
Edito da Omar Costenaro nel 15 July 2022 • Pagine: 223 •
★SCOPRI LE ORIGINI DEGLI EROI DI "THE INVISIBLE EYE"★
★LA VERA MISSIONE HA INIZIO, IL TERZO CAPITOLO DELLA SAGA È FINALMENTE ARRIVATO★
Max è pronto a raccogliere il destino che Beatrice e Magnus gli hanno lasciato in eredità, ma cosa hanno davvero in serbo per lui? Alysia è tornata a palazzo da coloro che l’hanno cresciuta, ma quali sono le sue vere origini? Lara ha abbandonato la sua terra natia, è pronta a tornarci? Iviv dovrà affrontare tutte le sue paure in nome dell’amicizia, sarà disposto a farlo?
Il presente è finalmente chiaro, ma troppe domande affliggono i protagonisti e li tengono ancorati al passato. E il futuro? Un’oscura minaccia sta arrivando e costringerà i nostri eroi a intraprendere un nuovo viaggio.
L’ultima missione ha inizio.
Syter sta per tornare.

La visuale di Max era occultata dai suoi stessi capelli, fradici.
Dolore.
Una guardia di Euphium gli strinse con forza il braccio, riportandolo alla cruda realtà: mani e gambe incatenate, si trascinava a fatica, seguito da Iviv e Lara, legati come lui. Nonostante i suoi compagni si trovassero a pochi metri di distanza, le loro urla di protesta sembravano un eco lontano.
Le vie della città assumevano un’altra prospettiva quando le si attraversava da prigioniero, Max sorrise a quel pensiero, ma poi una voce lo fece ridestare dallo stato arrendevole in cui era precipitato.
“Liberateli subito!” ordinò furiosa la principessa Alysia.
“Qui comanda re Adodak, tuo padre!” sbottò Kalgor, il Capitano delle guardie. “Dopo il fallimento di Ilad il sire è stato clemente con me, e con te, ragazzina. Altrimenti ora ti troveresti in catene assieme ai tuoi nuovi amici.”
La principessa guardò con tristezza Max. Appena cinque minuti prima le aveva chiesto di sposarlo e ora era incatenato per ordine del re. Aveva più volte immaginato quella scena, sperava che Adodak, vedendola ancora in vita, potesse rivelarsi ragionevole.
Kalgor alzò di nuovo la voce e si rivolse ai prigionieri.
“I patti sono stati rispettati, nessuno vi ha dato la caccia dopo Ilad. Ma ora siete a Euphium, qui il re ha potere assoluto e voi maghi… non siete i benvenuti!”
Nel frattempo, il popolo acclamava a gran voce il ritorno della principessa, alcuni inseguivano a perdifiato le truppe lungo la piazza che conduceva al castello. La ragazza sembrava non badare a nulla, aveva ben altri problemi. Non aveva dimenticato il motivo per cui i tre mercenari erano partiti da lì, si soffermò sui dipinti e le bandiere colorate rimosse dalle abitazioni, una terribile angoscia si impadronì di lei.
“Mia madre, come sta mia madre?”
Il Capitano la guardò perplesso.
“Non so come tu faccia a sapere delle tragiche condizioni della regina, ragazzina. Credo non supererà la notte.”
Alysia strinse i pugni, le unghie conficcate nei palmi.
“Voglio subito vederla e…”
“Zitta!” sbraitò Kalgor e le puntò contro la spada.
Per un attimo Alysia pensò di incenerirlo con un incantesimo, ma si trattenne. Nessuno in città era a conoscenza dei suoi poteri e per il momento le cose dovevano rimanere così.
L’unica speranza era portare il Capitano dalla sua parte e fargli capire la gravità della situazione.
“Ti prego, ascoltami, io posso salvare mia madre, ma devi condurmi al castello il più in fretta possibile.”
Gli occhi luminescenti di Iviv brillarono per un attimo da sotto il cappuccio.
“E già che ci sei, liberaci” brontolò.
Kalgor indicò le case che li circondavano.
“Zitto spettro! A voi ci penserà Adodak. Per quanto riguarda la regina, il dottore ha detto che per lei non ci sono più speranze. Come puoi vedere, la città è già in lutto.”
“Ma…”
“Silenzio!”
Quell’uomo era irremovibile. Alysia decise di ubbidire, opporsi ancora avrebbe soltanto ritardato il loro arrivo al castello. Non voleva avere sulla coscienza la morte di sua madre adottiva. Fece un sospiro per tranquillizzarsi e cercò con lo sguardo il suo amato, incontrando due occhi intensi che la fissavano.
