Edito da N.d.P. nel 22-05-2020 • Pagine: 139 • Compra su Amazon
Jeff cammina ogni notte, come un angelo caduto, lungo le vie di una Milwaukee post apocalittica, stravolta dal suo delirio nichilista.
Jeff è un uomo che ha fallito: da ormai un anno la sua vita procede come una ballata no wave, un loop decadente corroso dalla depressione e dal vizio che lo scaglierà in un'abulica odissea noir attraverso quella cancrena metafisica che sembra averne a poco a poco inghiottito l'esistenza e, con essa, l'intera città.
Jeff è un poeta randagio, un cronista malato che traccia con liquidi biliari la sua personale mitologia, costellata di romantici accattoni e bagasce dantesche, adoratori d’immondizia e sinistri “talent scout”, mentre arranca inesorabile verso la notte in cui tutto crollerà.
“Galleggiavo nel buio come un bastardo in un ventre di puttana. La notte mi cullava da quasi un anno nel suo terribile utero, guidandomi implacabile attraverso lo sfacelo dell’acciaieria dismessa in Lincoln Avenue fino al confine occidentale della metropoli, sbarrato dalla sagoma nera del deposito di legna dei fratelli Brodzinski; lì uno stremato cartello segnava il limite tra la città e le mie oscure elucubrazioni.
Con rinnovato entusiasmo presi un sasso chiaro e scrissi, sull’asfalto ai margini della zona industriale, queste cinque parole:
ADDIO FOTTUTA CITTÀ DI MERDA
Fantasticavo su cosa mi attendesse oltre l’Abisso, dubitando del reale eclissarsi di tutti i suoi scialbi buonismi, fasulli quanto i sosia di Elvis in giacca a frange; dei noiosi convenevoli, banali come Santa Claus mendicanti in Paltry Square, esclusi ormai dagli sfarzi natalizi dei loro ex uffici di Downtown; delle mute convenzioni, vacue quanto le pubblicità progresso affisse nei parchi periferici, a ridosso di flosci locali di disco music anni Ottanta. E le immagini scorrevano sempre più liquide, fino a visioni utopiche di centri commerciali sgombri da marmocchi petulanti e di ambulatori disinfestati dalla presenza di bisbetici ottuagenari; talk-show con linciaggi e sevizie corporali a preti e politici; matrimoni puniti con la pena capitale e società in cui la riproduzione fosse bandita nella giusta convinzione che una razza veramente evoluta dovesse anelare all’estinzione.
Tutto questo e altro ancora vedevo sfilare davanti ai miei occhi smarriti, cercando disperatamente di dare un nome all’orrore che speravo di buttarmi alle spalle. Ma più pensavo a quel nome e più mi rendevo conto che quest’ordine, il dispotico ordine che immaginavo oltre al confine della città, racchiudeva in sé un orrore ancora più grande, perché recondito, e ancor più malsano, perché intimo. Forse stavo impazzendo.”
Come è nata l’idea di questo libro?
In realtà l’idea di partenza era piuttosto elementare: volevo parlare di un perdente. Il mio scopo era descrivere lo stereotipo dell’inetto totale, talmente incapace da non riuscire nemmeno a incarnare il cliché del vero perdente, finendo per diventare solo un’autocompiacente caricatura di sé stesso. Parallelamente a questa idea si è poi sviluppata quella che definirei la struttura portante della storia, ovvero l’estensione di questo concetto all’intera architettura del racconto: molti dei classici generi letterari, infatti, vengono qui presi e svuotati del loro contenuti, silenziosamente “violentati”, per rendere ancora meglio la sensazione di impotenza dei vari personaggi.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
“Cenerentole al litio” è stata una lavorazione travagliata: un viaggio lungo 7 anni. Come tutte le prime volte – immagino – sono le indecisioni e i tentennamenti a far da padroni. Inoltre la storia di Jeff, Zena e degli altri personaggi del libro ha necessitato di parecchio tempo per macerare, dato che si basa su una narrazione volutamente ellittica e minimale. Diciamo che la fatica maggiore è stata lavorare di sottrazione per aderire il più possibile al nichilismo rozzo dell’io narrante.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Amo alla follia il “realismo magico” degli argentini. Quindi Borges e Cortázar sono stati dei punti di riferimento per quanto riguarda l’atmosfera onirica e il senso di mistero intrinseco nella percezione stessa della realtà.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo in un piccolo centro della bassa parmense, un paese nebbioso disperso nella campagna emiliana. Non ho mai viaggiato molto, forse perché sono un abitudinario. Di sicuro non sono mai stato a Milwaukee.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per ora sono alla stesura di un secondo romanzo; qualcosa di completamente diverso. Ma in testa ho già tantissime altre storie.
Lascia un commento