Dopo la vittoria del Man Booker Prize con il romanzo Lo schiavista, viene ripubblicato in Italia un altro notevole libro di Paul Beatty: Slumberland. Il romanzo sarà ripresentato da Fazi e sarà acquistabile a partire dal 2 marzo 2017 al prezzo di 18,50 euro (per acquistare Slumberland in Pdf, ePub e Mobi basteranno, invece, 9,99 euro). Ecco la trama del romanzo e un estratto dal testo.
Slumberland di Paul Beatty: la trama
Berlino, 1989. dj Darky è nero, viene da Los Angeles e ha un sogno: trovare Charles Stone, mitico musicista dell’avanguardia jazz, e fargli suonare il suo perfetto beat. Il Muro cadrà a breve e una nuova città lo aspetta, sterminata e pullulante di vita: va scovato il suo cuore pulsante, ne va colto il battito e va fatto proprio. Un’arteria tra tutte gli balza agli occhi, indicando la meta: un locale in cui si fa musica, lo Slumberland bar, dove si fa assumere come jukebox sommelier. In quei pochi, fumosi metri quadrati di impiantito sporco e ritmo perfetto, si apre così una nuova stagione di ascolto: un’educazione acustica, politica e sessuale che via via annette territori inediti, nuovi gusti musicali. Nel frattempo dj Darky passa da un letto tedesco all’altro mentre affila le armi di un’ironia argomentativa che non ammette limiti: sulla negritudine in quegli anni in America e in Europa, sulle relazioni tra uomini neri e donne bianche, sulla musica jazz e techno, sulla condizione dei tedeschi dell’Est dopo l’unificazione e quella degli afroamericani dopo le battaglie per i diritti civili.
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Un estratto da Slumberland
Potresti pensare che ormai si siano abituati a me. Voglio dire, non lo sanno che dopo millequattrocento anni le menate sui neri sono finite? Che noi neri, un tempo perennemente alla moda, sempre aggiornati come l’ora di Greenwich, oggi siamo storia di ieri, come gli utensili dell’età della pietra, il velocipede e le cannucce di carta? Ormai è ufficiale: i negri sono esseri umani. Lo dicono tutti, perfino gli inglesi. Non ha importanza se ci credono davvero; siamo mediocri e banali come il resto della specie. Le anime tormentate dei nostri morti ora sono libere di esprimere ciò che sono in realtà, oltre quella patina da primitivi moderni. Josephine Baker può togliersi l’osso dal naso, e il suo scheletro dalle gambe storte può tornare alla propria dotazione originaria di duecentosei. Il fantasma tormentato di Langston Hughes può posare la stilografica Montblanc (un regalo) e spalancare la bocca. Non per recitare i suoi versi populisti in rima, ma per leccare e succhiare il portentoso membro di un delinquente di Harlem e mettere in pratica quella che dopotutto è la vera tradizione orale. I nostri rivoluzionari possono deporre le armi. La guerra è finita. Non ha importanza chi ha vinto, prendete i vostri revolver, le pistole da quattro soldi, le calibro nove, quelle che da sbronzi agitavate in faccia ai bambini gridando spacchiamo il culo ai bianchi, prendetele e chiudetele nella vetrinetta, immobili e passive sopra il feltro rosso a far compagnia allo schioppo, all’archibugio portoghese e al moschetto da Minuteman. Anche per il più coraggioso di noi il grido di battaglia non è più «Ci vediamo all’inferno», ma «Ci vediamo in tribunale». Perciò, se la Storia non ha smesso di tormentarvi, telefonate a un avvocato e chiedete un risarcimento per la schiavitù. Essere neri è passato di moda, e da parte mia non potrei esserne più felice, perché adesso sono libero di andare al solarium, se ne ho voglia, e ne ho voglia.
Porgo il tagliando alla tipa dell’accoglienza. All’ingresso è appesa una veduta aerea su carta lucida della costa caraibica. L’impiegata dà una scorsa al tagliando e lancia un’occhiata sospettosa prima al mio viso e poi al retro del cartoncino con la scritta «Centro abbronzatura Electric Beach. Compra dieci sedute, ne avrai una in omaggio». Sotto il messaggio promozionale, in due file da cinque, ci sono dieci cerchietti grandi come uno pfennig su ciascuno dei quali è stampigliato un sole ardente di inchiostro rosso con un sorriso dentato e occhiali scuri. Oggi è il giorno glorioso in cui riscuoterò la mia seduta gratuita. Ma per qualche ragione la donna, che pure ha timbrato personalmente almeno sette di quei dieci soli ridenti, è riluttante ad assegnarmi una cabina. Di solito mi timbra il cartoncino e sussurra a mezza bocca Malibu, Waikiki o Ibiza; dopodiché mi avvio verso il lettino.
Un’espressione perplessa di riconoscimento si fa strada sul suo viso. Uno sguardo che dice: Forse ti ho già visto. Non eri tu quello che mi ha violentata martedì scorso? Per caso sei l’insegnante di tip-tap di mio figlio?
«Acapulco».
Finalmente. Scrive il mio nome a matita sul registro degli appuntamenti. Indico la crema solare nella vetrinetta dietro di lei.
«Coppertone», dico.
Un tubetto di Tropical Blend scivola sul bancone come un siluro in miniatura. Fattore di protezione due. Non è abbastanza. Se il burro di cacao bianco come la glassa alla vaniglia della receptionist è un tre, la mia carnagione al naturale è almeno un sei. Rispondo al fuoco e le rispedisco la crema. «Zu schwach. Ich brauche etwas Stärkeres», le dico, chiedendo qualcosa di più forte.
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