
Edito da Ivano Petrucci (Youcanprint) nel 2022 • Pagine: 246 • Compra su Amazon
Larént Sindrinssòn, un islandese dall'oscuro passato e figlio di un ex agente segreto, si ritrova a fare i conti con i suoi antichi demoni dopo sei anni di ritiro presso un remoto centro abitato nell'estremo oriente nella Russia, in cui l'anziano contadino Andreev Brackvič viene inaspettatamente trovato assassinato nel terreno della sua fattoria. Sulla scena del crimine, vengono palesati misteriosi messaggi che rivelano l'inconfutabile ritorno dell'ORP, un'organizzazione sovversiva intenta a prendere le redini di un potere delle cui origini Larént è stato diretto testimone, una potente frequenza energetica chiamata Penombra, la quale venne scaturita nell'inconscio di suo padre, Sindri Dalvinssòn, divulgandosi e nutrendosi dei lati più oscuri dell'anima. Essa, agendo come una potente frequenza difficile da decifrare, domina sugli arbitri del mondo sfruttando le emozioni negative degli esseri umani. La battaglia tra l'islandese e il suo vecchio nemico, Robert Belinskij, leader dell'ORP, comporterà profonde rivelazioni tenute sospese tra il passato, il presente e il futuro.

Una volta vestito, si coprì con il suo cappotto di lana verde, si arrotolò la sciarpa al collo e uscì dall’appartamento, lasciando le chiavi sotto il tappetino d’entrata, come tutti solitamente facevano; anche se Lárent aveva la strana abitudine di lasciare un angolo del tappetino risvoltato per poter facilmente ricordare dove aveva nascosto le chiavi, diceva lui, poiché ultimamente la memoria gli faceva brutti scherzi. Molti credevano che Lárent lo facesse solo per attirare l’attenzione, data la sua perenne solitudine e il suo carattere profondamente contraddittorio, per non parlare del suo oscuro passato. Nulla a che vedere con la memoria scarsa, difficile da credere per la sua età ancora fiorente, e confermava invece quanto i più si tenessero bene alla larga dal suo appartamento. Pochi desideravano avere a che fare con un islandese uscito dal bosco come un fantasma, immischiato chissà in quali misteriose vicende; nessuno aveva voluto indagare, né sapere, cosa mai gli fosse accaduto. Solo Kira, la sua salvatrice, e alcuni contadini del luogo, lo avevano relativamente conosciuto.
Quindi, scese le scale di cemento, oltrepassò il corridoio buio dell’obsoleto edificio e, infreddolito, si ritrovò per strada.
Le vie di quell’ambiente quasi irreale sembravano tinte di grigio, e l’aria emanava un ansimo plumbeo soffocato dalla malinconia. Quel suggestivo villaggio di cinquanta abitanti era perennemente coperto di una leggera brina cinerea. La particolarità di quel luogo era che tutto sembrava sbiadito, con colori tenui e freddi. Era un vecchio insediamento urbano sovietico che, dopo la guerra, si era quasi completamente spopolato, un solitario seppur singolare paese abitato da qualche vecchio campagnolo, donne in pensione e giovani costretti a restarvi contro il loro volere.
Lì nell’Oblast di Magadan, nell’estremo e freddo oriente della Russia, tra Susumanskij e Jagodniskij Rajon, esistevano altri insediamenti urbani come quello, abbandonati dai tempi dell’Unione Sovietica; ma quella città fantasma, quel cumulo di abitazioni desolate, stava riprendendosi dal totale abbandono grazie a un consigliere politico mandato dal governo come amministratore, Avgust Tretyakov. Le poche abitazioni non erano
state mai ristrutturate, molte cose erano rimaste a decadere per moltissimi anni, e solo le strade di collegamento erano state asfaltate di recente, grazie all’appoggio della vicina città di Bolsěvik. L’insediamento era chiamato Beličan, ma gli abitanti stessi, ora raddoppiati rispetto a qualche anno fa, preferivano chiamarla Nuova Beličan. Di nuovo c’era poco o niente, ma per quelle anime era più che sufficiente, d’altronde alcuni erano molto vecchi, avanzi di una generazione afflitta dai ricordi agonizzanti della guerra, mentre le mamme sensibili erano poco abituate agli spiacevoli incontri con gli occasionali balordi e ladri vagabondi che spesso passavano di lì. Altri ancora si erano appena stabiliti, erano siberiani abbastanza colti da non meritare di vivere in quel luogo, eppure ciò che avevano, o meglio potevano permettersi, se lo tenevano stretto, dedicandogli tutta l’attenzione necessaria, almeno chi di loro era semplice d’animo. Poi, infine, rimanevano i poliziotti.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea che poi si è tramutata nella trama de “La Teoria della Penombra”, è iniziata tra la lettura di un romanzo e lo scribacchiare sui libretti di carta cotonata durante i (a volte) lunghi viaggi a scuola, nell’adolescenza. Avevo sfornato trecento pagine di completo nulla, sapete quella continua leggerezza di scrivere… Comunque sia, inizialmente voleva essere un giallo tra la neve del nord, in cui poter riversare un recondito richiamo sui misteri della Russia e le bellezze dell’Islanda, assieme a una introspettiva riflessione sulle capacità dell’uomo e sulle sue debolezze. Negli anni, poi, la storia è stata ripulita e rielaborata con una maggiore consapevolezza, sia espressiva che tecnica: l’esperienza e, soprattutto, la pratica nella scrittura, con tutti i dovuti giudizi costruttivi, hanno saputo spalleggiarmi.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Laddove ho sempre mangiato libri in poche ore, di contro sono sempre stato lento a scrivere. Lo ammetto: oggi riuscire ad aver concluso una parte di questa novella letteraria è per me significativo, poiché la difficoltà è stata non solo rimettere in ordine un testo inizialmente ridondante, ma anche studiare approfonditamente cultura e nome nordici, come quelli islandesi, se non anche la geografia e la storia di tutti quei remoti altopiani della Russia siberiana di cui alcuni centri abitati dell’epoca Sovietica sono tutt’ora conosciuti.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Umberto Eco e Dan Brown hanno di certo influenzato la mia vena narrativa riguardo le trame “intricate” e suggestive, seppure il mondo tolkeniano ha invero aperto le porte a mondi paralleli, fantastici scenari di lotta tra bene e male in cui poter ritrovare se stessi.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho da sempre vissuto in provincia di Roma, attualmente mi trovo a Manziana, dove insegno arte e gestisco laboratori di tecniche pittoriche.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per quanto riguarda futuri progetti di penna, oltre a concludere la seconda parte de “La teoria della Penombra”, sto tornando a scrivere poesie e racconti per nuovi concorsi letterari.
Lascia un commento