Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La traccia dell’angelo di Stefano Benni. Il romanzo è pubblicato in Italia da Sellerio con un prezzo di copertina di 11,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
La traccia dell’angelo: trama del libro
24 dicembre 1955, nella casa dei nonni, odorosa di bosco tra candele e torroni, Morfeo festeggia il Natale. Ha otto anni e aspetta solo di scartare i regali. Poi improvviso l’incidente, una persiana lo colpisce alla testa, l’ospedale, il risveglio, la cura. Il piccolo Morfeo racconta di sé, le conseguenze di quell’evento fatale sul suo capo; nel trascorrere degli anni, tra diagnosi sbagliate, esami maldestri, dottori frettolosi è la medicina con le sue certezze e i suoi inganni a decidere del destino di Morfeo. A diagnosticare un male che non ha, a rimpinzarlo di farmaci e perseverare nell’errore, senza avvertirlo del pericolo dell’assuefazione, quando ormai è troppo tardi. A vegliare su Morfeo Gadariel, l’amico di tutta la vita, l’angelo cattivo sempre al suo fianco. Ma è davvero cattivo o si è solo ribellato? Nonostante tutto gli rimarrà sempre vicino e lo accoglierà all’ombra delle sue piume. Morfeo ora è un uomo maturo e una biblioteca di veleni invade la sua vita; ha avuto un figlio, ma si aggira nelle nebbie della dipendenza e nella rabbia dell’ansia. Decide di iniziare la battaglia per venirne fuori ma l’insonnia diventa la sua ossessione, la paura lo assale ogni notte; alla fine, confuso, sofferente, è costretto a ricoverarsi. La stanza 412 diventa la sua casa, gli altri tre degenti i suoi compagni di viaggio. Il decrepito Narciso, l’intossicato Roby. Elpis, un altro angelo, vigila su tutti loro. Popolato di camici bianchi – il dottor Ossicino, il professor Poiana, lo psichiatra Orio – in costante equilibrio tra reale e surreale, questo è anche un libro contro lo strapotere della medicina in cui il lettore ritrova il sorriso graffiante e visionario di Benni. Una denunzia poetica e commossa dove il dolore si mette a nudo.
Approfondimenti sul libro
In ebook La traccia dell’angelo (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 7,99 euro.
L’unico modo per non temere la morte è non pensarla e non crederle. Voltarle le spalle, anche se lei è ovunque, e non puoi voltare le spalle a ciò che è ovunque. Puoi voltare le spalle al deserto? Uno dei misteri della morte è proprio questa nostra follia: tentare di non temerla.
Il piccolo Morfeo a otto anni non credeva alla morte, era un argomento dei grandi che li rendeva loquaci e confusi, non l’amavano, ma ne parlavano sempre, ossessivamente, come di una persona viva che mancava. Magari odiosa, insignificante, malefica, ma era stata tra loro.
Così Morfeo viveva l’età meravigliosa dell’infanzia senza morte, dove la morte è nascosta ma non parla e non si fa vedere. Sta nascosta, come il teschio sotto la pelle del viso, oppure è un gatto spiaccicato sulla strada, una bistecca ridicola. Ma sul teschio il ghigno resta uguale, nei secoli, nelle bare, negli ossari, nelle fosse comuni. Denti, denti che vivono più dei nostri begli occhi o della nostra incantevole voce. Appena la morte dal sorriso indistruttibile ti parla, e ti tocca la spalla, l’infanzia è finita.
Era l’anno, ma che importa la data? Era un vecchio Natale del paleozoico precellulare, degli abeti non ancora vittime ecologiche, e nevicava come nei western di una volta. Nevica anche ai giorni d’oggi, però senza arte, ed è subito titolo per telegiornale, non mutamento di stagione. Morfeo passava quel lieto giorno nella casa dei nonni, da anni adibita a questa festività: una villetta sui colli tra pioppi e cipressi, un caldo rifugio dove solo quell’anno erano arrivati acqua e luce, quindi termosifoni e lampadine. Il primo strabiliante Natale di Morfeo senza lampade a petrolio e senza necessità di un focolare. Ma il camino era acceso secondo tradizione, e c’erano le candele, francescane sorelle, al posto delle lampadine mondane.
Mi piace il lume di candela, pensava il ragazzo, seduto sotto a una finestra, che incorniciava un paesaggio collinare e nevoso, mangiando noccioline e fichi secchi, aspirando l’odore di bosco dell’albero di Natale, verde ombrello del gelo, totem pagano degli aborigeni occidentali. Aspirava l’odore degli aghi di abete e delle candele colanti stille di neve calda. Guardava, fracassando sarcofaghi arachidei, i Babbi Natale di cioccolata, dolci cadaveri impiccati ai rami, e i festoni argentei e le luminarie variamente intermittenti, prodigio di modernità. Oltre alle palle preziose come gioielli, scelte ogni anno due alla volta al mercatino della fiera di Santa Lucia, e in cima a tutto il puntale, radioso come uno scettro, raffigurante un angelo d’argento con le ali aperte.
Guardava i pacchi sotto l’albero che allora erano un decimo di quelli di adesso e non erano per il novanta per cento inutili, come parole d’amore buttate via. E già un po’ sonnolento cercava di capire quale tra i pacchi contenesse, oltre al torrone di ordinanza, il suo regalo personale: i soldatini smontabili Swoppets, marca rara, dono pregiato quale mai fu Gormito o Winx o Pokemon.
Quanti ne avrebbe ricevuti? Forse tre, forse quattro, il fuciliere sdraiato, l’indiano minaccioso pronto a estinguersi, il pistolero nero in posa da fotografia, magari un bellissimo guerriero apache a cavallo.
Guardava sua sorella che si rimpinzava di torrone con l’apparecchio dei denti che scrocchiava come un meccanismo bellico.
Il nonno rigonfio di un tris di tortellini che succhiava lento e implacabile con l’unico dente, mentre ormai tutti erano alla frutta. La madre dal viso magro e itterico e gli zigomi a punta, secca e dolente come se la fame della guerra non l’avesse mai abbandonata.
Il padre Giobbe seduto davanti al camino che fumava nazionali mollicce fino all’ultimo residuo di cicchino.
Lui sì era uno che pensava sempre alla morte.
Del suo battaglione di soldatini veri ne erano morti la metà, li conosceva tutti e tossendo ripeteva: caro Morfeo fortunato te che non farai la guerra, tu non sai quante cose brutte ti saranno risparmiate e parlava di buchi nelle pance e spasimi e di un tedesco impiccato a un albero.
E Morfeo immaginava il crucco, dondolante come il Babbo Natale di cioccolata appeso all’abete.
Nonna Adele, vetusta tartaruga con lo scialle odoroso di canfora sulla poltrona a rotelle, guardava tutti con odio e benevolenza.
Lei era due persone, un centenario minotauro, la metà di sopra dolce, la metà di sotto cattiva inchiodata sulla sedia a rotelle.
E mamma disse: e ora una sorpresa, zio Pupo ci ha mandato il dolce: la cicerchiata abruzzese. Che palle, si pensò all’unisono.
Ma la sorpresa non fu quella. …
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore bolognese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Stefano Benni.
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