Corredata da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La vampa d’agosto di Andrea Camilleri, romanzo edito in Italia da Sellerio con un prezzo di copertina di 11,00 euro (ma acquistabile online con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 7,49.
La vampa d’agosto: trama del libro
Caldo torrido, estenuante, sole implacabile: è questa la vampa del mese più infuocato della torrida estate siciliana, ma è anche l’ardore e la passione che infiammano Montalbano. Siamo in agosto, Mimì Augello ha dovuto anticipare le ferie e Montalbano è costretto a rimanere a Vigàta. Livia vorrebbe raggiungerlo, ma per non restare sola, con Montalbano sempre al lavoro, pensa di portare con sé un’amica (con marito e bambino) e chiede a Salvo di affittare una casa sul mare per loro. La vacanza scorre nella villetta sul mare, silenziosa, verde.
Ma un giorno il bambino sparisce. Montalbano accorre e scopre in giardino un cunicolo che rivelerà clamorose sorprese tra cui un baule con il cadavere di una ragazza scomparsa sei anni prima.
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Un omo che ai jorni nostri campa in un paìsi civilizzato come il nostro (ah ah) se percepisce nel mezzo del sonno botte di cannonate, certamente le scangia per truniata di temporale, spari per la festa del santo patrono o spostamento di mobili da parte di quei garrusi che abitano al piano di supra e continua bellamente a dormiri. Ma lo squillo del telefono, la marcetta del cellulare, il campanello della porta, quelle no, quelle sono tutte rumorate di richiamo al quale l’omo civilizzato (ah ah) non può fari altro che assumare dalle profondità del sonno e arrispunniri.
E di conseguenzia, Montalbano si susì dal letto, taliò il ralogio, taliò verso la finestra, capì che avrebbe fatto càvudo assà e annò nella càmmara di mangiare indove il telefono sonava alla dispirata.
«Salvo, ma dov’eri? È da mezzora che chiamo!».
«Scusami, Livia, ero sotto la doccia, non sentivo».
Prima farfantaria della jornata.
Pirchì l’aviva ditta? Pirchì s’affruntava di diri a Livia che stava ancora dormenno o pirchì non voliva mortificarla dicennole che era stato arrisbigliato da quella telefonata? Boh.
«Sei andato a vedere la villetta?».
«Ma Livia! Sono appena le otto!».
«Perdonami, ma sono così impaziente di sapere se va bene…».
La facenna era principiata una quinnicina di jorni avanti, quanno aviva dovuto comunicare a Livia che nella prima quinnicina di agustu, contrariamente a quando avivano stabilito, non potiva cataminarsi da Vigàta pirchì Mimì Augello aviva dovuto anticipare le vacanze per una complicazione con i sòceri. La cosa non aviva avuto gli effetti devastanti che s’aspittava, Livia voliva bene a Beba, la mogliere di Mimì e a Mimì stisso. Si era lamentiata tanticchia, questo sì, e Montalbano si era fatto pirsuaso che la storia era finuta lì. Ma si sbagliava, e di grosso. Nella telefonata della sira appresso, Livia se ne era vinuta fora con una strofella inaspettata.
«Cerca subito una casa, due camere da letto e salone, proprio sul mare, da quelle parti».
«Non ho capito. Perché dovremmo spostarci da Marinella?».
«Quanto sei stupido, Salvo, quando vuoi fare lo stupido! Io parlavo di una casa per Laura, suo marito e il bambino».
Laura era l’amica del cori di Livia, quella alla quale confidava i misteri gaudiosi e macari quelli tanticchia meno gaudiosi.
«Vengono qua?».
«Sì. Ti dispiace?».
«Per niente, tu sai bene che Laura e suo marito mi stanno simpatici, ma…».
«Spiegami questo ma».
Bih, che camurria!
«Pensavo che finalmente avremmo potuto stare un po’ a lungo da soli e…».
«Ahahah!».
Risata tipo strega di Biancaneve e i sette nani.
«Perché ridi, scusa?».
«Perché sai benissimo che a restare sola sarò io, io, capisci, mentre tu passerai la giornata e forse anche la nottata al commissariato dietro l’ammazzato di turno!».
«Ma no, Livia, qua d’agosto, col caldo che fa, macari gli assassini aspettano l’autunno».
«Cos’è una battuta di spirito? Dovrei ridere?».
E accussì era accomenzata la longa ricerca con l’aiuto, non risolutivo, di Catarella.
«Dottori, avrebbi trovato una bitazione come la cerca vossia in contrata Pezzodipane».
«Ma la contrada Pezzodipane è a dieci chilometri dal mare!».
«Vero è, ma in compensativo c’è un laco artificioso».
Opuro:
«Livia, avrei trovato un appartamentino proprio grazioso in una specie di residence che si trova…».
«Appartamentino? Ti avevo detto, chiaramente, una casa».
«E l’appartamentino non è una casa? Che è, tenda?».
«No, l’appartamento non è una casa. Siete voi siciliani che fate confusione e chiamate casa un appartamento, mentre quando io dico casa intendo casa. Vuoi che mi spieghi meglio? Devi cercare una villetta unifamiliare».
Nelle agenzie di Vigàta gli avivano riduto ’n facci.
