Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Tradita di Danielle Steel, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 9,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Tradita: trama del libro
A 39 anni, Tallie Jones vive il sogno hollywoodiano. Ex attrice, oggi è una regista di successo: i suoi pluripremiati film ottengono il plauso della critica e le ovazioni del pubblico. Allo sfarzo e al mondo glamour di Los Angeles, Tallie preferisce però una vita semplice, lontana dalle luci della ribalta: quel che conta per lei è la famiglia, il lavoro, gli amici. La sua cerchia include poche, care e fidate persone: suo padre; sua figlia, con la quale ha uno splendido rapporto; il suo partner e coproduttore Hunter Lloyd e Brigitte Parker, la sua migliore amica e assistente personale. Ma qualcosa scuote le fondamenta di quella vita perfetta. Mentre Tallie sta dirigendo il film più importante della sua carriera, iniziano a emergere piccoli problemi: un controllo rivela che ci sono preoccupanti discrepanze nei suoi rendiconti finanziari, ricevute fiscali suggeriscono attività e spese delle quali non è a conoscenza. Qualcuno vicino a Tallie le sta segretamente rubando enormi somme di denaro. Il suo mondo, una volta luogo sicuro di collaboratori fidati e affetti saldi, improvvisamente vacilla. Dopo una serie crescente di rivelazioni sconvolgenti, Tallie dovrà affrontare la dura verità: che qualche volta la fiducia può essere la più grande e amara delle illusioni.
«Stop!» gridò una voce squarciando il silenzio. Qualche istante dopo la scena si animò: un manipolo di uomini armati di macchine da presa ed equipaggiamenti vari iniziò a muoversi in ogni direzione, il morto si alzò, incurante del sangue che gli colava lungo il collo, mentre un assistente alla produzione si affrettava a raggiungerlo per porgergli una bibita fresca. L’altro, che fino a qualche momento prima lo aveva tenuto per mano, lasciò il set per andare a prendersi qualcosa da mangiare, dopo aver ricevuto la notizia che per quel giorno le riprese erano finite.
Un nutrito gruppo di persone stava parlando, gridando e ridendo, mentre una donna, magra e bionda, con un paio di shorts di jeans strappati, sneakers alla caviglia e una canottiera da uomo lacera conversava sorridente con i cameramen. Pur essendo di carnagione chiara, l’attività all’aperto aveva reso la sua pelle ambrata. I lunghi capelli erano raccolti disordinatamente in cima alla testa. Poco dopo la donna, Tallie, si fece un’approssimativa coda di cavallo e prese una bottiglia d’acqua fresca da un uomo che le stava distribuendo. Sebbene la troupe fosse in pausa, il fotografo addetto al backstage seguitava a scattare foto agli attori che si allontanavano dal set. Come sempre, il cast era stellare e comprendeva quattro delle più note celebrità hollywoodiane. «Sarà la scena migliore del film», disse lei al capocameraman in mezzo al via vai di gente; alcuni istanti dopo ricevette la conferma dell’ottimo lavoro svolto anche da parte del tecnico del suono.
Un uomo di sabbia sarebbe diventato il film migliore di quella regista che da anni non sbagliava un colpo. Il marchio Tallie Jones era una garanzia di incasso al botteghino. Anche se piuttosto giovane – aveva trentanove anni, di cui diciassette passati dietro la macchina da presa –, Tallie aveva già ricevuto due nomination agli Oscar e sei Golden Globe. Di questi era riuscita a portarne a casa due, ma purtroppo ancora nessuna statuetta. I suoi film riscuotevano enorme successo perché sapeva mescolare l’azione che tanto piaceva agli uomini – con la giusta dose di violenza, per appagare la loro sete di sangue senza oltrepassare i limiti del buon gusto – a quelle componenti di sensibilità ed emotività che attraevano il pubblico femminile. Tutto quello che Tallie toccava si trasformava in oro, proprio come succedeva al leggendario re Mida.
Soddisfatta dell’andamento delle cose sul set, la donna si avviò con passo leggero alla roulotte con aria condizionata che le faceva da ufficio, portando sotto il braccio il copione spiegazzato e pieno di orecchie. Era una perfezionista, attenta anche al minimo dettaglio, e i risultati erano sempre stupefacenti. Accese il BlackBerry e aprì la porta della roulotte, mentre sul display apparivano due messaggi della figlia. Maxine, o Max, come la chiamavano tutti, aveva iniziato gli studi all’Università di New York per prepararsi ad accedere alla facoltà di legge. Totalmente disinteressata alla carriera cinematografica, per lei esisteva solo la giurisprudenza. Desiderava diventare un avvocato come il nonno materno, Sam Jones, un vero eroe per mamma e figlia. Dopo la morte della moglie per leucemia, quando Tallie era ancora al liceo, Sam si era occupato esclusivamente di lei, appoggiandola in tutte le sue scelte. La figlia l’aveva ripagato mille volte degli sforzi e aveva sempre condiviso con lui il successo, chiedendogli di accompagnarla alle serate delle nomination.