“Perché vi siete fatti picchiare senza difendervi?” gli chiese con la forza della mente.
Pochi istanti dopo il loro atterraggio, ancor prima di poter mettere piede a terra, l’idrovolante era stato accerchiato dall’esercito del re. Sotto lo sguardo angosciato di Alysia, i tre mercenari erano stati incatenati e imprigionati. Quello che lei non riusciva ancora a capire era il perché si fossero lasciati catturare, se avessero voluto in pochi secondi si sarebbero sbarazzati delle guardie.
“Non potevamo metterti in pericolo. Uno scontro con i soldati ti avrebbe coinvolta e messo in una posizione pericolosa nei confronti di tuo p… del re” rispose Max. Non aveva dimenticato la sconvolgente rivelazione riguardo i sovrani: non erano i suoi veri genitori.
“Avevi già pianificato tutto?”
“Fin dalla partenza da Ilad. Devi salvare Eveline. Corri al castello.”
“Non ti abbandonerò qui!”
“Non pensare a me, devi essere…”
Kalgor lo spintonò, gettandolo sul terreno bagnato.
“Allontanatevi, voi due!” sbraitò il Capitano. Senza nemmeno accorgersene, Max e Alysia si erano avvicinati a pochi centimetri l’uno dall’altra.
Lara era furiosa, sottomettersi ai maltrattamenti di Kalgor era insopportabile. Però sapeva che l’ultima parola spettava al suo capo, non si sarebbe mossa fino a nuovo ordine di Max. Ancora una volta, per poter entrare nel castello erano stati costretti a farsi ammanettare.
“Ci entreremo mai da persone libere?” commentò Iviv con un velo di ironia nella voce.
Un soldato lo colpì con una ginocchiata allo stomaco, costringendolo a inginocchiarsi a due passi da Max, ancora steso a terra, dolorante.
“Muoviamoci, non abbiamo tutto il giorno” sospirò Kalgor, con aria annoiata.
Lara fulminò Max con lo sguardo.
“Un’altra parola e li uccido tutti.”
“Ti prego, cerca di mantenere la calma. Anche tu, Iviv” rispose telepaticamente il leader, non potevano permettersi altre perdite di tempo.
Alysia aiutò entrambi a rimettersi in piedi, osservata in modo truce dal Capitano. Ma non osò contrastarla, almeno su questo: era pur sempre la prediletta del re.
Intanto, alcuni soldati allontanarono i popolani dai prigionieri. La piazza si svuotò in fretta e il silenzio si impadronì di ogni cosa.
Il plotone finalmente si avviò verso la salita che conduceva a palazzo, resa ancor più sdrucciolevole dalla pioggia torrenziale. Presto quell’insopportabile trasferimento avrebbe avuto fine.
Max si inserì nella mente della principessa.
“Voglio sapere ogni cosa. Hai detto che Adodak ed Eveline non sono i tuoi veri genitori, no?”
C’erano ancora troppi dubbi da risolvere, troppe domande a cui dare risposta, troppi segreti rimasti nascosti. Per ora aveva solo una certezza: l’amore nei suoi confronti.
“Ti spiegherò tutto, ma prima parliamo con Adodak. Dobbiamo porre fine a questa folle caccia ai maghi.”
Alysia aveva ragione: quello sterminio di maghi e streghe iniziato ben quattordici anni prima doveva finire una volta per tutte.
I prigionieri continuavano ad avanzare, provati dalla fatica. Alle loro spalle il panorama uggioso di Euphium era sempre più lontano, anche se le numerose case formavano un labirinto di viuzze visibile anche da quell’altitudine.
“Forza, ormai ci siamo” sussurrò Max, più per far coraggio a se stesso che agli altri. Aveva le gambe a pezzi e i polmoni gridavano pietà.
“Mostra loro la pietra, solo così li convincerai a collaborare” sussurrò Iviv.
Forse aveva ragione. La principessa recuperò da sotto la giacca l’occhio invisibile, il prezioso cimelio brillava al punto da illuminare la tetra via che stavano percorrendo. La gemma nascosta tra i petali di rosa sarebbe davvero stata in grado di curare il male della regina Eveline?
Kalgor si avvicinò sospettoso a lei.
“Che cos’è?”
“Una cura che salverà mia madre” rivelò Alysia. Sentiva che solo la verità avrebbe facilitato le cose.
