Edito da Capponi Editore nel 2020 • Pagine: 120 • Compra su Amazon
Tre donne, un autobus, un tragitto che dura qualche manciata di minuti e intreccia definitivamente le vicende personali di Lara, maestra dalla vita irrisolta, Fiore, che per mestiere scrive lettere su commissione, e Martina, adolescente brillante e complessa, innamorata del suo migliore amico. Nel corso del romanzo, le loro storie si compiono: la teenager scopre che il sentimento è ricambiato; Fiore, troppo dedita alle emozioni altrui per poter accogliere le proprie, si lascia andare ad una passione travolgente; Lara ritrova il suo fidanzato del liceo. Le figure maschili diventano gli anelli della catena che le lega. Il passato dell’una diventa presente per le altre e la compensazione karmica restituisce a ciascuna ciò che le esperienze vissute hanno sottratto. Il Posto giusto è il luogo –non luogo di una narrazione comune, dove il passato non è archiviato e il futuro è aperto. In sintesi, è la storia di tutti.
Ancora una volta, mio malgrado, sono in panchina. Sono diventata involontariamente voyeur di un incontro di cui questo momento, immagino, sia solo l’ultimo atto. Prima, c’è stato qualcos’altro, ne sono sicura. Pur da spettatrice, sono comunque in una pellicola che prevede anche la mia presenza. Lara mi presenta.
«Lei è…»
A quel punto si rende conto di non sapere come mi chiamo. Intervengo io. Per una volta, non sono impreparata.
«Fiore. Ci siamo conosciute sull’autobus e oggi fuggiamo insieme dalle nostre rispettive cucine.»
«Lara è una che ha tante virtù, ma con le pentole non ci sa proprio fare. Parola di marito, di ex marito.»
La mia ospite riprende le redini della conversazione e esclama con ostentata rassegnazione:
«Se avessi imparato a cucinare, forse non mi avrebbe lasciata per Michelle, ormai anche lei ex. La vedi? È quella fotomodella che puoi scorgere oltre il vetro del piano cottura a vista. Non solo è perfetta fisicamente, è anche sagace, spiritosa e delicata. Una figa pazzesca e pazzescamente figa.»
Non c’è ostilità nella sua voce, è sincera. Probabilmente la separazione non è stata indolore, ma non trovo nessuna traccia di amarezza o livore. Il loro è un rapporto che si è rigenerato, si è evoluto. L’uomo si presenta e tende la mano:
«Sono Paolo, piacere.»
È curata, affusolata e avvolgente, senza essere indiscreta. Accompagna quella stretta puntandomi gli occhi sul viso. Perforanti, al contrario delle sue maniere. Un turbamento mi scuote e credo che anche Lara se ne accorga. Lui è già via, lei mi sussurra maliziosa e complice all’orecchio: «È l’effetto che fa a tutte.» Non provo neanche a schernirmi. Le mie orecchie ormai vermiglie parlano per me. Lara mi conduce ad un tavolino tranquillo, in un angolo. Dalla decisione con cui sceglie il posto, capisco che è il suo posto. Paolo ritorna e le porta una bottiglia di Moio.
«Facciamo conoscere a tua preda il vino che preferisci.»
I calici sono tre. Lo versa prima a me, poi a Lara, poi, ne mesce per sé. È lento, attento, concentrato. Quasi dimentico la domanda affiorata.
«Io preda di Lara?» Mi incuriosisce la definizione.
«Lara respira per sedurre. Ogni incontro è territorio di conquista. Il più delle volte ne è consapevole. Però, capita anche che si venga avvinghiati dalla sua rete proprio mentre si mostra completamente disinteressata. Esercita un potere, fisico e mentale, che non lascia mai indifferenti. Questo è il motivo per cui tu oggi sei qui.»
Io mi sento proprio così. Preda, non solo di lei, ma anche di lui, e di quello strano gioco che sembra rodato eppure perennemente nuovo. Fisso Lara. Ostenta noncuranza, ma è chiaro che è compiaciuta. Restringo il mio campo visivo su Paolo che, con il calice in mano, fa un breve cenno per invitarmi a bere. Accosto le labbra al cristallo e sento che i loro sguardi si incrociano sul rosso rubino del mio vino, un Gaurano. Il mio, il suo vino preferito. Penso che alle coincidenze non si possa sfuggire, sono indizi del destino. Il vino. Lo assaporo piano, mi piace, ancora di più. Ci sento il bosco, le bacche, le spezie. Ci sento l’odore di questo momento. Michelle si avvicina al tavolo. Non posso fare a mento di notare quanto sia incantevole. Profuma di mare e sale. Ha gli occhi verdi e brillanti, il viso disteso, le espressioni intelligenti e partecipi. Ci presentiamo. Siamo in una sorta di zona di confort, dove Lara ha deciso di farmi entrare. C’è confidenza, una tale confidenza tra tutti, che sarebbe inopportuno essere formale. Mi sento autorizzata ad essere me. Le due donne si baciano sulle labbra, probabilmente lo fanno sempre, e si sorridono. C’è un’intimità che non è attrazione, ma condivisione. Sono a mio agio. Inaspettatamente, mi sento parte di uno dei miei romanzi abortiti. Chissà che Lara non sia una risposta. Ma anche io avevo una domanda? Forse.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea esiste da sempre. Eppure una sorta di epifania mi ha spinto a scrivere in modo più costante e “organico”. Sono stata disciplinata e concentrata fino a quando non ho concluso l’ultimo capitolo. Anche scrivere è un atto di volontà.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non userei l’aggettivo difficile. Preferisco “complesso”, inteso come legato, intrecciato. Le storie delle protagoniste procedono in modo da potersi sviluppare l’una nell’altra.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Amo molto Haruki Murakami, Tahar Ben Lelloun, Milan Kundera, Jeorge Amado, Erri De Luca, Diego De Sila, Valeria Parrella e tanti tanti altri. Sono vecchi amici, a volte li trascuro per scoprirne di nuovi e, devo dire, spesso non rimango delusa. Durante il lockdown ho scoperto scrittrici e scrittori meravigliosi.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Vico Equense, in Penisola sorrentina.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a scrivere. La pubblicazione è solo un modo per dare un fine alla felicità (al piacere, o al valore terapeutico) che la scrittura comporta.
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