Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig. Il romanzo è pubblicato in Italia da Adelphi con un prezzo di copertina di 10,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
La variante di Lüneburg: trama del libro
Un colpo di pistola chiude la vita di un ricco imprenditore tedesco. È un incidente? Un suicidio? Un omicidio? L’esecuzione di una sentenza? E per quale colpa? La risposta vera è un’altra: è una mossa di scacchi. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che ha la forma di una scacchiera. Risalendo indietro, mossa per mossa, troveremo due maestri del gioco, opposti in tutto e animati da un odio inesauribile che attraversano gli anni e i cataclismi politici pensando soprattutto ad affilare le proprie armi per sopraffarsi. Che uno dei due sia l’ebreo e l’altro sia stato un ufficiale nazista è solo uno dei vari corollari del teorema.
Approfondimenti sul libro
In ebook La variante di Lüneburg (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 4,99 euro.
Narra infatti una leggenda che quando il gioco fu presentato per la prima volta a corte il sultano volle premiare l’oscuro inventore esaudendo ogni suo desiderio. Questi chiese per sé un compenso apparentemente modesto, di avere cioè tanto grano quanto poteva risultare da una semplice addizione: un chicco sulla prima delle sessantaquattro caselle, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza, e così via…
Ma quando il sultano, che aveva in un primo tempo accettato di buon grado, si rese conto che a soddisfare una simile richiesta non sarebbero bastati i granai del suo regno, e forse neppure quelli di tutta la terra, per togliersi dall’imbarazzo stimò opportuno mozzargli la testa.
La leggenda sottace il fatto che quel sovrano dovette pagare in seguito un prezzo ben maggiore: egli si appassionò al nuovo gioco fino a smarrirne la ragione. L’esosità del mitico inventore, infatti, è pari solo a quella del gioco stesso.
I giornali di oggi riportano la notizia della morte di un uomo, avvenuta in una località non lontana da Vienna. Ieri, domenica mattina, un certo Dieter Frisch è deceduto per una ferita di arma da fuoco. La perizia medico-legale fa risalire l’evento alle quattro del mattino, riscontrandone le cause in un proiettile di pistola che, esploso da brevissima distanza, gli ha forato il palato ed è fuoriuscito dalla zona occipitale.
Appare anche una sua foto recente, che lo ritrae in mezzo al parco della sua villa nell’atteggiamento di un gentiluomo di campagna al rientro dalla sua passeggiata quotidiana. Vestito di lino chiaro e adagiato su una poltrona di vimini, sembra protendere una mano ad accarezzare uno dei due cani accucciati ai suoi piedi. Sul momento, ombreggiato com’ è dalle falde di un panama che si presume leggerissimo, stento a riconoscere quel volto. Che cos’è la fisionomia? Un equilibrio tra massa, peso e forme di una struttura muscolare, oppure qualcosa che davvero resta immutabile sotto le continue velature del tempo? Mi chiedo se sia possibile che sotto quel nome e quelle sembianze si celi la stessa persona che conoscevo; e solo dopo qualche istante di attenzione i tratti che ho conservato nella memoria riaffiorano e si sovrappongono in trasparenza a questa faccia imbolsita dall’età, eppure ancora, oserei dire, caparbiamente giovanile.
I titoli danno concordemente un grande risalto alla scomparsa di questa «eminente figura», passando però sotto silenzio le circostanze in cui essa è avvenuta. Dietro le pressioni dei familiari, schierati fermamente contro l’ipotesi del suicidio, quasi tutte le testate parlano di «incidente», «disgrazia», oppure di morte avvenuta in «circostanze misteriose». Mancando un movente plausibile, persino l’evidenza perde ben presto il proprio valore. Quanti lo conoscevano sembrano infatti disposti a giurare che non sussisteva motivo alcuno per giustificare un simile gesto da parte sua. Nessuno aveva mai notato in lui segni di depressione o di stanchezza; anzi, a quanto sembra, il suo ultimo check-up, eseguito di recente, rivelava uno stato di salute pressoché perfetto; e anche la sua prestanza fisica era ancora invidiabile: a sessantotto anni, sebbene leggermente claudicante per via di un’operazione al menisco subita in seguito a una caduta da cavallo, egli continuava a praticare i suoi sport preferiti: il tennis e l’equitazione. Per finire, anche l’ipotesi di un dissesto finanziario è completamente priva di fondamento, dato che solo pochi giorni prima, vincendo l’appalto per la costruzione di alcuni edifici della Bundesbank, si era assicurato un affare di parecchi miliardi.
