Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Timeline di Michael Crichton. Il romanzo è pubblicato in Italia da Garzanti con un prezzo di copertina di 11,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Timeline: trama del libro
Nel deserto dell’Arizona un uomo vaga senza meta, pronunciando parole prive di senso. Dopo ventiquattr’ore è morto e il suo corpo viene cremato dalle uniche persone che sembrano conoscerlo. All’altro capo del mondo una squadra di archeologi è al lavoro sulle rovine di un villaggio medievale della Dordogna, dove scopre una stanza rimasta sigillata per oltre seicento anni. Ma nel quartier generale della società finanziatrice del progetto gli studiosi faranno una scoperta ancora più sorprendente: il capo della misteriosa multinazionale ha inventato una vera macchina del tempo, che nello spericolato tentativo di ritrovare il professor Johnson, il capo della spedizione precipitato in un tunnel spaziotemporale, li proietterà in uno dei periodi più avventurosi e violenti della storia. Da quel momento i nostri eroi dovranno riuscire a sopravvivere nel bel mezzo della guerra dei Cent’Anni – tra soldataglia e affascinanti castellane, assedi e cruente battaglie – per cercare di tornare sani e salvi nel XXI secolo.
Approfondimenti sul libro
L’ebook di Timeline (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di euro 8,99.
Dan Baker sobbalzò, quando la sua nuova berlina Mercedes S500 imboccò lo sterrato, per inoltrarsi nella riserva navajo dell’Arizona settentrionale. Intorno a loro, il paesaggio si faceva sempre più desolato: a est, in lontananza, le mesas rosse; a ovest, deserto piatto a perdita d’occhio. Avevano superato l’ultimo villaggio mezz’ora prima – case polverose, una chiesa e una piccola scuola rannicchiate contro una rupe – dopodiché non avevano incontrato più nulla, neppure un cespuglio. Nient’altro che il vuoto deserto rosso. Da almeno un’ora non incrociavano automobili. Era mezzogiorno, e il sole accecava. Baker, un imprenditore edile quarantenne di Phoenix, cominciava a sentirsi a disagio. Tanto più che sua moglie, un’architetta, era una di quelle artiste con poca pratica di benzina e radiatori. Il serbatoio era a metà, ma il motore dava segni di surriscaldamento.
«Liz», disse, «sei sicura che sia questa la strada?».
Seduta al suo fianco, la moglie era chinata su una cartina stradale e con un dito seguiva la linea di una strada. «Deve essere questa», rispose lei. «La guida diceva: “A quattro miglia dal bivio per Corazón Canyon”».
«Ma la svolta per Corazón Canyon l’abbiamo superata venti minuti fa. Forse, siamo andati troppo oltre».
«Non possiamo aver superato un chiosco senza accorgercene».
«Lo so». Baker fissava la strada deserta davanti a sé. «Qui, però, non c’è niente. Sei proprio decisa a proseguire? Insomma, si trovano degli splendidi zerbini navajo anche a Sedona. Ce n’è di tutti i tipi, a Sedona, di zerbini».
«Quelli di Sedona», piagnucolò Liz, «non sono autentici».
«Ma sì che sono autentici, cara. Uno zerbino è uno zerbino».
«Io voglio un tappeto intessuto a mano».
«Okay». Sospirò. «Ma è la stessa cosa».
«Non è affatto la stessa cosa», precisò lei. «A Sedona si trovano soltanto schifezze per turisti: è roba acrilica, non di lana. Io, invece, voglio i tappeti che si vendono alla riserva. Inoltre, il chiosco che stiamo cercando dovrebbe avere un vecchio tappeto dipinto con sabbie colorate, negli anni Venti, da Hosteen Klah. E voglio anche quello».
«Okay, Liz». Baker, a dire il vero, non capiva che bisogno ci fosse di comprare un altro tappeto navajo. Ne avevano già una trentina. Erano sparsi in tutta la casa, per non parlare di quelli chiusi negli armadi.
Procedettero in silenzio. La strada, in lontananza, luccicava nella canicola come un lago d’argento. Di tanto in tanto, pareva di scorgere case o sagome di persone, ma proseguendo si scopriva immancabilmente che non c’era nulla e nessuno, che si era trattato di miraggi.