Nel giro di pochi secondi l’attenzione di tutti si rivolse alla pietra, alcuni ne erano attratti, altri sembravano spaventati. La natura di quell’oggetto era chiara: era stato forgiato dalla magia.
“Quella cosa che dovevi fare?” riprese Kalgor, ricordava bene il loro ultimo dialogo a Ilad.
“Sì, sono stata… diciamo rapita per questa pietra. La missione ne prevedeva il recupero, io sono l’unica in grado di farla funzionare. Per questo devi lasciarci andare dalla regina!”
Il ghigno beffardo del Capitano svanì all’istante e il suo sguardo si fece serio. La principessa sperava con tutto il cuore che almeno per una volta si rivelasse ragionevole. Pochi secondi avrebbero potuto cambiare ogni cosa.
Max gli puntò un dito contro.
“Non credo che il re ti lascerà in vita una seconda volta se dovesse scoprire che la cura era a pochi passi da te, ma non hai permesso ad Alysia di utilizzarla.”
Kalgor incrociò le braccia pensieroso, lo sguardo puntato sui prigionieri, poi sulla pietra.
“Liberateli!” ordinò di colpo.
I soldati lo fissarono sbalorditi.
“Ne è sicuro?”
“Liberateli” ripeté il Capitano. “Se qualcuno può salvare la regina è sicuramente sua figlia. Aiutateli a raggiungere il castello, in fretta!”
Il plotone si schierò a fianco dei prigionieri per liberarli, poi tre di loro li affiancarono e li aiutarono nella risalita.
Alysia sorrise nel vedere il portone d’ingresso a pochi metri da loro: ora tutto dipendeva da lei e dall’occhio invisibile.
Un profondo precipizio li separava dal palazzo, attraversato da una passerella dall’aria non troppo rassicurante che conduceva al castello. Due vigorose torce, incastonate tra le fauci di una coppia di draghi scolpiti nella roccia, illuminavano il cammino dei guerrieri. Ormai solo l’imponente portone in legno, intagliato e decorato in oro, li separava dalla regina.
Le sagome di un paio di soldati comparvero dalla facciata superiore, incuriositi nel vedere il Capitano seguito da prigionieri privi di catene.
“Aprite!”
La richiesta di Kalgor venne subito esaudita, i soldati a guardia dell’entrata girarono con forza una leva e, dopo un sonoro rintocco meccanico, il portone cominciò a schiudersi.
Era la seconda volta che Max attraversava il cortile del palazzo, e come allora si trovava in stato d’arresto.
Il rigoglioso giardino, curato in modo minuzioso da numerosi servitori, accolse i nuovi arrivati; della ghiaia bianchissima tracciava il loro percorso, conducendoli ai piedi di una bellissima fontana circolare attorniata da una decina di statue raffiguranti coraggiosi soldati: i loro sguardi sembravano contemplarne la limpida acqua.
Il leader vide ancora una volta l’angusta scalinata che il mese prima aveva condotto lui, Lara e Iviv nelle segrete del castello. Lì era iniziata la missione del Capo. Sembrava fosse passata una vita da quel giorno, tutto era cambiato: al suo fianco non c’era più una ragazza da rapire, ma la sua futura sposa.
Il gruppo, dopo aver superato un altro gruppo di soldati, entrò finalmente a palazzo.
Alysia si guardò intorno, aveva persino dimenticato la maestosità e la grandezza delle stanze del castello. Faceva uno strano effetto tornare a casa dopo un mese di assoluta libertà, combattimenti e avventure. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, in parte sentiva la mancanza di quelle mura amiche.
I passi dei guerrieri rimbombavano nell’aria, il portone dorato che conduceva alla sala reale era sempre più vicino. Kalgor spinse con forza la pesante porta e accompagnò i prigionieri e la principessa al cospetto di Adodak.
Il re era raggomitolato nella pelliccia del suo mantello, solo due occhi infossati e colmi di rabbia si scorgevano da sotto la corona, stringeva la spada al petto come se temesse che qualcuno potesse sottrargliela. Il suo aspetto era talmente sinistro da inquietare i guerrieri.
Kalgor si inginocchiò al suo cospetto.
“Mio signore.”
“Dimmi…” sibilò la voce di Adodak, come se provenisse dall’oltretomba.
“Sua figlia e i suoi rapitori” rispose il Capitano, soddisfatto: aveva adempiuto al proprio compito dopo l’iniziale fallimento.
Il silenzio si propagò nella stanza.
Iviv si avvicinò al leader, letteralmente terrorizzato da Adodak, come tutti. Nessuno sembrava avere il coraggio di aprire bocca. Quella situazione di stallo era inutile, non faceva altro che accrescere la tensione.