Era stata la madre a instillare in Tallie l’amore per il cinema: la portava a tutte le proiezioni e le aveva trasmesso la passione per i classici. L’ammirazione per quel mondo era talmente grande che la signora Jones aveva chiamato la figlia Tallulah in onore di Tallulah Bankhead, l’attrice più glamour in assoluto, secondo lei. Poiché odiava quel nome, la ragazza lo aveva accorciato nel meno impegnativo Tallie, ma aveva mantenuto vivo l’interesse per i film visti con la mamma. La donna aveva disperatamente desiderato diventare un’attrice e, in seguito, aveva riversato i propri sogni sulla figlia. Purtroppo, però, non era vissuta a lungo per godere i successi della ragazza, ma sarebbe stata orgogliosa di lei. Quando la madre di Tallie si era sposata, a ventun anni, Sam – avvocato di grido – ne aveva quarantacinque. L’uomo era al secondo matrimonio, ma Tallie era la sua unica figlia. Adesso aveva ottantacinque anni, era in pensione e piuttosto malconcio. Padre e figlia si sentivano ogni giorno al telefono e lei gli raccontava di come procedevano le riprese, tenendolo al corrente di quello che avveniva al di fuori delle quattro mura nelle quali ormai era costretto a vivere per colpa dell’artrite deformante.
La vita amorosa di Tallie era sempre stata piuttosto movimentata, nulla di straordinario nel suo ambiente, dove le relazioni erano sempre instabili. Lei sosteneva che fosse impossibile incontrare un uomo normale nell’industria cinematografica. Il padre di Max, un cowboy del Montana, era stato un capitolo a parte. Lo aveva conosciuto alla scuola cinematografica USC, si era innamorata ed era rimasta incinta a vent’anni. Su insistenza di suo padre, aveva lasciato la scuola per il tempo della gravidanza e si era sposata. Il matrimonio era naufragato – com’era prevedibile – quando Max aveva soltanto sei mesi. Una volta libero dai vincoli nuziali, l’ex marito era tornato a vivere nel Montana dove Tallie lo raggiungeva di tanto in tanto con l’unico scopo di mantenere una relazione civile; purtroppo, però, le loro vite erano totalmente diverse. Da quando avevano divorziato – erano quasi vent’anni ormai – lui era entrato nel circuito dei rodei, aveva sposato una ragazza del Wyoming ed era diventato padre altre tre volte. Ogni anno, mandava a Max una cartolina per il compleanno o un souvenir da un rodeo per Natale, ma i due si erano incontrati pochissime volte. Non era una cattiva persona, però, a causa dell’estrazione sociale troppo diversa, non era riuscito a instaurare un rapporto decente con la figlia. Dai genitori Max aveva preso la bellezza; era alta, slanciata, bionda e con degli occhi azzurri stupendi. Quelli di Tallie erano verdi e la sua statura un po’ inferiore, ma quando uscivano insieme suscitavano ammirazione e spesso venivano scambiate per sorelle.
Tallie si era sposata una seconda volta, con il protagonista di uno dei suoi film. Di solito evitava coinvolgimenti sentimentali di quel genere, ma per lui aveva fatto un’eccezione. Aveva trent’anni quando aveva perso la testa per quella star britannica di ventinove che l’aveva tradita pubblicamente già sei mesi dopo, durante le riprese di un’altra pellicola. Il matrimonio era durato undici mesi, solo tre dei quali trascorsi insieme. Recuperare la libertà le era costato un milione di dollari.
Dopo quell’esperienza era rimasta sola per cinque anni, concentrandosi unicamente sul lavoro e sulla figlia. A sposarsi non ci pensava più, ma l’incontro con Hunter Lloyd, un produttore di successo, le aveva fatto cambiare idea sulla possibilità di avere un compagno. Non c’era nulla che non andasse in lui; non era né fedifrago né bugiardo né ubriacone. Anche lui era stato sposato due volte, e i divorzi gli erano costati una fortuna. Avevano iniziato a frequentarsi quattro anni prima, e convivevano da tre. Hunter si era trasferito da lei rinunciando all’enorme casa a Bel Air, che aveva lasciato all’ultima moglie. La loro relazione andava a gonfie vele e anche Max la approvava.
Hunt era un bonaccione, una sorta di orso gentile che da qualche tempo affiancava Tallie anche dal punto di vista lavorativo. Questo era il secondo film che producevano insieme. Il primo aveva sbancato i botteghini. La loro collaborazione raddoppiava il successo. Tallie ora era felicissima, aveva tutto quello che desiderava: la relazione con il compagno era solida, tranquilla e stabile, e la sua vita procedeva senza scossoni, in modo modesto a dispetto della fama internazionale che si era guadagnata negli anni. Lei era una persona molto riservata, che non amava uscire e che si dedicava completamente alla preparazione e alla produzione dei suoi film; e solo di rado si concedeva delle pause.
Quando aveva ventun anni, e già era diventata madre di Max, un agente di Hollywood la notò in un supermercato. Fece il provino soltanto per onorare la memoria della madre, ma andò bene, e iniziò la carriera di attrice. Quel lavoro però non era per lei, e lo detestava. Così, dopo poco tempo e con grande dispiacere dell’agente, aveva declinato tutte le offerte per dedicarsi a ciò che amava di più: la regia. Presa la decisione su quello che sarebbe stato il suo futuro lavorativo, Tallie si era iscritta alla scuola cinematografica USC, dove aveva realizzato il suo primo film a basso costo, finanziato con l’aiuto del padre e che, dopo l’uscita sul grande schermo, era divenuto un cult. La sua carriera di regista era decollata con La verità sugli uomini e sulle donne e da quel momento non si era più fermata.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice newyorchese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Danielle Steel.
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