Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Vita di Melania Mazzucco, romanzo edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 14,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Vita: trama del libro
Nel 1903 Vita e Diamante, nove anni lei, dodici lui, sbarcano a New York. Dalla miseria delle campagne del Mezzogiorno vengono catapultati in una metropoli moderna, caotica e ostile. Vita è ribelle, possessiva e indomabile, Diamante taciturno, orgoglioso e temerario. Li aspettano sopraffazione, violenza e tradimento. Ma anche occasioni di riscatto, la scoperta dell’amicizia e, soprattutto, l’amore. Che si rivelerà più forte della distanza, della guerra, degli anni. Dando voce a un coro di personaggi perduti nella memoria, Melania Mazzucco tesse i fili di una narrazione che è insieme familiare e universale. La storia di tutti quelli che hanno sognato, e sognano, una vita migliore.
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La strada per Tufo è ingombra di veicoli incendiati. Motociclette camion automobili. Sportelli nei quali le pallottole hanno aperto decine di occhi, ruote ridotte a ferraglia. Gli si parano davanti colline di rottami. Avvicinandosi, realizza che si tratta di carri armati. Li oltrepassa con un senso di timore, come fossero il monumento di una disfatta. Non sa se sono i Churchill che hanno perso a gennaio, o i Tiger che hanno perso i tedeschi quando hanno abbandonato il paese la prima volta. Scavalca l’ala di un aereo – intatta, recisa di netto, con il marchio della Luftwaffe ancora visibile. La cabina è esplosa nel vallone. Vede un albero. È il primo – o l’ultimo. Affretta il passo, i suoi soldati arrancano, fa caldo, il sole è già alto, che ti è preso, capitano? take it easy. È un olivo – completamente incenerito, nero come l’inchiostro. Quando lo tocca, gli si sbriciola tra le dita. C’è un tale polverone che, nonostante i Ray-Ban, gli lacrimano gli occhi. O forse è fumo. Le pietre fumano ancora. Lo impressionano piú di qualunque altra cosa abbia visto finora. Non è in grado di controllare la fuga dei pensieri. A un tratto ha la sensazione di essere giunto nel luogo a lui destinato.
Sulla salita gli viene incontro un vecchio macilento. Ha i capelli duri di polvere e lo sguardo vitreo. Lo oltrepassa, come se lui fosse un fantasma. Come se non fosse qui. Il capitano sta sudando nella divisa. Si deterge la fronte col palmo della mano. I suoi soldati rallentano, scherzano. Sono giovani, arrivati da poco per riempire i vuoti del Fronte sud. Ma lui sa perché si trova qui, e sa di essere in ritardo. Sarebbe dovuto venire prima, avrebbe dovuto. Ma i confusi ricordi non suoi che lo assillavano di tanto in tanto avevano qualcosa di molesto – come il residuo di un sogno. Rimandavano a una terra perduta e distante, affollata di individui dai volti di pietra, duri e impenetrabili, e la paura di trovare conferma della propria estraneità lo ha tenuto lontano. Comunque, alla fine è venuto. In altri paesi sono entrati a cavallo dei carri armati – tra gli applausi. Ma qui vengono a piedi, perché la strada è interrotta. Ha le tasche piene di doni. E ha vergogna di portare doni. Viene con la polvere la distruzione e il clamore. Dal fumo che si dirada, emerge una parete di pietra. Dunque, questo era il punto. Questa la prima casa del villaggio. Ma non è piú una casa – dietro la parete c’è uno strapiombo. La casa se n’è andata giú a gennaio – borbotta il vecchio. Almeno, il capitano crede che gli abbia detto cosí, perché non lo capisce. Il vecchio esamina la sua divisa – i gradi sulle spalline. Ha solo ventiquattro anni, ed è già capitano. Ma il vecchio non si lascia impressionare. Quando gli porge un pacchetto di Lucky Strike, il vecchio si rincantuccia nelle spalle, tira dritto e sparisce dietro un mucchio di cocci. È quello, suo nonno?