Frisch era dunque una di quelle persone alle quali il successo sembra arridere in tutti i campi; anche nella vita privata. Sposato con una ricchissima ereditiera, aveva avuto quattro figli maschi, i quali ricoprono tuttora importanti cariche sociali. Conduceva una vita regolata e tranquilla: per quattro giorni la settimana risiedeva a Monaco, occupandosi della propria azienda, e il venerdì rientrava a Vienna per raggiungere poi, in macchina, il luogo dove amava passare tutto il suo tempo libero: una villa cinta da un vasto parco attorniato a sua volta da una riserva di caccia di circa cinquanta ettari. Costruita sul finire del Settecento, non lontano dalla capitale, la proprietà era diventata da tempo un’attrazione turistica. Con l’estate i suoi cancelli si aprivano al pubblico, al quale era concesso di visitare un allevamento di cavalli lipizzani, e di aggirarsi a piacere per il parco: un vero capolavoro di giardinaggio e idraulica progettato più di un secolo fa. La maggiore attrazione era costituita da un labirinto geometrico tracciato in mezzo a pareti concentriche di tuia alte tre metri che sboccava in uno spiazzo a forma di scacchiera, la cui pavimentazione era composta da riquadri di marmo bianco e nero: su due lati opposti si innalzavano le figure degli scacchi, ricavate, con un accurato lavoro di potatura, da densi cespugli alti quanto un uomo: di tasso i pezzi scuri, di bosso quelli chiari.
Frisch era un abitudinario, come lo sono del resto quasi tutte le persone della sua età. Ogni mattina – nei tre giorni che passava alla villa – si alzava puntualmente alle sette e mezzo, e si immergeva, per cinque minuti esatti, in una piscina interna colma di acqua fredda; poi, dopo aver eseguito qualche esercizio di ginnastica, si apprestava al rito di un’accurata toilette. Verso le otto scendeva vestito di tutto punto nell’ampio salone, dove consumava una colazione frugale: una tazza di caffè amaro e qualche biscotto integrale spalmato con un velo di marmellata; il tutto servito su vasellame prezioso. Poi, per il resto della mattinata, si ritirava nel suo studio-biblioteca a occuparsi di scacchi: la sua grande passione. Possedeva tutto ciò che era stato scritto sugli scacchi, e vantava anche una collezione di preziose scacchiere antiche. Benché da anni non svolgesse più alcuna attività agonistica, manteneva ancora il titolo di maestro. Dirigeva inoltre un’autorevole rivista di scacchi.
Secondo le testimonianze raccolte, fino a quel venerdì notte nulla sembrava aver intaccato le sue abitudini. Come di consueto, l’autista era andato ad aspettarlo alla stazione di Vienna, e per tutto il tragitto si erano scambiati solo qualche parola. Avevano fatto ritorno alla villa in piena notte; all’una meno un quarto, per la precisione (l’autista teneva a cronometrare tutte le volte il percorso). Sceso dalla macchina, Frisch si era avvicinato al recinto dei cani, come faceva sempre, per placare con una carezza l’entusiastico benvenuto dei suoi «cuccioli»; e da lì era entrato subito in casa. Tutto si era svolto esattamente come ogni venerdì.
Ma già il sabato mattina la vecchia cameriera addetta al suo servizio personale aveva notato qualcosa di strano nel comportamento del padrone. A giudicare dall’aspetto, Frisch doveva aver dormito poco e male, anzi la donna era pronta a giurare che, se si era coricato, l’aveva fatto senza neppure togliersi gli abiti di dosso. Abituata com’era a vegliare sugli eventi familiari come su un oliato meccanismo, e trovando il massimo conforto proprio nella routine, quell’improvviso mutamento nelle abitudini del padrone l’aveva allarmata.
