Carve the Mark di Veronica Roth sarà pubblicato in Italia da Mondadori il 17 gennaio 2017. Il libro, della lunghezza di 503 pagine, sarà in vendita al costo di 15,90 euro (acquistabile online con il 15% di sconto fino al giorno dell’uscita). Le versioni mobi, epub e pdf di Carve the Mark saranno invece vendute al prezzo di 9,99 euro. Vediamo la trama del libro e un estratto dal romanzo, che costituisce il primo volume della saga I predestinati.
Carve the Mark, trama del libro di Veronica Roth
La trama di Carve the Mark vede protagonisti Cyra, sorella del tiranno Shotet Ryzek, e Akos, membro del popolo dei Thuve. La storia è ambientata in una galassia dove la violenza domina le vite di tutti, e dove ogni umano possiede un “donocorrente”, un potere unico e irripetibile. Il dono di Cyra è quello di trasmettere dolore attraverso il tocco, e viene sfruttato dal fratello per controllare il popolo e terrorizzare i nemici.
Akos viene catturato dal fratello da alcuni uomini di Shotet. Akos è ossessionato dall’idea di poter liberare il fratello a qualunque costo e venendo a contatto con Cyra, dovrà scegliere se cercare di distruggerla o collaborare con lei.
Per la trama ufficiale, altri dettagli sul libro e le opinioni dei lettori rimandiamo alla scheda completa di Carve the Mark su Amazon, dove è anche possibile consultare le recensioni dei lettori sul romanzo..
Carve the Mark di Veronica Roth: un’anteprima del testo
I fiori del silenzio sbocciavano sempre nella notte più lunga. L’intera città celebrava il giorno in cui l’involto di petali si schiudeva in un tripudio di rosso, in parte perché i fiori del silenzio erano la linfa vitale della nazione e in parte, pensava Akos, per impedire che tutti impazzissero per il freddo.
Quel giorno, il giorno del rito della Fioritura, Akos sudava dentro il suo cappotto mentre aspettava che il resto della famiglia si preparasse. Uscì in cortile per rinfrescarsi. La casa dei Kereseth era un cerchio di mura intorno a una stufa e aveva tutte le pareti curve, sia quelle esterne che quelle interne. Quasi sicuramente perché era di buon augurio.
Akos aprì la porta e il freddo pungente gli ferì gli occhi. Si affrettò ad abbassare gli occhiali protettivi e il calore della pelle appannò le lenti all’istante. Afferrò maldestramente l’attizzatoio con la mano guantata e lo infilò sotto la cappa della stufa. Le pietrecarbone sembravano solo grumi neri prima di accendersi per effetto dell’attrito, ma poi sprigionavano scintille di colori diversi, a seconda della polvere di cui erano cosparse.
Quando Akos le smosse, si illuminarono di un rosso vivo, come di sangue. Non erano là fuori per fare luce o riscaldare: erano lì solo per richiamare il pensiero sulla corrente. Come se non bastasse il mormorio nel corpo di Akos a ricordargliela. La corrente fluiva attraverso tutti gli esseri viventi e si mostrava nel cielo in tutti i diversi colori. Come le pietrecarbone. Come le luci dei flottanti che sfrecciavano sopra la sua testa diretti in città. I fuorimondo che pensavano che il loro pianeta fosse bianco di neve in realtà non ci avevano mai messo piede.
Il fratello maggiore di Akos, Eijeh, sporse fuori la testa. «Tanta voglia di congelare, eh? Su, la mamma è quasi pronta.»
Quando andavano al tempio sua madre ci metteva sempre un po’ più del solito a prepararsi. Dopotutto, era l’oracolo. Avrebbe avuto addosso gli sguardi di tutti.
Akos posò l’attizzatoio e rientrò, strappandosi via gli occhiali e calandosi fino alla gola la visiera di protezione.
Suo padre e sua sorella maggiore, Cisi, aspettavano accanto alla porta, infagottati nei loro cappotti più caldi, tutti col cappuccio e tutti di pelliccia di kutyah, un materiale che non assorbiva le tinte e che quindi aveva sempre un colore grigio biancastro.
«Tutti pronti allora, Akos? Bene.» La mamma si stava chiudendo il suo. Gli occhi le caddero sui vecchi stivali del marito. «Da qualche parte là fuori, le ceneri di tuo padre stanno rabbrividendo per quanto sono sporchi i tuoi stivali, Aoseh.»
«Lo so, è il motivo per cui mi sono tanto dato da fare per sporcarli» rispose l’uomo sorridendo.
«Bene» disse, o meglio cinguettò, lei. «A me piacciono così.»
«A te piace qualunque cosa non piacesse a mio padre.»
«Questo perché a lui non piaceva niente.»
«Possiamo salire sul flottante finché è ancora caldo?» disse Eijeh, con un tono lamentoso nella voce. «Ori ci aspetta al memoriale.»
Sua madre finì di allacciarsi il cappotto e indossò la visiera. Percorsero goffamente il vialetto di casa, intabarrati nelle loro pellicce, muffole e occhiali protettivi. Una nave bassa e rotonda li attendeva sospesa ad altezza ginocchio, appena sopra la neve ammonticchiata. Lo sportello si aprì al tocco della donna e tutti si accalcarono dentro. Cisi e Eijeh dovettero tirare su Akos per le braccia perché era troppo piccolo per salire da solo. Nessuno si preoccupò delle cinture di sicurezza.
«Se solo potessimo imbottigliare questa eccitazione e venderla a tutti i thuvhesiti. Molti li vedo solo una volta a stagione e anche allora solo perché li attendono cibo e bevande» disse la donna strascicando le parole, con un debole sorriso sul volto.
«Allora, ecco la soluzione» disse Eijeh. «Attirali con il cibo per tutta la stagione.»
«La saggezza dei bambini» rispose sua madre, premendo il pollice sul pulsante dell’avviamento.
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