Dan Baker sospirò di nuovo. «L’abbiamo superato di sicuro».
«Proseguiamo per un altro tratto», disse la moglie.
«Per quanto ancora?».
«Non so… Ancora un po’».
«Quanto, Liz? Decidiamo adesso fino a che punto dovrà andare avanti questa storia».
«Altri dieci minuti», propose lei.
«D’accordo», concordò lui. «Altri dieci minuti».
Mentre lui controllava la lancetta della benzina, Liz si portò una mano alla bocca, gridando: «Dan!». Baker tornò a guardare la strada appena in tempo per vedere una sagoma sfrecciare via – un uomo, vestito di marrone, sul ciglio della strada – e udire, al contempo, un colpo forte e sordo contro la fiancata dell’auto.
«Oh, mio Dio!», esclamò Liz. «L’abbiamo investito!».
«Che cosa?».
«Abbiamo investito quell’uomo!».
«No, no. Abbiamo soltanto preso una grossa buca».
Nello specchietto retrovisore, poteva vedere l’uomo ancora in piedi sul ciglio della strada. Una sagoma marrone, presto inghiottita dal nuvolone di polvere sollevato dal passaggio dell’auto.
«Non possiamo averlo investito. È ancora in piedi».
«Dan, l’abbiamo investito. L’ho visto io».
«Ti sbagli, cara».
Baker tornò a guardare nello specchietto retrovisore, ma non riuscì a vedere nulla, a parte la polvere.
«Faremmo meglio a tornare indietro», disse lei.
«Perché?».
Baker era pressoché sicuro di non aver investito quell’uomo. Sua moglie si sbagliava di certo. Ma se, invece, avesse avuto ragione? Se quell’uomo avesse riportato una ferita anche lieve – un graffio o un piccolo taglio – la loro tabella di marcia sarebbe saltata. Non ce l’avrebbero mai fatta a ritornare a Phoenix prima di sera. In quella zona non c’erano che navajo: avrebbero dovuto portarlo all’ospedale o, almeno, alla città più vicina, cioè a Gallup, che non era neppure sulla strada…
«Credevo che volessi tornare indietro», disse Liz.
«Infatti».
«Be’, allora torniamoci».
«Non voglio complicazioni, Liz».
«Dan, mi meraviglio di te».
Lui sospirò e rallentò. «Okay, okay… Adesso faccio inversione».
Fece manovra, cercando di non finire con le ruote nella sabbia rossa ai lati della strada, e ripartì nella direzione da cui erano venuti.
«Oh, Cristo».
Baker accostò e saltò giù dall’auto, nel polverone rosso da loro stessi creato. Boccheggiò, sentendo la vampata di caldo in viso e su tutto il corpo. “Devono esserci 50 gradi, qui fuori”, pensò.
Quando il polverone cominciò a diradarsi, Baker vide l’uomo disteso sul ciglio della strada, che cercava di rialzarsi sui gomiti: era sulla settantina, tutto tremante, con pochi capelli e la barba. Aveva la pelle chiara: non era un navajo. I suoi abiti marroni avevano la foggia di una lunga tonaca. “Forse, è un prete”, pensò Baker.
«Si sente bene?», gli domandò Baker, aiutandolo a rimettersi a sedere.
Il vecchio tossì. «Sì, sto bene».
«Vuole alzarsi in piedi?», incalzò Baker. Era risollevato per l’assenza di tracce di sangue.
«Tra un attimo».
Baker si guardò intorno. «Dov’è la sua auto?», domandò.
Il vecchiò tossì di nuovo. Fissava a terra con la testa penzolante.
«Dan, secondo me è ferito», disse Liz.
«Già», concordò Baker. Il vecchio era, quantomeno, sotto shock. Baker tornò a guardarsi intorno: solo deserto, ovunque, che sfumava, in lontananza, nella foschia luccicante.
Niente auto. Niente di niente.
«Com’è arrivato fin qui?», domandò Baker.
«Dài, sbrighiamoci», tagliò corto Liz. «Dobbiamo portarlo all’ospedale».