È arrivato troppo tardi. Il paese non esiste piú. Il paese di chi? Il suo? Quello di Vita? Questo luogo che non è un luogo non è niente per lui. È nato lontano – su un altro pianeta, e gli sembra di camminare a ritroso nel tempo. L’unica strada che attraversava Tufo, tagliata trasversalmente da vicoli stretti che da un lato precipitavano nel vallone e dall’altro s’arrampicavano sulla collina, è ormai un canyon fra due pareti di macerie, oppresso da un tanfo atroce di cadavere. È questo l’odore del passato? O quello dei limoni che lei ricorda ancora? «Le bombe, le bombe», ripete una vecchia svanita, rannicchiata su una seggiola di paglia davanti a quella che era forse la sua casa. Sferruzza. La sua casa è una porta sospesa sul niente. Ombre impolverate si aggirano fra le rovine, non sanno chi siano loro e non vogliono saperlo. Hanno paura che neanche stavolta durerà. Non sanno se sono venuti a liberarli o a seppellirli definitivamente. Sono tutti vecchi, qui. Dove sono andati i bambini che ruzzavano nei vichi? «Dov’è via San Leonardo?», chiede alla vecchia, sforzandosi di riesumare quel po’ di lingua che condividono. «Figlio mio», gli risponde lei, con un sorriso sdentato, «è questa».
Questa quale? Non si trova in una strada. In un buco pieno di polvere. Hanno buttato giú tutto. Abbiamo buttato giú tutto. C’è un solo edificio ancora in piedi. Col tetto sfondato e senza porta. In piedi, tuttavia. È la chiesa. Con la facciata gialla crivellata di proiettili – pezzi di intonaco accartocciati come pagine. La nicchia della statua vuota. I tre gradini dove Dionisia scriveva… scheggiati, il secondo completamente divelto. La sua casa è qui di fronte… Dove?
Il capitano si arrampica su una collina di detriti. Con gli scarponi, solleva turbini di polvere. Gli bruciano i polmoni. Gli bruciano gli occhi. Sta calpestando telai di finestre, brandelli di tenda, l’anta di un armadio, la scheggia di uno specchio incastrata in una ciabatta. La sua faccia impolverata lo guarda. Si accascia su una trave. C’è la spalliera di un letto, sotto di lui. Solo il pomo di ottone sporge tra i calcinacci. Il capitano piange, mentre i suoi soldati si voltano dall’altra parte, per non guardarlo. La vecchia sferruzza sulla seggiola, adesso i soldati le offrono una tavoletta di cioccolato. La vecchia rifiuta, perché non ha i denti. I soldati insistono perché la prenda per i suoi figli. Non ho piú figli, non c’è piú nessuno – balbetta la vecchia. I soldati non la capiscono. A un tratto il capitano le chiede: «Conosci Antonio? Lo chiamavano Mantu». La vecchia alza verso di lui due occhi appannati dalla cataratta. Appoggia i ferri in grembo. Indica un punto della collina. «Se n’è andato», dice – e il tono della sua voce spiega che non può tornare. «Conosci Angela, la moglie di Mantu?» Di nuovo lo stesso punto. Se n’è andata anche lei. Solo adesso capisce che la mano nodosa della vecchia gli sta indicando il cimitero. Ma neanche il cimitero esiste piú. I muri sono crollati, e al suo posto c’è un cratere – un’ulcera nella collina. La terra qui è rossa, sembra fertile. Non lo è. Non c’è acqua, in queste campagne. L’uomo che avesse saputo trovare l’acqua sottoterra sarebbe stato il signore di questo paese. «Conosci Ciappitto?», mormora, perché adesso teme le sue risposte. «Se lo presero gli americani», biascica la vecchia, «lo portarono a Napoli, in prigione». «In prigione?», domanda, sorpreso. Un vecchio zoppo di ottantasette anni? «Era fascista», spiega pazientemente la vecchia. «Se n’è andato pure lui. Per la vergogna che i paesani gli tirarono le pietre gli prese un colpo sulla strada di Napoli. Cosí dissero».
La polvere s’è diradata. La collina è una gobba di cenere grigia. Alle sue spalle, nella piana carbonizzata, il Garigliano è un luccicante nastro verde. Il mare è azzurro come è sempre stato. «Dov’è Dionisia?», chiede alla fine. Vita vuole che faccia questa domanda. E lui è qui per questo, dopotutto. La vecchia stavolta non dice niente. Riprende i ferri, strattona il gomitolo, intreccia le punte, annoda i fili, li separa. Annuisce. Indica il punto sul quale lui è seduto. La montagna di macerie. Allora il capitano capisce che non c’è ritorno. È seduto sul corpo della madre di sua madre.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittrice rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Melania Mazzucco.
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