
Edito da Errekappa Edizioni nel 2020 Compra su Amazon
Sotto una luna gonfia di luce, il vecchio cimitero di Highgate è tutto in subbuglio: Timothy Walton, primogenito di Edgar Walton, sta per essere ricoverato al Vampire Great Hospital, l’ospedale per vampiri più prestigioso di tutta l’Inghilterra.
Il povero vampiretto, che oltre all’anemia possiede anche un carattere a dir poco pauroso, è completamente in disaccordo con la scelta dei genitori e dei medici di mandarlo tutto solo in ospedale. Ma i bambini (anche quelli vampiri) lo sanno bene: quando i grandi si mettono in testa qualcosa, ai più piccoli non rimane che obbedire. E così, quella notte stessa, Timothy viene caricato su una bara-barella e trasferito senza troppi indugi all’ultimo piano della clinica, quello dedicato alla pediatria vampiresca.
In questo luogo all’apparenza freddo e austero, il timoroso vampiretto fa amicizia con altri piccoli pazienti dai canini appuntiti: Karl, appassionato di racconti polizieschi; Sam, dipendente dalle sue caramelle al sangue; George ed Esteban, due spilungoni ridanciani e lentigginosi; Sophia, una vampiretta decisamente carina, ma anche dalle battute decisamente taglienti.
Ben presto, attraverso le scorribande segrete di questo gruppetto di amici che gioca a fare i detective, Timothy diventa testimone di un vero, grande mistero: chi arcidracula si nasconde nella stanza numero 20 del reparto?
In un susseguirsi di colpi di scena, brividini di paura e gag divertenti, i vampiretti incontreranno scienziati geniali e gufi-maggiordomo permalosi, entreranno in possesso di oggetti straordinari, come la bussola lunare e la clessidra mangia-ore, voleranno fino in un castello diroccato della Transilvania per vivere un'avventura indimenticabile, all'insegna del coraggio, dell'amicizia e della solidarietà.

Quando le parole iniziarono a deformarsi e sdoppiarsi davanti ai suoi occhi, si arrese all’evidenza: era troppo stanco per continuare a leggere.
“Grande Dracula, stanotte mi sento proprio uno straccio!”sospirò il piccolo ammalato, chiudendo il libro e facendolo sparire dietro il cuscino della bara. Poi, con un sospiro pieno di rammarico, si afflosciò tra le pieghe della sua coperta di lana.
Timothy era già scivolato in un lungo sonno senza sogni quando in lontananza il grande campanile del Big Ben iniziò a battere i dodici maestosi rintocchi che annunciavano la mezzanotte, mentre una luna bassa e argentea illuminava i tetti di Londra. Sotto la sua luce spettrale, colonie di gatti randagi passeggiavano tra comignoli, grondaie e tegole traballanti.
La nostra storia, miei cari lettori, comincia proprio da qui, da una limpida fredda notte di luna piena. Eppure, non lasciatevi trarre in inganno: non raffiguratevi una di quelle notti calme e placide, in cui il silenzio è spezzato soltanto da brevi sussurri ovattati. Tutt’altro! La nostra storia inizia con un gran baccano. Che poi la questione del baccano sarebbe ancora niente. La vera stramberia sta nel fatto che tutto quel trambusto proveniva da un luogo in cui non vi sareste mai immaginati di sentire anima viva: il vecchio cimitero di Highgate. E in effetti, tra quelle lapidi corrose dal tempo, di anime vive non c’era mai nemmeno l’ombra. Al contrario, era tutto un brulicare di vampiri non appena il sole andava a scomparire dietro l’orizzonte.
Come molti di voi già sapranno, i vampiri sono creature strane, tecnicamente non più vive, ma nemmeno del tutto morte. Parlano, discutono, litigano, proprio come gli esseri umani, eppure non hanno un cuore che batte, né possono stare alla luce del giorno, altrimenti scompaiono. Per di più, si nutrono di sangue e volano come pipistrelli, il che non è molto popolare tra la gente normale.
Ma ecco che sto divagando. Dov’ero rimasta? Ah sì, vi stavo raccontando dell’incredibile scompiglio di quella notte. Ebbene, sotto una luna gonfia di luce, gli abitanti di Highgate erano tutti in subbuglio. Timothy Walton, primogenito di Edgar Walton, stava per essere ricoverato al Vampire Great Hospital, l’ospedale per vampiri più famoso di tutta l’Inghilterra.
“Anemia!” aveva sentenziato il dottor Foster due settimane prima, dopo aver visitato il piccolo paziente. E le sue parole erano state accompagnate da un’espressione accigliata, mentre la sua grossa testa calva faceva segno di no in un modo tutt’altro che rassicurante. D’altronde, come medico del cimitero sapeva quanto fosse difficile per un vampiro guarire dall’anemia.
Il pessimismo del dottore trovò piena conferma le settimane successive, quando fu chiaro che nessuna delle sue cure, né i ricostituenti a base di sangue, né i bagni al chiaro di luna, stavano facendo il benché minimo effetto. Anzi! Il povero vampiretto stava diventando sempre più debole, tanto che ormai non riusciva quasi più ad alzarsi dalla sua bara.
La signora Walton era a dir poco esasperata.