Il re scrutò a uno a uno i presenti.
“Lo vedo” affermò.
La principessa fece appena un passo in avanti.
“Padre, io…”
“Silenzio!”
Non la vedeva da più di un mese e non voleva nemmeno ascoltarla? Non si era nemmeno alzato, continuava a fissarla con occhi colmi di collera. Aveva immaginato una scena ben diversa, credeva che appena fosse giunta a palazzo lui si sarebbe precipitato su di lei, abbracciandola e riempiendola di domande. Invece sembrava quasi un vegetale. Il suo stato la preoccupava.
“Da quanto tempo è cosi?” sussurrò a Kalgor. Si era rintanato nel suo trono arrendendosi alla vita? Dove era sparito l’uomo forte che governava senza scrupoli il regno?
“Da quando la regina è peggiorata. Sono cinque giorni che non si muove da lì” le rispose, attento a non farsi sentire dal re.
All’improvviso il sovrano si alzò in piedi e lanciò in alto il proprio mantello, mostrando con fierezza la sua folta chioma bianca. Adodak si era ridestato dal lungo letargo sotto gli sguardi sbigottiti degli astanti.
I soldati accanto al trono lo osservavano sconcertati. Da giorni lo sostenevano e lo proteggevano, dandosi senza sosta il cambio.
“Signore, state meglio?”
Lo sguardo del re appariva inamovibile, la sua espressione severa non era cambiata.
Si rivolse alla figlia adottiva.
“Alysia.”
“Sì, maestà?”
“Raduna tutti, compresi quei due pagliacci: la ragazza di Roart e lo spettro.”
Iviv e Lara evitarono a fatica di ribattere e si limitarono a fare un lungo sospiro.
“E dopo?” domandò la principessa, titubante. Cosa aveva in mente il re?
Il sovrano indicò Max.
“Poi uscite! Voglio parlare da solo con lui.”
Un colloquio con il leader dei mercenari, ecco qual era il volere di Adodak.
Non era un problema, dopotutto era proprio quello a cui aspirava lo stesso Max, fin dal giorno in cui aveva scoperto i robot a Ilad.
Alysia obbedì, pur non capendo il motivo di tale richiesta, in quell’istante i suoi pensieri erano rivolti alla regina, voleva solo raggiungerla in fretta.
Uno sguardo d’intesa con Kalgor e si precipitarono verso l’uscita, sapevano entrambi dove dovevano andare, rivelare al re l’esistenza della pietra sarebbe stata soltanto un’ulteriore perdita di tempo.
Mentre si allontanava dal trono assieme a Iviv e Lara, attorniata da soldati e sudditi, scambiò uno sguardo intenso con Max. Non aveva alcun timore riguardo le sue sorti, sapeva che se la sarebbe cavata con la sua parlantina e, soprattutto, con la sua fortuna. Tuttavia, era consapevole che Max aveva un’importante richiesta da porre al sovrano: il loro futuro insieme dipendeva da quelle parole.
Al chiudersi del portone dorato, un sonoro boato rimbombò nella stanza.
Il re e il leader erano soli.
Max incrociò le braccia, sapeva che avrebbe dovuto sostenere una lunga chiacchierata con il monarca, i suoi dubbi meritavano una degna spiegazione.
“Dobbiamo parlare” iniziò, sicuro di sé, ma la risposta di Adodak lo mise con le spalle al muro.
“Lo so. So tutto. Parleremo, Maximilian Key.”

Come è nata l’idea di questo libro?
Trattandosi di una saga, le idee sono venuto da sé, sostenute dal desiderio di proseguire la storia di Gemini, iniziata nel 2019, il primo libro della raccolta.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Nel caso di questo libro, ho perso molto tempo a dedicarmi alla sua revisione, in quanto volevo che fosse perfetto. Penso di averlo riletto almeno 10 volte ;)
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per quanto riguarda il mondo fantasy, i miei maestri sono i grandi classici con cui sono cresciuto, quindi Harry Potter, Il signore degli Anelli, Le cronache di Narnia… Il mio scrittore preferito invece allo stato attuale è Joel Dicker.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Al momento vivo a Marostica, una piccola città in provincia di Vicenza, in Veneto. Ma non si sa mai, un giorno mi piacerebbe spostarmi all’estero.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente concludere questa saga, l’idea è di fare 5 libri. Poi riuscire a pubblicare un romanzo inedito di fantascienza che ho sul pc pronto da mesi.