Nella sua condizione di subordinata, tuttavia, non si era permessa la benché minima osservazione. E non ne aveva fatto parola con nessuno; non si era confidata neppure con il resto della servitù, né tantomeno aveva avvertito la moglie di Frisch, anche perché i due coniugi occupavano due ali ben distinte della villa, conducendo di fatto vite separate e mostrandosi insieme solo in occasione di qualche raro ricevimento ufficiale. Sempre secondo il racconto della donna, quella mattina il dottor Frisch non avrebbe neppure toccato la colazione, e anche il pranzo, servitogli alla solita ora, sarebbe tornato indietro intatto sul suo vassoio.
Sembra accertato, dunque, che per tutta la giornata egli sia rimasto chiuso in casa, fino a tarda sera, senza ricevere visite; e solo quando la cameriera è venuta a servirgli la cena nel suo studio si è acceso un lume, ed era ancora acceso quando la nostra testimone ha ceduto al sonno, verso le due del mattino.
Domenica, alle otto passate, Frisch non si era ancora visto: la cameriera, allora, preoccupata per l’insolito ritardo, è salita al piano superiore, ma, trovando la camera vuota e il letto intatto, ha pensato in un primo tempo che il padrone avesse passato la notte fuori casa, anche se questo comportamento non rientrava nelle sue abitudini. I primi sospetti sono nati in lei quando si è accorta che dalla rimessa non mancava nessuna delle automobili. Ha bussato allora ripetutamente alla porta dello studio, chiamandolo ad alta voce; non ottenendo risposta, si è decisa a entrare, ma nella biblioteca non c’era nessuno. A questo punto non le è rimasto che svegliare la moglie – impresa, questa, non priva di rischi, poiché la signora soffriva d’insonnia e a quell’ora si stava sicuramente godendo il suo primo riposo.
Poco dopo, tutta la servitù era già mobilitata a ispezionare le ventotto stanze, le cantine e la foresteria; la ricerca si è estesa anche alle adiacenze della villa, ma senza alcun risultato. Alla fine qualcuno ha pensato di ricorrere ai cani, i due lupi alsaziani prediletti dal padrone, che per tutta la mattinata non avevano fatto altro che abbaiare ininterrottamente. Il primo, liberato dal recinto, è sfrecciato in direzione dell’intricato giardino; l’altro, tenuto al guinzaglio, li ha guidati senza esitazione sul posto. Il corpo di Frisch, riverso nel suo stesso sangue, è stato trovato al centro del labirinto, e a pochi passi da lui è stata rinvenuta quella che un tempo era la sua pistola d’ordinanza. Nessuno aveva udito lo sparo, poiché l’arma era munita di silenziatore.
Invano si è cercato un messaggio, ma sul suo tavolo da lavoro non si è trovato nulla se non una scacchiera con una posizione di gioco già sviluppata in un complicato centro di partita.
Una strana scacchiera, in verità, cucita assieme con pezze chiare e scure di stoffa grezza; e con le pedine formate da bottoni di varie dimensioni che portavano, malamente incise su una faccia – si sarebbe detto con la punta di un chiodo –, le figure del gioco.
Fra tutti i quotidiani che descrivono ciò che è apparso agli occhi dei primi testimoni, solo un foglio di provincia, forse a corto di notizie di prima mano, si è soffermato su questo particolare, all’apparenza insignificante, concludendo così l’articolo: «Nessuno potrà mai spiegarci perché quella notte il dottor Frisch abbia scelto, dalla sua preziosa e rinomatacollezione di scacchiere, un simile cencio. Forse solo per giocarci la sua ultima partita: quella con la morte».
In queste parole dal gusto vagamente melodrammatico è nascosta la verità. Eppure nessuno degli inquirenti ha dato loro il giusto peso. Ovviamente si sono rilevate le impronte digitali anche sulle inconsuete pedine; queste ultime, tuttavia, una volta scomposte dalla loro posizione originale, hanno sicuramente cancellato un indizio, forse l’unico: sebbene, devo ammetterlo, difficilmente accertabile.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore italiano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Paolo Maurensig.