e Eddie fossero spolpati fino all’osso spedendo tempestivamente all’inferno tre aramostre. Vide il suo sorriso di risposta e pensò che forse stava ricordando anche lei quello stesso episodio.
«Allora, che cosa fai se sparo da schifo?»
«Ti guardo. Non credo di dover fare altro.»
Lei rifletté e poi annuì «Può essere.»
Controllò di nuovo il cinturone. Le attraversava il seno un po’ come l’imbracatura di una fondina da spalla (una sistemazione che a Roland faceva venire in mente la presa del portuale) ed estrarre sembrava abbastanza semplice, eppure ci erano volute molte settimane di esercizio e un gran numero di aggiustamenti perché si trovasse la posizione ideale. Il cinturone e la rivoltella, il cui calcio di consumato sandalo s’inarcava fuori della vecchia fondina ben lubrificata, erano appartenuti al pistolero; quella fondina gli era stata per lungo tempo appesa al fianco destro. Gli ci erano volute quasi tutte quelle ultime cinque settimane per convincersi che mai più ne avrebbe sentito il peso sotto l’anca. Grazie alle aramostre, era diventato solo mancino.
«Com’è allora?» chiese di nuovo.
Questa volta lei rise. «Roland, questo vecchio cinturone è comodissimo così com’è. Adesso vuoi che spari o ce ne dobbiamo restare qui ad ascoltare la musica dei corvi?»
Roland si sentì frugare sotto la pelle dalle piccole dita appuntite della tensione e pensò che più o meno così doveva essersi sentito Cort in momenti come quelli, dietro la falsa facciata del burbero istruttore. Voleva che Susannah fosse brava… aveva bisogno che fosse brava. Ma lasciar trasparire fino a che punto lo desiderasse e ne avesse bisogno poteva portare alla rovina.
«Ripetimi la tua lezione, Susannah.»
Lei si finse esasperata con un sospiro, ma mentre parlava il suo sorriso si spense e il suo bel viso dalla pelle scura assunse un’espressione solenne. Dalle sue labbra Roland udì le parole antiche che la sua voce rinnovava. Mai si era aspettato di sentirle pronunciare da una donna. E come gli sembravano naturali… eppure anche strane e pericolose.
«‘Io non miro con la mano; colei che mira con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
«‘Io miro con l’occhio.
«‘Io non sparo con la mano; colei che spara con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
«‘Io sparo con la mente.
«‘Io non uccido con la pistola…’»
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore del Maine rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Stephen King.
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