“Cosa possiamo fare?” si tormentava dal tramonto all’alba, gettando sguardi preoccupati verso la bara del figlio.
Fu il signor Walton, alla fine, a trovare la soluzione.
“Cara, perché non facciamo venire qui per un consulto il dottor Hoffmann, professore emerito della Scuola di Medicina Vampiresca di Berlino? Ho sentito dire che è uno dei più grandi esperti nel campo delle malattie del sangue.”
“Che idea grandiosa!” esclamò subito la moglie. E dopo aver rivolto al marito uno sguardo riconoscente, si affrettò a spedire un telegramma indirizzato a Berlino.
Mandato a chiamare, il famoso e grasso scienziato giunse in volo dal nord della Germania con tutto il suo equipaggiamento: un cappello a cilindro, un panciotto di seta nera con bottoni in madreperla e una borsa di pelle consunta, piena fino all’inverosimile di strumenti dalle forme più disparate. Forbicine ricurve, pinze attorcigliate, termometri rotondi, ovali e quadrati, bisturi a cavatappi, dentiere di ogni dimensione, canini in porcellana, occhi di vetro, imbuti a spirale e flaconi colmi di liquidi dall’aspetto terribile. In mezzo a tante bizzarrie c’era persino un orologio a cucù: a quale uso medico fosse destinato un simile oggetto, ahimè, non ci è dato saperlo.
Per fortuna, nel caso di Timothy non fu necessario utilizzare nessuno di questi mirabolanti strumenti. Al professore bastò guardare in faccia il malato per emettere la sua illustre sentenza.
“Signori” disse con tono pomposo e dall’accento spiccatamente tedesco, “dofete fare ricoferare fostro figlio in ospedale il prima possibile! E badate bene, non mi riferisco a un ospedale qualsiasi. Mi riferisco al Fampire Great Hospital, il policlinico più prestigioso di tutta la nazione.”
Fu così che il dottor Hoffmann, con la sua illustre sentenza e il suo accento tedesco, portò lo scompiglio nel più antico cimitero di Londra.

Come è nata l’idea di questo libro?
Da bambina ero una grande divoratrice di libri e molti di essi erano popolati di creature magiche e misteriose: vampiretti, fantasmini, streghette, elfi, gnomi, fate. Un universo fantastico che m’incantava e mi emozionava. Anche se da adulta leggo molti romanzi “realistici”, una parte di me è rimasta affezionata a quel mondo immaginifico, così ricco di fantasia e di fascino. Per questo, quando ho deciso di scrivere un libro per bambini e ragazzi, ho voluto che fosse un omaggio alle mie letture d’infanzia, perché penso che siano state proprio quelle letture a rendermi un’amante dei libri per il resto della vita. La scelta di ambientare il romanzo in un ospedale invece deriva dalla mia storia personale, in quanto prima di essere autrice e illustratrice sono un medico e una psicoterapeuta. Per me è stato appassionante creare un luogo di pura fantasia, come il Vampire Great Hospital, all’interno del quale accostare elementi tipicamente fantasy a elementi del tutto realistici, come i camici bianchi e gli strumenti del dottore. Il mio desiderio è che questo libro possa divertire i giovani lettori e trasmettere messaggi importanti, come il fatto che possiamo affrontare le nostre paure e il fatto che non abbiamo bisogno di essere perfetti per essere degni d’amore.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Scrivere e illustrare “Timothy Walton e l’Ospedale dei Vampiri” si è rivelato un atto molto spontaneo. Man mano che le dita scorrevano sulla tastiera del computer, nella mia mente comparivano anche i volti dei personaggi, perciò mi è venuto naturale disegnarli e inserire tali illustrazioni all’interno della storia. Soprattutto durante la stagione autunnale e invernale, per me è stato un piacere ritagliarmi del tempo per scrivere, meglio ancora se con la mia gatta sulle ginocchia e con una tazza di cioccolata fumante sulla scrivania!
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Io sono una lettrice molto eclettica. Amo tutti i generi letterari: drammatico, thriller, storico, fantasy…. Mi piacciono sia gli autori classici che gli autori contemporanei. La letteratura americana e quella inglese occupano un posto speciale nel mio cuore, però cerco di spaziare molto, anche perché credo che la lettura sia la migliore “palestra” per un autore. Se trama, personaggi e stile di scrittura mi coinvolgono, devo assolutamente finire il libro in pochi giorni, non resisto ad aspettare!
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo da sempre in un piccolo paese in provincia di Milano. Amo viaggiare, ma sono anche profondamente legata alle mie radici. La vicinanza a Milano mi permette di respirare un’aria frizzante dal punto di vista artistico e culturale, la campagna che ancora sopravvive attorno al mio paese mi permette invece di assaporare la bellezza della natura e della semplicità: una passeggiata nel verde, una biciclettata lungo il naviglio, la nebbiolina sui campi, i girasoli al tramonto, un pettirosso che zampetta tra i rami del mio giardino.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Timothy Walton e l’Ospedale dei Vampiri” è il primo di una serie di libri aventi come protagonista proprio il piccolo Timothy. Pertanto, il progetto letterario più imminente sarà la stesura del secondo volume di questa nuova serie fantasy per bambini e ragazzi. Inoltre, mi piacerebbe molto scrivere un romanzo per adulti.
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