«E lei, il sedici luglio, pretende di trovare per il primo d’agosto una villetta sul mare? Ma è tutto già affittato!».
Gli avivano ditto di lassare il nummaro di telefono: se per caso all’ultimo minuto qualichiduno dava la disdetta, l’avrebbero avvertito. E il miracolo capitò quanno proprio ci aviva perso le spranze.
«Pronto, dottor Montalbano? Qui è l’agenzia Aurora. Si è resa libera una villetta come la cerca lei. È a Marina di Montereale, località Pizzo. Ma dovrebbe passare subito, stiamo per chiudere».
Aviva lassato ’n tridici un interrogatorio e si era precipitato. Dalle fotografie, pariva proprio precisa come la voliva Livia. Col signor Callara, il proprietario
dell’agenzia, erano ristati d’accordo che all’indomani a matino, verso le nove, sarebbero vinuti a pigliarlo per fargli visitare la villetta che era dalle parti di Montereale, a manco deci chilometri di distanza da Marinella.
Montalbano pinsò che deci chilometri della strata per Montereale, in piena stati, potivano significare tanto cinco minuti di machina quanto dù ore, a secunna del trafico. Pacienza, Livia e Laura si dovivano contentare, chisto passava ’u conventu.
Appena in machina, il signor Callara accomenzò a parlare e non la finì cchiù. Principiò dalla storia recente, contando come e qualmente la villetta era stata affittata a un tale Jacolino, che faciva l’impiegato a Cremona, il quale aviva dato la regolamentare caparra. Ma propio la sira avanti questo Jacolino aviva telefonato all’agenzia dicenno che alla matre di sò mogliere era capitato un incidente per il quale non potivano cchiù cataminarsi da Cremona. E perciò dall’agenzia avivano chiamato a lui, Montalbano.
Doppo, il signor Callara attaccò con la storia passata, vale a dire che contò, con dovizia di particolari, come e pirchì era stata fabbricata la villetta. Un sei anni avanti, un sittantino che di nome faciva Angelo Speciale, monterealese di nascita ma che aviva passato la vita in Germania a travagliare, aviva deciso di farsi costruire ’sta villetta per abitarci tornannosene definitivamente al sò paìsi con la mogliere tidisca. La quale mogliere tidisca, che di nome faciva Gudrun, era una vidova che aviva un figlio vintino che di nome faciva Ralf. Chiaro? Chiaro. Angelo Speciale, che era vinuto a Montereale accompagnato dal figliastro Ralf, per una mesata intera aviva circato il posto giusto, po’ l’aviva attrovato, se l’era accattato, dal giometra Spitaleri si era fatto fari il progetto e aviva aspittato un’annata e passa che la costruzione viniva terminata. Ralf era ristato sempre con lui.
Appresso, sinni erano tornati in Germania per trasferire i mobili e il resto a Montereale. Ma era capitata una cosa stramma. Siccome che ad Angelo Speciale non ci piaciva volare, erano ripartuti ’n treno. Ma quanno arrivò alla stazione di Colonia, il signor Speciale non attrovò cchiù il figliastro che aviva viaggiato nel letto di supra al suo. La valigia di Ralf era nello scompartimento, ma di lui non c’era traccia. L’addetto di notte disse che non l’aviva viduto scinniri dal treno nelle fermate precedenti. A farla breve, Ralf era scomparso.
«Poi l’hanno ritrovato?».
«Ma quanno mai, dottore mio! Da allura non se ne è saputo cchiù nenti di nenti di ’stu picciotto».
«E il signor Speciale è venuto ad abitarci?».
«E questo è il bello! Mai! Il poviro signor Speciale, doppo manco un misi che era tornato a Colonia, cadì dalle scale, sbattì la testa e morse, mischino».
«E la signora Gudrun, vidova dù volte, se n’è vinuta a stare qua?».
«E che ci faciva qua, povirazza, senza marito e senza figlio? Ci telefonò tri anni fa dicennoci di affittare il villino. E noi da tre anni l’affittiamo, ma sulo d’estate».
«E durante l’anno no?».
«Dottore, è troppo isolato. Vedrà lei stesso».
Era isolato, infatti. Ci si arrivava lassando la provinciale e pigliando una trazzera in salita lungo la quale c’erano solamente una casuzza rustica, un’altra casuzza tanticchia meno rustica e, alla fine, il villino. Era una zona squasi mancante d’àrboli e di piante, arsa dal soli. Ma quanno s’arrivava al villino, ch’era situato in cima a una specie di granni muntarozzo, la vista di colpo cangiava. Una billizza! Sutta, a dritta e a manca, c’era la spiaggia d’oro, punteggiata da qualichi raro ombrellone, e davanti un mare chiaro, aperto, accogliente. Il villino, tutto a pianoterra, aviva proprio dù càmmare di letto, una granni matrimoniale e una cchiù nica con un lettino, il salone con finestre rettangolari che si vidiva sulo cielo e mari ed era macari dotato di televisore. La cucina era spaziusa e munita di un enorme frigorifero. E c’erano macari dù bagni. E po’ una terrazza che non aviva prezzo, bona per mangiaricci la sira.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore siciliano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Andrea Camilleri.
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