Baker sistemò le mani sotto le ascelle del vecchio e lo aiutò a rialzarsi in piedi. Gli abiti che indossava erano pesanti, di un materiale simile al feltro, eppure quell’uomo non stava sudando. Anzi, il suo corpo sembrava fresco, a toccarlo; quasi freddo.
Il vecchio si fece trasportare a peso morto verso l’automobile. Liz aprì la portiera posteriore più vicina. «So camminare. Riesco anche a parlare».
«Bene. Mi fa piacere». Baker lo posò sul sedile.
L’uomo si sdraiò e si rannicchiò in posizione fetale. Sotto quella specie di tonaca indossava abiti comuni: jeans, camicia a scacchi, scarpe Nike. Baker chiuse la portiera. Liz andò a sederglisi accanto. Baker indugiò un istante nella calura. Come aveva fatto quel vecchio ad arrivare lì da solo, senza automezzi, con tutti quei vestiti addosso e senza versare una goccia di sudore?
Sembrava appena sceso da un’automobile.
“Forse, è arrivato in automobile”, pensò Baker. “Magari gli è venuto un colpo di sonno, è uscito di strada e ha avuto un incidente. Magari, c’è qualcun altro intrappolato nell’auto”.
Sentì che il vecchio stava biascicando qualcosa. «L’ho lasciato, ci ho ripensato. Indietro torno, lo prendo e buongiorno».
Baker riattraversò la strada per dare un’occhiata. Inciampò in una grossa buca e meditò di mostrarla alla moglie, ma poi rinunciò.
Fuori dalla carreggiata non vide tracce di pneumatici, bensì le nitide impronte dei passi del vecchio, che dalla strada si allontanavano verso il deserto. A una trentina di metri, Baker individuò l’orlo di un arroyo, una specie di gola aperta nel terreno. Le impronte sembravano provenire da quella direzione.
Le seguì a ritroso, raggiunse l’arroyo e si sporse per guardare giù. Di auto non ce n’erano. Vide soltanto un serpente, che fuggiva strisciando tra le rocce. Baker rabbrividì.
Un oggetto bianco, che luccicava al sole pochi metri più sotto, attirò la sua attenzione. Baker si avventurò nel burrone per osservare più da vicino. Era un frammento di ceramica di circa sei centimetri quadrati. Sembrava un pezzo di isolante per linee elettriche. Baker lo raccolse e notò con sorpresa che era freddo, al tatto. Immaginò che si trattasse di uno di quei nuovi materiali refrattari al calore.
Osservando meglio, su un bordo del quadratino di ceramica vide impressa la sigla ITC, accanto alla quale, a filo della superficie, c’era un minuscolo pulsante. Si domandò che cosa sarebbe successo se avesse premuto il pulsante. Lì in piedi, in quel caldo soffocante, circondato da enormi massi tondeggianti, premette il pulsante.
Nulla di fatto.
Premette di nuovo, ma non accadde nulla.
Baker risalì il burrone e tornò all’automobile. Il vecchio si era addormentato e russava fragorosamente. Liz stava consultando le cartine. «La città più vicina è Gallup».
Baker avviò il motore. «Esatto».
Tornati sulla strada principale, diretti a sud verso Gallup, il loro umore era migliorato. Il vecchio stava ancora dormendo. Liz lo guardò e disse: «Dan…».
«Cosa c’è?».
«Hai visto le sue mani?».
«Che cos’hanno?».
«Le dita».
Baker distolse lo sguardo dalla strada e si voltò per un attimo verso il sedile posteriore. Le dita del vecchio erano arrossate. «E allora? È una scottatura dovuta al sole».
«Solo le dita? Perché non tutta la mano?».
Baker si strinse nelle spalle.
«Le dita non erano così, prima», disse Liz. «Non erano rosse, quando l’abbiamo messo in macchina».
«Magari non te ne sei accorta, cara».
«Invece, dato che sembra si sia fatto fare la manicure, avevo proprio notato le sue mani: e mi pareva strano che un vecchio, in pieno deserto, le avesse così curate».
«Ah…». Baker consultò il suo orologio. Si domandò quanto tempo avrebbero perso all’ospedale di Gallup. Diverse ore, probabilmente.
Sospirò.
La strada, davanti a loro, era perfettamente diritta.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore e regista statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Michael Crichton.
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